Gli sfollati delle Ande

La drammatica situazione della regione andina a causa del cambiamento climatico è rappresentata dalla popolazione di queste terre, abituata al lavoro agricolo e d’allevamento, costretta a lasciare le proprie case per cercare fortuna nelle città. Nayra, coltivatrice di quinoa e patate e allevatrice di lama, vede stravolgere il suo mondo quando la siccità e la carestia le portano via le speranze e la costringono, a mezz’età, a trasferirsi a La Paz e vendere snack e bibite con un rabberciato carretto. Sono storie di drammatica attualità in Bolivia, dove le periferie delle grandi città raccolgono un popolo di fantasmi che vivono in baracche, coloro che erano i contadini delle Ande. I pescatori sono un’altra categoria colpita duramente dal cambiamento climatico in Bolivia; per loro i laghi sono tutto, ma da quando la siccità prolungata ha provocato l’ecatombe di fauna presso gli specchi d’acqua che continuano a prosciugarsi, hanno dovuto migrare in massa, destinazione miniere di carbone o fabbriche di sale. Nei paesaggi andini, dall’aspetto lunare, sembra che la vita stessa sia un miracolo, infatti l’altipiano è una terra brulla, desertica, con cime vulcaniche. Un paesaggio molto diverso dall’ovest del paese, dove la natura lussureggiante è ancora scrigno di biodiversità. La pioggia ormai nella zona andina non si vede per lunghi periodi e la fauna e la flora periscono a ritmi sconcertanti, e nella Cordigliera Real che domina La Paz non si può più osservare il ghiacciaio Chacaltaya, poiché si è sciolto nel giro di un decennio. La siccità permanente ha inoltre ridotto il lago Poopò, secondo bacino idrico della Bolivia, in una striminzita pozza d’acqua, tutto a causa dell’inquinamento minerario e delle devastazioni di El Niño.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

Le Filippine e i grandi inquinatori

Le autorità di Manila si sono affidate alla Commissione per i diritti umani delle Filippine per portare avanti una battaglia coraggiosa contro 47 delle più grandi multinazionali del mondo di petrolio, carbone, cemento e risorse minerarie, in quanto queste ultime, afferma il governo, hanno danneggiato gravemente i diritti fondamentali dei cittadini (diritti all’acqua, cibo, sanità, a un’abitazione adeguata e all’autodeterminazione) a causa delle emissioni di CO₂ . Le multinazionali a questo punto avranno 45 giorni di tempo per rispondere ai danni causati ai cittadini e una volta scaduto il termine scatterà il processo. Grandi nomi come Shell, BP, Chevron, BHP Billiton e Anglo American sono solo alcuni dei nomi delle multinazionali coinvolte nel contenzioso con uno degli stati più a rischio a causa del cambiamento climatico che sta portando tifoni sempre più frequenti e devastanti. L’obiettivo è ottenere l’eliminazione e la prevenzione delle violazioni dei diritti umani perché, come sottolinea Zelda Soriano di Greenpeace, ciò creerebbe un precedente morale e legale contro i grandi inquinatori.

A cura di M.B.

DA “RINNOVABILI”

Disastro ambientale in Canada

Il Canada negli ultimi tempi è stato vittima di disastri terribili per l’ambiente, i quali hanno colpito l’unica fonte di acqua potabile per decine di migliaia di cittadini, ovvero il fiume Saskatchewan, nel Canada occidentale. Dal 1990 ad oggi sono stati sversati 18,000 barili di petrolio nel fiume, facendo apparire irrisoria la cifra esorbitante di 1600 barili sversati la settimana scorsa. L’azienda responsabile di questo disastro immane è la Husky, che in 10 anni ha causato in totale la perdita di 8000 idrocarburi. Le fuoriuscite purtroppo sono comuni, in quanto vi sono centinaia di pipeline sul territorio, che negli anni hanno causato decine di migliaia di fuoriuscite. La ricercatrice Emily Eaton, dell’Università di Regina ed esperta di economia del petrolio, ha raccolto la disperazione degli agricoltori che combattono da molti anni per ottenere un piano di pulizia e tamponamento degli effetti delle fuoriuscite. Il governo, come sottolinea la studiosa, è corresponsabile di queste catastrofi in quanto ha favorito le compagnie petrolifere lasciando che esse calpestassero i diritti degli abitanti e avvelenando un ecosistema, con l’aiuto delle amministrazioni locali, le quali si affidano solo ad autocertificazioni delle aziende per ogni aspetto delle loro attività.

A cura di M.B.

DA SITO “RINNOVABILI”

Il Kuwait come la Valle della Morte

Il 21 luglio 2016 è stata segnalata presso una stazione di rilevazione meteo in Kuwait la temperatura record di 54 gradi centigradi. Quest’ondata di calore ha persino superato quelle avvenute in Pakistan ed India, dove in Rajastan in maggio sono stati raggiunti 51 gradi, che tante morti causano ogni anno e la cosa impressionante è che questa temperatura si avvicina al record assoluto detenuto dalla Valle della Morte in California, in cui sono stati registrati 56,7 gradi. Successivamente altrove nel Medio Oriente, a Bassora in Iraq, sono stati segnalati ben 53,9 gradi e temperature altissime hanno ultimamente interessato il nord Africa. Il 2016 con ogni probabilità batterà il record del 2015, infatti a causa del riscaldamento globale i mesi passati hanno battuto singolarmente i record dei mesi più caldi in 40 anni con ad esempio un giugno più caldo di 0,9 gradi rispetto alla media delle temperature del ‘900.

A cura di M.B.

DA SITO “RINNOVABILI”

La terra non si governa con l’economia

La comunità scientifica internazionale nel corso degli ultimi vent’anni ha compiuto grandi passi attraverso ricerche nazionali ed internazionali sul tema della sostenibilità ambientale, producendo numerosi e rigorosi articoli e studi che ci fanno capire come l’essere umano debba sviluppare (e in fretta) una consapevolezza in materia dei limiti fisici e delle risorse del nostro pianeta, prima di renderlo un luogo ostile per la nostra sopravvivenza. Dal 2008, anno della crisi economica, si sono delineati sempre di più i problemi che affliggeranno l’umanità: l’esaurimento di risorse petrolifere e minerarie, il riscaldamento globale, la perdita di biodiversità, l’inquinamento e l’accumulo di rifiuti tossici, la crisi idrica e la distruzione di suolo fertile (solo per citarne alcuni). Il dominio culturale delle vecchie idee della crescita economica materiale inarrestabile ed infinita, è duro a morire, tanto che anche di fronte a problemi così pressanti, la risposta dei governi è sempre la stessa: accrescere consumi e competitività. Oggi ci ritroviamo davanti ad una minaccia alla nostra sopravvivenza, tuttavia ancora i potenti della terra si ostinano a negare e minimizzare i problemi inerenti alla realtà fisica del mondo, che non può essere sfruttato e depauperato all’infinito senza subirne le conseguenze devastanti. Bisogna avere il coraggio di rompere la cortina d’indifferenza e guardare negli occhi la grande sfida ambientale e aprire un confronto rigoroso e documentato con tutte le discipline che riguardano i fattori fondamentali che consentono la vita sulla terra-i flussi di energia e di materia-e non soltanto i flussi di denaro.

A cura di M.B.

DA “NIMBUS”