L’invasione aliena del Mediterraneo

Nel Mediterraneo è in atto una vera e propria invasione di specie aliene provenienti da aree tropicali e subtropicali dell’Oceano Pacifico e Indiano a causa del riscaldamento globale; il fenomeno, da tempo monitorato dall’Ispra, ha subito un’accelerazione netta negli ultimi dieci anni e le specie alloctone nei nostri mari si stanno diffondendo sempre di più. Ecco dunque spuntare in Sicilia il velenosissimo pesce scorpione, il pesce palla maculato e l’alga tossica ostreopsis ovata (solo per fare alcuni esempi di specie particolarmente dannose), tra le 750 specie alloctone avvistate in tutto nei nostri mari, che hanno viaggiato fin qui dallo Stretto di Gibilterra oppure dal Mar Rosso. Esse si mettono spesso in diretta competizione con le specie di pesci e crostacei locali, che vengono sterminati oppure costretti a spostarsi a latitudini più fredde.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Pacifico: 38 milioni di pezzi di plastica

La paradisiaca Henderson Island, patrimonio dell’Unesco dal 1988 e situata a sud del Pacifico tra Fiji, Isola di Pasqua e Galapagos, sta per essere sommersa del tutto dai rifiuti di plastica; abbiamo permesso che la nostra immondizia coprisse per il 99,8 % questa meraviglia precedentemente incontaminata. Gli scienziati dell’Università della Tasmania e della Royal Society inglese, sbarcati sull’isola hanno constatato lo scempio causato da ben 18 tonnellate di plastica a contaminare l’isola, un disastro di anni di incuria. L’isola dell’arcipelago Pitcairn sembrava il luogo più improbabile dove trovare immondizia, tuttavia per una questione di correnti 3750 nuovi pezzi di plastica al giorno approdano sull’isola, un ritmo spaventoso e di gran lunga superiore ad altri luoghi del pianeta. Inoltre il 68 % dei rifiuti è radicato in profondità sull’isola e ogni metro quadrato presenta circa 20 pezzi in superficie e dai 50 ai 4500 a 10 cm di profondità. Gli animali di quest’isola convivono con i nostri rifiuti tossici, e dire che vi sono specie endemiche protette, sia per ciò che riguarda la flora che per la fauna. Dobbiamo tutti considerarci responsabili di questa vergogna ed intervenire al più presto per ripulire l’isola e fare in modo che i nostri rifiuti non vengano mai più buttati ad inquinare i mari.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

Acque contaminate: il Veneto indaga

Il Consiglio Regionale del Veneto ha raccolto il grido di allarme di cittadini e Greenpeace, istituendo una Commissione d’Inchiesta per le acque inquinate da PFAS in Veneto. L’allarme riguarda secondo Greenpeace circa 800.000 abitanti delle provincie di Verona, Vicenza, Padova e Rovigo. Le sostanze perfluoroalchiliche sono utilizzate in numerosi prodotti industriali ed hanno un’elevata persistenza nell’ambiente, motivo per il quale possono essere ingerite dall’uomo in forma di acqua proveniente dai rubinetti oppure in alimenti. Analisi condotte sulle acque potabili di scuole e fontane pubbliche in Veneto hanno dato risultati, nelle quattro provincie interessate (ma non solo), molto superiori al livello consentito di PFAS in Svezia e Stati Uniti ad esempio. In Veneto, secondo Greenpeace, non sono ancora state prese contromisure adeguate per affrontare la situazione e mettere in sicurezza ambiente e cittadini, in quanto la regione in quattro anni dalla scoperta della presenza elevata di PFAS, non ha ancora eradicato il problema intervenendo alla fonte della contaminazione, ovvero gli sversamenti delle industrie delle sostanze bioaccumulabili.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Il bacillo che viene dal freddo

Se pensiamo al permafrost siberiano come una sorta di frigorifero, il contenuto sono i batteri vivi che vi si trovano dai tempi delle glaciazioni e che potrebbero essere rilasciati a causa dell’aumento delle temperature e del conseguente scioglimento dei ghiacci. Il biologo dell’evoluzione Jean Michel Claverie dell’Università di Aix-Marseille, mette in guardia sul possibile ritorno in circolazione di batteri del vaiolo, antrace e persino della peste, oltre ad un gran numero di batteri di malattie a noi sconosciute del tutto. L’antrace, per esempio, considerato debellato all’inizio del secolo scorso, è tornato alla ribalta nelle cronache con un fatto inquietante del 2016: lo scioglimento di uno strato di ghiaccio in Siberia ha riportato alla luce carcasse di renne contenenti il batterio vivo che ha infettato dapprima un migliaio di renne e poi ucciso un ragazzo adolescente e la nonna di quest’ultimo. La diffusione è stata causata da un’ondata di calore che ha favorito la contaminazione prima del suolo, poi degli animali, per arrivare infine a colpire l’uomo. Batteri scomparsi da tempo e congelati vivi nel grande frigorifero che è il permafrost in Siberia ed Alaska, potrebbero ripresentarsi con effetti letali per l’essere umano, che si troverebbe impreparato ad affrontarli per mancanza di anticorpi, mancanza di cure e vaccini se si tratta di malattie sconosciute alla storia della medicina e qualora il vaccino vi fosse, potrebbe essere stato distrutto. Quest’ultimo caso riguarda il vaiolo, unica malattia ad essere stata dichiarata eradicata a fine anni ’70 e le cui scorte di vaccini sono state distrutte nel 1999.

DA “BUSINESS INSIDER”

A cura di M.B.

Le organizzazioni cattoliche in prima fila per disinvestimento su petrolio e carbone

Dai Gesuiti all’arcidiocesi di Pescara, ben 27 associazioni cattoliche italiane hanno deciso di promuovere la campagna globale per non utilizzare più i combustibili fossili e per accelerare la transizione a fonti sostenibili. La “Global Disinvestment Mobilisation” che conta più di 700 investitori istituzionali e una massa finanziaria di 5 miliardi di dollari, è l’iniziativa che le associazioni cattoliche hanno supportato sin dall’inizio. Certamente il motore di quest’impegno è stata la rivoluzionaria enciclica “Laudato si” di Papa Francesco, in cui si chiede alla chiesa e all’umanità intera di prendersi cura della “casa comune”, il nostro pianeta, sempre più inquinato dai combustibili fossili e interessato da un cambiamento climatico che già non lascia scampo ai più poveri. Le associazioni cattoliche si sono schierate per appoggiare la transizione energetica, che va accelerata quanto possibile, per scongiurare gli effetti di un riscaldamento globale fuori controllo (gli accordi di Parigi si stanno rivelando quanto mai insufficienti). Un ulteriore dato importante sull’impegno della chiesa cattolica sul tema, è che al G7 dell’Ambiente che si terrà a giugno a Bologna, sarà la stessa Conferenza episcopale italiana a promuovere un incontro.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.