Canada e Siberia in disgelo

Nell’occasione della Giornata della Terra si pone l’accento sul pericolo dato dallo scioglimento del permafrost, un tipo di suolo perennemente ghiacciato (da 10,000 anni, quando vi è stata l’ultima Era Glaciale) che occupa 19 milioni di km², ovvero circa il 24 % dell’emisfero nord del pianeta, e costituisce uno strato profondo 1500 km circa. Il permafrost, avendo intrappolato resti organici al suo interno, sciogliendosi rilascia uno dei gas serra più temibili, ovvero il metano (25 volte più potente dell’anidride carbonica per il riscaldamento globale). Un team di studiosi inglesi, svedesi e norvegesi ha pubblicato uno studio su Nature Climate Change che sostiene che l’effetto del riscaldamento globale sul permafrost è del 20 % superiore alle stime precedenti e, ammesso che si riesca a rispettare gli accordi di Parigi, un’area di permafrost equivalente al subcontinente indiano si scioglierà comunque. In caso contrario (con aumento di 2 gradi) si arriverebbe fino al 40 % di permafrost terrestre sciolto completamente. Nel Canada settentrionale, nelle Alpi e in Siberia il permafrost si sta sciogliendo a grande velocità, creando in quest’ultimo paese una voragine profonda 100 metri detta “cratere di Batagaika” che si allarga di 20 metri l’anno. In Canada detriti e fango prima intrappolati nel permafrost stanno causando frane riversandosi in fiumi e laghi, e in Siberia vi sono aree dove il terreno crea “bolle”, rialzandosi, a causa della pressione del metano. Infine la catena alimentare animale rischia di essere disturbata con conseguenze imprevedibili e dal permafrost potrebbero emergere persino batteri causa di malattie sconosciute o finora debellate (un bambino di 12 anni è morto a causa dell’antrace presente in una carcassa di renna in Siberia).

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

La politica di Trump e i mutamenti climatici

Facciamo parlare gli esperti più impegnati sull’effetto serra, come fa Federico Rampini che intervista lo scienziato italiano Marco Tedesco, consulente della Nato e docente alla Columbia University di New York nello Earth Insitute (uno dei più importanti poli mondiali di scienze ambientali). Citiamo due delle domande e risposte, che ci sembrano molto significative, nell’occasione della giornata mondiale della Terra:

D-Quanto danno può fare l’Amministrazione Trump all’ambiente in cui viviamo ?

R- Tanto, troppo. Anche l’aggiunta di una quantità relativamente limitata di CO2 rispetto agli scenari precedenti, può scatenare  reazioni del clima i cui effetti si sentiranno molto a lungo. I processi di cambiamento climatico oltre una certa soglia raggiungono il punto di non ritorno, diventano incontrollabili. E lui sta accumulando decisioni dannose: dal via libera agli oleodotti, alla deregulation che elimina restrizioni sulle emissioni di centrali elettriche o automobili. Tutto questo aumenterà il fattore stress sul pianeta. Va ricordato che con Barack Obama eravamo sulla buona strada, sì, ma non sulla strada ottimale. Vedo anche un altro attacco alla scienza: il tentativo di creare delle task-force cosiddette indipendenti, per mettere sotto controllo la comunità dei ricercatori. E’ un progetto che vuole spostare i finanziamenti verso think tank legate alle lobby del petrolio. Un’altra minaccia: la fuga in avanti verso la geo-ingegneria, il tentativo di manipolare il clima, con progetti controversi come il lancio di solfati che raffreddino l’atmosfera. Esperimenti piene d’incognite, di pericoli, di conseguenze inattese.

D- Le sue ricerche sul campo la portano a vivere per mesi alle latitudini più estreme, le zone ghiacciate del pianeta dove spesso gli effetti del cambiamento climatico sono allo stato più esacerbato: Che conclusioni ne trae ?

R- E’ un susseguirsi di campanelli di allarme, dall’Arco alla Groenlandia continuano ad esserci record battuti. Il permafrost, lo scioglimento delle nevi, i ghiacciai marini, le correnti nei fiordi, e tutto un sistema che ci sta dicendo quanto è avanzato l’impatto del cambiamento climatico.

A cura di D.C.

DA “LA REPUBBLICA”