Oltre un terzo dell’acqua viene sprecato in Italia

In Italia un bene prezioso come l’acqua viene perso fino a un terzo nei meandri dei suoi acquisti e in particolare nel 2015 uno studio dell’Ispra che comprende l’analisi di 116 capoluoghi di provincia ha accertato che lo spreco medio dell’acqua immessa in rete è del 35,4 % mentre in alcuni luoghi raggiunge addirittura il 76 %.

Al centro-sud sono registrate le situazioni peggiori, come a Frosinone e Cosenza, mentre le perdite minori si registrano a Macerata, Mantova e Udine. Nella nostra capitale, per fare un esempio pratico, si perdono 196 litri d’acqua a persona al giorno, mentre a Milano poco più di 55 litri. I consumi invece vanno in direzione esattamente contraria, con Milano e dintorni con consumi fino a 230 litri al giorno per abitante e Vibo Valentia con 98. La diminuzione dei consumi passa per una maggiore consapevolezza dell’utilizzo dell’acqua, a un migliore funzionamento degli elettrodomestici e l’uso del riduttore di flusso nei rubinetti, mentre le situazioni di spreco portano ad un aumento del prelievo d’acqua alla fonte con conseguente impoverimento di quest’ultima e disservizi cronici che causano spesso anche problemi sanitari per l’infiltrazione di detriti e liquami nelle condutture non funzionanti. Un altro problema delle acque sia superficiali che sotterranee sono i pesticidi e le miscele di sostanze presenti nella composizione: su 54 centri abitati analizzati, 26 sono quelli in cui sono presenti sostanze in concentrazione superiore al livello consentito e si tratta spesso di città medio-grandi della Lombardia e della Toscana. Le sostanze incriminate ricorrenti sono l’insetticida imidacloprid e il glifosato.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

L’Accordo di Parigi: occupazione e crescita

Il G20 di Baden Baden ha deluso per ciò che riguarda l’ambiente: non è stato inserito nulla, nel documento finale, a proposito degli accordi di Parigi riguardo al contenimento dell’aumento della temperatura entro i 2 gradi, con grande frustrazione di paesi come la Germania. Quest’ultima si trova già in difficoltà con l’amministrazione Trump, che rifiuta per motivi di convenienza economica ed ideologica l’idea del mutamento climatico. Tuttavia, in soccorso della causa a favore del clima, arriva uno studio dell’Agenzia Internazionale per l’Energia in collaborazione con Irena, l’agenzia internazionale per le rinnovabili, il quale sostiene che, dal lato economico, un impegno collettivo per arginare il riscaldamento globale, potrebbe far crescere l’economia mondiale di 19 trilioni di dollari, una crescita dello 0,8 % entro il 2050 e 6 milioni di nuovi posti di lavoro creati grazie ad ingenti investimenti sulle tecnologie a basse emissioni.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

I rischi del cambiamento climatico in Italia (WWF)

Il WWF, in un rapporto importante sui rischi che corrono i vari paesi del mondo a causa del cambiamento climatico, prospetta scenari molto negativi per l’area del Mediterraneo, compresa l’Italia. Tra i problemi più pressanti di cui sono già visibili gli effetti, ci sono alluvioni e siccità, perdita della biodiversità, scarsità dei raccolti e salute umana messa a repentaglio dall’inquinamento. Le ondate di calore nell’area mediterranea (oltre che in quella medio orientale), se si dovesse superare la soglia di 1,5 gradi stabilita dall’Accordo di Parigi, sarebbero più frequenti e si potrebbero anche raggiungere i 50 gradi per più giorni di seguito, arrivando, alla fine del secolo, a raggiungere i 200 giorni all’anno di canicola. Tutto ciò si traduce in esiti drammatici per le fasce più vulnerabili della popolazione, i malati e gli anziani, tra i quali aumenterebbero i decessi per patologie respiratorie e cardiovascolari (al di sopra dei 75 anni la mortalità incrementerebbe del 20-30% secondo i dati ISPRA). Inoltre, col calore, l’azione combinata di inquinamento,pollini e allergeni naturali, finirebbe per esacerbare malattie come l’asma e fare sì che molte persone in più ne siano colpite (sono già 300 milioni al mondo coloro che ne soffrono) e aumenterebbe l’incidenza della malaria, malattia finora confinata ai paesi tropicali. I disastri legati al clima sono triplicati nel mondo dal 1960, e malnutrizione e carestie che già provocano milioni di morti nelle aree più povere del pianeta, sono destinate ad aumentare e di conseguenza le migrazioni diventeranno un fenomeno ancora più esteso. Perdite economiche e perdite di vite dovute all’esposizione a rischi ambientali vanno di pari passo, anche in Europa; infatti dal 1980 al 2013 i danni causati da eventi estremi hanno pesato per l’equivalente di 393 miliardi di euro, con Germania e Italia in testa. Dunque per evitare insorgenze di nuove malattie e vittime, bisogna promuovere politiche per l’ambiente finalizzate a preservare la salute umana, messa in grave pericolo da più fattori del mutamento climatico e bisogna far sentire la propria voce perché si facciano seguire alle parole i fatti, attraverso iniziative come Earth Hour organizzata dal WWF per il 25 Marzo.

A cura di M.B.

DA “L’ESPRESSO” DI REPUBBLICA

Non basta una nevicata

Luca Mercalli, presidente della Società  Meteorologica Italiana, analizza le reazioni alle nevicate e il freddo verificatesi nelle regioni adriatiche dell’Appennino nel gennaio scorso. Il meteorologo mette in guardia dalle analisi estreme che sono state fatte a proposito di questi fenomeni: non bisogna farsi tentare da un futile dibattito tra sostenitori di glaciazioni e sostenitori di tropicalizzazioni perché, se da un lato gli uni tentano di negare il riscaldamento globale, gli altri vorrebbero far credere che si sia trattato di un fenomeno eccezionale. In realtà nessuna di queste affermazioni è veritiera dal momento che un singolo episodio di neve e gelo su una limitata regione non può negare il riscaldamento globale e allo stesso tempo il gennaio 2017 non è stato molto più rigido di tanti altri. Il dato di fatto è che ormai l’atmosfera terrestre si sta riscaldando e gli inverni che abbiamo vissuto negli ultimi tempi sono stati più tiepidi del solito e per questo ci ha colpito l’arrivo del gelo e della neve, fenomeni che una volta erano la normalità. Ma più di tutto, sottolinea Mercalli, ciò che ci colpisce sono le tragedie umane come quella dell’hotel Rigopiano, che sono dovute, più che al gelo e alla neve, ad un cattivo uso del territorio. Dunque è importante focalizzare l’attenzione sul riscaldamento globale a lungo termine e alla buona gestione del territorio e alla pianificazione, senza perdersi in dibattiti inutili.

A cura di M.B.

DA MENSILE COOP ALLEANZA 3.0 EDIZIONE VENETO

 

La red list italiana della biodiversità

Le specie a rischio estinzione in Italia sono comprese tra il 21 e il 25 %, un livello più alto della media globale che è del 19 %. Il report 2015 sullo “Stato della biodiversità in Italia” firmato dal comitato italiano  di IUCN, indica le specie a rischio di estinzione nel nostro paese, basandosi su un campione pari al 3,8 % del totale delle specie. La valutazione è articolata su 3 livelli: vulnerabile, in pericolo e in pericolo critico, sebbene purtroppo siano già stati registrati casi di estinzione.

A cura di M.B.

MENSILE COOP ALLEANZA 3.0 EDIZIONE VENETO