Piove il 53% in meno e l’Italia brucia

Con le precipitazioni in calo del 53% e una temperatura superiore di 3,2 gradi rispetto alla media (riferita a giugno), in Italia si creano le condizioni per il propagarsi di incendi devastanti, spesso causati da piromani e criminali senza scrupoli. La Coldiretti lancia l’allarme per le regioni del Sud in particolare, che devono far fronte alla distruzione di migliaia di ettari di boschi e campi coltivati, la morte di animali, abbandono delle stalle e delle abitazioni. Così vengono annientati i polmoni verdi del paese, in grado di assorbire l’anidride carbonica inquinante, viene minacciata la biodiversità (ogni ettaro di macchia mediterranea ospita 400 specie di vertebrati tra mammiferi, uccelli e rettili) e le attività umane (la pastorizia e l’agricoltura in primis, poi le attività come la raccolta dei funghi, dei tartufi, della legna e dei frutti di bosco). Per questo motivo la Coldiretti ha elaborato un decalogo per la prevenzione e la gestione degli incendi, che comprende degli accorgimenti che possono salvare l’ambiente e noi stessi: non accendere fuochi in aree boschive se non in aree consentite e comunque controllare sempre che la fiamma sia spenta e che le braci siano fredde prima di andarsene, non lanciare mozziconi di sigaretta e non lasciare rifiuti o bombolette a pressione che potrebbero esplodere nei pressi del verde. In caso si avvistasse un incendio è invece necessario mantenersi a favore di vento per non essere accerchiati dalle fiamme e chiamare immediatamente le autorità.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Terra, sesta estinzione di massa: specie animali dimezzate

Uno studio effettuato da tre biologi della Stanford University e pubblicato sulla rivista scientifica Pnas, rivela che dal 1900 al 2015 le specie animali presenti sulla terra si siano dimezzate. Questo studio, volutamente improntato ad un risultato quantitativo, vuole illustrare fino a che punto si è spinto l’essere umano nel distruggere habitat naturali e dunque nel far estinguere specie animali. Uno spopolamento di questa portata avrà ricadute drammatiche sull’intero ecosistema planetario, per non parlare delle aree in cui la distruzione che ha portato l’uomo ha fatto sparire specie esistenti da tempo immemore. Tutto ciò che sta accadendo, per gli autori della ricerca, ha un nome ed è “defaunazione antropocentrica”, uno scempio che porta all’estinzione in media di due specie all’anno. Alcune di esse, come il pinguino imperatore dell’Antartide, dovranno adattarsi a migrare e cercare nuove zone per la caccia, altrimenti saranno estinte a fine secolo. Lo studio è stato condotto su un totale di 27,600 vertebrati e 177 mammiferi, ne è stata studiata la distribuzione geografica ed è risultato che persino le specie a basso rischio hanno subito un calo demografico. Il 30 % dei vertebrati è in declino e dei 177 mammiferi analizzati è risultato che ognuno di essi ha perso il 30 % delle loro aree di residenza (col 40 % dei mammiferi che ha abbandonato ben l’80 % delle proprie aree di residenza). L’orangutan, il leone africano e il ghepardo sono solo alcune delle specie più conosciute in pericolo, che in realtà sono tantissime. E’ necessario che i governi nazionali ed internazionali siano sensibili a questo tema e che prendano un’iniziativa forte volta alla protezione dell’ambiente e della biodiversità (specialmente nelle zone tropicali), perché il tempo sta scadendo e solo l’essere umano, che tanto ha distrutto e sfruttato, può ora porre rimedio, nel suo stesso interesse.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Se non agiremo entro 2100 le città italiane saranno un inferno d’estate

