Tempeste di sabbia in Medio Oriente

In quest’articolo si parla delle allarmanti tempeste di sabbia che si sono susseguite per giorni nel Medio Oriente, principalmente in Siria, ma anche in Libano, Israele e Giordania.

La straordinarietà di quest’evento è sottolineata da Danny Rabinowitz, uno dei maggiori esperti israeliani di relazioni tra clima e eventi politico-sociali; non si tratta infatti solo della provenienza (le tempeste di sabbia di solito si formano nelle aree desertiche del Sahara e in Egitto), della durata e della strana collocazione stagionale del fenomeno (di solito eventi simili si verificano in inverno e primavera), ma anche delle cause di tutto ciò. Pare che queste tempeste siano da ricondurre ad uno spopolamento delle campagne da parte dei contadini siriani in fuga dalla guerra, in quanto i campi coltivati in quelle zone sono l’unico freno naturale per le tempeste di sabbia.

Gli effetti di queste ultime sulla popolazione non hanno tardato a manifestarsi: 80 persone ricoverate in Libano con problemi respiratori e allerte diramate in Israele, Giordania e persino Cipro per coloro che soffrono di malattie cardiache o respiratorie.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

I nuovi profughi del clima

Il cambiamento del clima sta diventando una delle cause di migrazione dei popoli da luoghi in cui siccità, alluvioni e carestie fanno e faranno sempre di più muovere le persone quasi quanto guerre e povertà: questo è l’allarme lanciato dall’ecologista Jeffrey Sachs dal meeting internazionale su “Giustizia ambientale e cambiamenti climatici” a Roma. L’ecologista dell’Earth Institute della Columbia University, impegnato sin dagli anni ’90 a contribuire alla consapevolezza sui cambiamenti climatici, stima che circa 250 milioni di persone emigreranno nei prossimi anni a causa di condizioni meteorologiche estreme. Gli impegni presi negli anni ’90, sottolinea Sachs, tra cui il protocollo di Kyoto, sono stati disattesi e rifiutati da paesi come gli Stati Uniti e la Cina, da soli responsabili di milioni di tonnellate di emissioni di CO in più rispetto alla soglia prevista. Senza una regolamentazione e un taglio netto di queste emissioni, esse cresceranno fino al 8 % in più entro il 2030 (stima L’Agenzia internazionale per l’Ambiente), con effetti drammatici specialmente per i paesi più svantaggiati, dai quali sempre più persone emigreranno.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”