Incendi in California

 

 

Nella contea di San Bernardino, a un centinaio di km da Los Angeles, è stato proclamato dal governatore Jerry Brown lo stato di emergenza a causa di un vasto incendio che si propaga a tutta velocità da Blue cut (a est di Los Angeles), costringendo 82.600 persone all’evacuazione delle proprie abitazioni (e sono 34,000 case minacciate). Dopo cinque anni di caldo e siccità record, sono stati già inceneriti 3600 ettari e la popolazione è sotto minaccia diretta. Anche più a nord, oltre San Francisco, 1600 ettari sono andati in fiamme in un’area già gravemente danneggiata da incendi lo scorso anno.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

 

Alluvioni in Louisiana

In Louisiana il bilancio delle alluvioni è di 11 morti, 40.000 sfollati, 8000 persone nelle tende e 20 circoscrizioni per le quali è stato dichiarato lo stato di calamità naturale. Il National Weather Service ha lanciato l’allarme dopo giorni di piogge incessanti e senza precedenti a memoria d’uomo; inoltre si sono verificati vergognosi episodi di sciacallaggio nelle zone evacuate per cui sono state già arrestate 10 persone.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Gli sfollati delle Ande

La drammatica situazione della regione andina a causa del cambiamento climatico è rappresentata dalla popolazione di queste terre, abituata al lavoro agricolo e d’allevamento, costretta a lasciare le proprie case per cercare fortuna nelle città. Nayra, coltivatrice di quinoa e patate e allevatrice di lama, vede stravolgere il suo mondo quando la siccità e la carestia le portano via le speranze e la costringono, a mezz’età, a trasferirsi a La Paz e vendere snack e bibite con un rabberciato carretto. Sono storie di drammatica attualità in Bolivia, dove le periferie delle grandi città raccolgono un popolo di fantasmi che vivono in baracche, coloro che erano i contadini delle Ande. I pescatori sono un’altra categoria colpita duramente dal cambiamento climatico in Bolivia; per loro i laghi sono tutto, ma da quando la siccità prolungata ha provocato l’ecatombe di fauna presso gli specchi d’acqua che continuano a prosciugarsi, hanno dovuto migrare in massa, destinazione miniere di carbone o fabbriche di sale. Nei paesaggi andini, dall’aspetto lunare, sembra che la vita stessa sia un miracolo, infatti l’altipiano è una terra brulla, desertica, con cime vulcaniche. Un paesaggio molto diverso dall’ovest del paese, dove la natura lussureggiante è ancora scrigno di biodiversità. La pioggia ormai nella zona andina non si vede per lunghi periodi e la fauna e la flora periscono a ritmi sconcertanti, e nella Cordigliera Real che domina La Paz non si può più osservare il ghiacciaio Chacaltaya, poiché si è sciolto nel giro di un decennio. La siccità permanente ha inoltre ridotto il lago Poopò, secondo bacino idrico della Bolivia, in una striminzita pozza d’acqua, tutto a causa dell’inquinamento minerario e delle devastazioni di El Niño.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

Le Filippine e i grandi inquinatori

Le autorità di Manila si sono affidate alla Commissione per i diritti umani delle Filippine per portare avanti una battaglia coraggiosa contro 47 delle più grandi multinazionali del mondo di petrolio, carbone, cemento e risorse minerarie, in quanto queste ultime, afferma il governo, hanno danneggiato gravemente i diritti fondamentali dei cittadini (diritti all’acqua, cibo, sanità, a un’abitazione adeguata e all’autodeterminazione) a causa delle emissioni di CO₂ . Le multinazionali a questo punto avranno 45 giorni di tempo per rispondere ai danni causati ai cittadini e una volta scaduto il termine scatterà il processo. Grandi nomi come Shell, BP, Chevron, BHP Billiton e Anglo American sono solo alcuni dei nomi delle multinazionali coinvolte nel contenzioso con uno degli stati più a rischio a causa del cambiamento climatico che sta portando tifoni sempre più frequenti e devastanti. L’obiettivo è ottenere l’eliminazione e la prevenzione delle violazioni dei diritti umani perché, come sottolinea Zelda Soriano di Greenpeace, ciò creerebbe un precedente morale e legale contro i grandi inquinatori.

A cura di M.B.

DA “RINNOVABILI”

Disastro ambientale in Canada

Il Canada negli ultimi tempi è stato vittima di disastri terribili per l’ambiente, i quali hanno colpito l’unica fonte di acqua potabile per decine di migliaia di cittadini, ovvero il fiume Saskatchewan, nel Canada occidentale. Dal 1990 ad oggi sono stati sversati 18,000 barili di petrolio nel fiume, facendo apparire irrisoria la cifra esorbitante di 1600 barili sversati la settimana scorsa. L’azienda responsabile di questo disastro immane è la Husky, che in 10 anni ha causato in totale la perdita di 8000 idrocarburi. Le fuoriuscite purtroppo sono comuni, in quanto vi sono centinaia di pipeline sul territorio, che negli anni hanno causato decine di migliaia di fuoriuscite. La ricercatrice Emily Eaton, dell’Università di Regina ed esperta di economia del petrolio, ha raccolto la disperazione degli agricoltori che combattono da molti anni per ottenere un piano di pulizia e tamponamento degli effetti delle fuoriuscite. Il governo, come sottolinea la studiosa, è corresponsabile di queste catastrofi in quanto ha favorito le compagnie petrolifere lasciando che esse calpestassero i diritti degli abitanti e avvelenando un ecosistema, con l’aiuto delle amministrazioni locali, le quali si affidano solo ad autocertificazioni delle aziende per ogni aspetto delle loro attività.

A cura di M.B.

DA SITO “RINNOVABILI”