Il Climate Center in collaborazione col WMO, autorevole agenzia meteorologica delle Nazioni Unite, ha effettuato una simulazione sulla calura estiva in 300 città di tutto il mondo nel 2100, col risultato sconcertante che prevede le città italiane più calde di ben sette gradi centigradi in media se non vi sarà a breve una riduzione nelle emissioni dei gas serra. Sostanzialmente si avrebbe una temperatura media estiva pari a quella che c’è oggi in Egitto o in Turchia, ovvero attorno ai 32-33 gradi. Il paragone delle temperature odierne e quelle future è impressionante: Milano avrebbe la stessa temperatura che oggi ha Port Said in Egitto, Napoli diventerebbe calda come Il Cairo e Torino come Valencia. Altri paragoni analoghi sono stati fatti per altre città del mondo e sono altrettanto catastrofici, in quanto ci si troverebbe di fronte a temperature anomale e fasce climatiche completamente sconvolte. Si tratta ovviamente dello scenario peggiore in assoluto, scongiurabile in parte da tagli moderati alle emissioni di gas climalteranti nei prossimi anni (in tal caso in Italia si passerebbe “solo” alla temperatura media estiva di 30 gradi), ma bisogna accelerare i tempi il più possibile, altrimenti in pericolo ci sarà la salute pubblica (specie dei più deboli) a causa di tempeste e cicloni che saranno sempre più frequenti, carenze energetiche e di acqua e peggioramento della qualità dell’aria.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

Giugno caldo record quasi come nel 2003

In Italia l’estate più rovente dall’inizio della misurazione delle temperature è stata registrata nel 2003, quando il monsone africano era perdurato tre mesi, da maggio a luglio. Tuttavia pare che al secondo posto, secondo dati dell’ Isac-Cnr, ci sia il giugno del 2017, in cui il caldo torrido è stato spezzato solo da una perturbazione atlantica giunta sulla penisola a fine mese. In questi giorni il caldo ha di nuovo colpito con temperature percepite fino a 40 gradi in alcune città, ma già da giovedì o venerdì la temperatura cambierà per il passaggio di temporali prima a Nord e poi a Sud.

A cura di M.B.

DA “ANSA.IT”

Salvate il pinguino imperatore: rischio estinzione entro 2100

La Woods Hole Oceanographic Institution, un ente privato di ricerca americano, sulla base di uno studio pubblicato su Biological Conservation, ha chiesto che il pinguino imperatore sia inserito nella lista delle specie a rischio estinzione dell’Iucn. Questa specie, che abita in 54 colonie dell’Antartide, è particolarmente minacciato dal riscaldamento globale che provoca lo scioglimento dei ghiacci, che lo costringerà a migrare per cercare un nuovo habitat di caccia e riproduzione. Analizzando dati storici e modelli di previsione climatica, i ricercatori hanno tracciato un’ipotesi di futuro drammatica per il pinguino imperatore: il 40 % delle colonie rischia di essere perso, e c’è il 42% di probabilità che le colonie si riducano del 90-99%, cosa che causerebbe l’estinzione della specie. Il punto di non ritorno nelle previsioni è il 2046, in quanto fino ad allora, i pinguini avranno effettuato le loro migrazioni, ma da quel punto in poi nulla li salverebbe, nemmeno la scelta accurata di un nuovo habitat. E’ stato difficile per i ricercatori studiare i pinguini data la situazione climatica estrema del loro habitat, condizione che ne garantisce per ora, ma non per molto, la sopravvivenza, a causa dello scioglimento dei ghiacci. I pinguini della terra di Adelia nell’Antartide sono stati osservati per molti anni e già nel 2001 era stato registrato un calo nella popolazione causato dallo scioglimento dei ghiacci, ed era già stato lanciato un appello nel 2012 per l’inserimento di questa specie tra quelle a rischio estinzione. La Woods hole oceanographic Institution chiede anche che venga al più presto protetta dal Endangered Species Act, il documento del governo degli Stati Uniti che garantisce la salvaguardia di 2.270 specie di animali e del loro habitat, sia all’interno che fuori dal territorio statunitense.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”