In cinque secoli i grandi carnivori hanno perso fino al 90% del territorio di caccia

In 500 anni l’uomo, con l’agricoltura e i suoi insediamenti urbani, ha sottratto il territorio di caccia a grandi carnivori come tigri, leoni e lupi, tanto da minacciarne seriamente la sopravvivenza. Due ricercatori dell’università dell’Oregon hanno pubblicato una ricerca sulla Royal Society Open Science in cui si confronta l’areale dei grandi carnivori (di più di 15 kg) nel 1500 con l’areale odierno studiato dall’IUCN. Questo studio, incentrato sull’habitat, ha messo in luce come i grandi carnivori ormai abitino solo un terzo del territorio che occupavano secoli fa; la tigre ha addirittura perso il 95 % del suo territorio di caccia. In questo senso risultano più penalizzate le specie che abitano il sud-est asiatico (densamente popolato), mentre la zona artica e della tundra, essendo prevalentemente sgombra di insediamenti, è ancora un luogo di caccia ideale per le specie locali. Le specie prese in considerazione sono 25, di cui 15 (ovvero il 60%) hanno perso più di metà delle loro zone di caccia tradizionali. Nonostante il quadro scoraggiante, in alcune zone anche densamente abitate permane la presenza di queste specie: in India resistono i leopardi e le iene, mentre in Europa e Nord America le politiche di reintroduzione hanno fatto la differenza per i lupi, ad esempio. L’essere umano dovrà abituarsi di nuovo a condividere il territorio con gli animali, senza più distruggerlo mettendo a repentaglio la loro esistenza, bensì trovando nuove modalità di convivenza e implementando la presenza di aree protette e parchi.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Ripartono le trivelle dell’Eni nell’Artico

l presidente americano Donald Trump aveva promesso che le trivellazioni petrolifere nell’Artico sarebbero ricominciate, ed infatti il Bureau of Ocean Energy Management (Boem) ha dato il via libera all’Eni per la trivellazione di quattro pozzi in Alaska, nel mare di Beaufort, a scopo di esplorazione. Le trivelle lavoreranno da dicembre al 2019, solamente in inverno, formalmente per non disturbare la fauna locale. L’anno scorso, prima di lasciare la Casa Bianca, Obama aveva vietato l’estrazione di idrocarburi ma non all’Eni, che ha un pozzo attivo dal 2011. Trump, appena arrivato alla Casa Bianca, si è premurato di far ripartire le trivellazioni, fino all’accettazione della richiesta di Eni di trivellare nel mare di Beaufort, nonostante le denunce degli ambientalisti. Dal punto di vista ambientale è infatti estremamente rischioso trivellare nell’Artico, in quanto perdite di greggio e incidenti possono essere difficili da affrontare nella notte artica e di queste disavventure ne sa qualcosa la Royal Dutch Shell, che ha gettato la spugna nel 2015 dopo vari disastri, oltre a prospezioni deludenti. L’Eni lavorerà vicino alla costa a Spy Island, ma sono già sul piede di guerra le associazioni in difesa dell’ambiente come il Center for Biological Diversity, il cui avvocato Kristen Monsell ha sottolineato come una perdita di greggio creerebbe danni irreparabili e come l’azienda italiana usufruirà di concessioni scadute nel 2017. L’Eni ha dalla sua l’esperienza su una piattaforma in Norvegia ad una latitudine altrettanto estrema e il fatto che Spy Island sia molto vicina alla terraferma e in collegamento con un oleodotto esistente da anni; ma il vero appoggio non è dato tanto l’esperienza che ridurrebbe teoricamente i problemi logistici, quanto dalla nuova politica americana e del Boem.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Si stacca un iceberg grande come il Lazio in Antartide

In Antartide si è staccato dalla piattaforma Larsen C un iceberg grande come il Lazio; a segnalare questo avvenimento è Massimo Frezzotti, glaciologo dell’Enea, che aggiunge che se oltre a Larsen A e B si staccherà completamente anche la piattaforma Larsen C, ci saranno gravi ripercussioni come l’innalzamento del livello dei mari, che porterebbe zone come Venezia sott’acqua. La frattura di 200 km, già monitorata da tempo, ha ceduto e 5800 chilometri quadrati di iceberg ora galleggiano liberi dal 10/12 luglio secondo le osservazioni della Nasa. Larsen C è la quarta più grande piattaforma dell’Antartide (si estende per 50.000 chilometri quadrati) la quale, perdendo questo iceberg, ha appena perso il 12 % della sua superficie. Per ora, secondo i ricercatori, non ci saranno effetti immediati causati da questo iceberg, il vero pericolo sarebbe il completo distacco di Larsen C.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Heatwave Hazard Index

Il Cnr, con la collaborazione di un gruppo di strutture di ricerca fiorentine, ha elaborato un sistema chiamato Heat Wave Hazard Index, che analizza contemporaneamente tutte le voci specifiche dell’impatto delle ondate di calore: la durata in giorni e le singole ondate a partire dalla prima registrata. Il risultato delle prime analisi sul periodo 1998-2015 indica chiaramente che nel 60% delle capitali europee le ondate di calore sono aumentate (in alcuni casi raddoppiate e altri triplicate) in durata e intensità rispetto al ventennio precedente. A Roma l’indice è raddoppiato e si è passati dal 5 al 13% della frequenza dei giorni di ondate. Se non si prenderanno contromisure attraverso politiche contro i gas serra e l’impermeabilizzazione del suolo, per l’aumento delle aree verdi e cool-roof in materiali riflettenti, si andrà in contro a sempre più morti a causa del calore (70,000 in più calcolati in Europa nell’estate 2003).

A cura di M.B.

DA “www.rainews.it

Un database sulle variazioni del clima

Gli scienziati hanno oggi a disposizione il più grande database climatico sugli ultimi 2000 anni; un team di 98 ricercatori di 22 paesi ha ricostruito attraverso un approccio multidisciplinare la storia del clima degli ultimi due millenni, basandosi sullo studio degli anelli di accrescimento degli alberi, sulle stalattiti e stalagmiti, su coralli e sedimenti di fondali oceanici. La biologia e la geologia si intrecciano così a comporre il puzzle delle variazioni climatiche (la meteorologia è una scienza piuttosto recente, quindi si fa comunque i conti con un margine di incertezza), che mostrano un lungo periodo di raffreddamento seguito da un brusco aumento delle temperature nel 19esimo secolo. Ma per osservare con i propri occhi si può consultare online lo stesso database.

DA “www.unive.it”

A cura di M.B.