L’isola del Tabasco rischia di scomparire

In un’inchiesta pubblicata sul Guardian lo scorso marzo, si denuncia il rischio di sprofondamento per l’area di Avery Island, una collina in mezzo alle paludi della Louisiana in un’insenatura del Golfo del Messico, dove l’acqua del mare surriscaldato ha invaso le paludi mettendo in serio pericolo l’azienda che da 150 anni produce Tabasco. La salamoia salina sta bruciando la vegetazione, sciogliendo il suolo e favorendo l’erosione, lasciando al territorio un aspetto di “tappeto strappato”, per dirla con le parole di Tony Simmons, alla guida della McIlhenny, la società inventrice del Tabasco. E’ probabile che presto l’isola diventi inagibile, e che l’azienda debba traslocare altrove definitivamente a causa del cambiamento climatico, che già aveva messo a dura prova la sede dell’azienda nel 2005 con l’uragano Rita.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

A cura di M.B.

Sempre meno ghiaccio nell’Artico

L’inverno più caldo mai registrato per il Polo Nord ha fatto sì che il ghiaccio marino fosse ai minimi storici: manca all’appello, rispetto a decenni fa, una superficie di ghiaccio pari all’estensione di Germania, Italia e Spagna messe insieme.

Il ghiaccio presenta la sua massima espansione nel mese di marzo, alla fine dell’inverno, per poi registrare un minimo in settembre. L’anno scorso la superficie dei ghiacci artici era ai minimi storici, 60.000 km2, a marzo quest’anno poco più. Gli ultimi quattro anni sono stati i peggiori dalle prime registrazioni, fatte 39 anni fa. Gli esperti hanno rilevato un significativo aumento delle temperature nelle aree artiche, anche 40 gradi in più della media, con anomalie concentrate nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio. Il ghiaccio si scioglie e i raggi solari, non trovando il bianco riflettente del ghiaccio, penetrano nel blu del mare, andando ad aumentare ulteriormente le temperature creando un circolo vizioso.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Mediterraneo: in un chilometro cubo centinaia di kg di plastica

Il titolo contiene un’affermazione forte, fatta da Marco Faimali, ricercatore Cnr, intervenendo a Lerici (La Spezia) a un convegno organizzato da Sea Shepherd sulla pericolosità delle micro e nanoplastiche nei mari e negli oceani. Ha inoltre aggiunto che la plastica non è un inquinante qualsiasi, perché in grado di assorbire altri inquinanti, fungere da vettore e dunque veicolare tossicità agli organismi che si cibano delle sue micro-particelle triturate. Gli effetti delle microplastiche specialmente sui più piccoli e fondamentali organismi marini come lo zooplancton sono ancora in corso di accertamento. Il nostro mare ha un valore inestimabile per la sua quantità di biodiversità, un valore, come provocatoriamente afferma Faimali, pari alla quarta economia d’Europa, se il Mediterraneo fosse uno stato. Non possiamo permettere che le plastiche lo avvelenino e che avvelenino il nostro futuro, quando in mare ci sarà più plastica che pesci.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B

2050: 143 milioni di migranti climatici

Un rapporto della Banca mondiale sui cambiamenti climatici dal titolo “Groundswell: Preparing for Internal Climate migration” ha sottolineato come il cambiamento climatico devastante sarà la causa di spostamenti di massa dall’Asia meridionale, l’Africa subsahariana e l’America latina. Tuttavia una crisi migratoria di tali proporzioni potrebbe essere mitigata, secondo gli esperti della Banca Mondiale, attraverso interventi di sostegno per l’istruzione, la formazione e lo sviluppo di questi stessi territori, portando la quota migranti a “soli” 40 milioni nel 2050.

Vari enti di ricerca come l’Earth Institute della Columbia University, l’Istituto per la ricerca demografica della NY University e il Potsdam Institute per la ricerca sull’impatto dei cambiamenti climatici, hanno incrociato dati come il previsto aumento delle temperature, precipitazioni, innalzamento del livello del mare e fattori socio-demografici per paesi come Messico, Etiopia e Bangladesh. Successivamente si sono basati su tre possibili scenari del futuro elaborati da IPCC: uno pessimista, in cui le disuguaglianze permangono e il cambiamento climatico peggiora, uno intermedio, dove l’economia lentamente migliora e le emissioni si arrestano, e uno ottimistico, in cui la riduzione delle emissioni si abbina ad un nuovo e più equo assetto economico. Le previsioni sui 143 milioni di migranti climatici sono tratte dallo scenario pessimista, con 86 milioni di migranti dall’Africa subsahariana, 40 dall’Asia meridionale e 17 dall’America Latina. Purtroppo sono le aree rurali che più soffrono il cambiamento climatico, mentre in Asia meridionale i problemi maggiori sono l’assenza di acqua potabile e l’erosione costiera.

Lo studio comprende solo i migranti che si spostano di distanze superiori ai 14 km (dunque restano escluse isole che già sono state sommerse e i cui abitanti hanno dovuto spostarsi). A breve l’Assemblea generale delle Nazioni Unite dovrebbe varare un Patto mondiale per le migrazioni, ma sembra essere un progetto destinato al fallimento: già Trump ha ritirato l’adesione degli USA al progetto in quanto incompatibile con la nuova politica migratoria.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Consumiamo il 600% di acqua in più rispetto al secolo scorso

Il CNR-IRSA lancia l’allarme sul consumo dell’acqua, aumentato a dismisura rispetto al secolo scorso ed è anche colpa dell’aumento della popolazione, che in pochi decenni ha visto aggiungersi miliardi di persone. Il cambiamento climatico e le estati roventi degli ultimi anni hanno favorito la crisi idrica, con ricadute sulla portata dei bacini idrografici maggiori nel nostro paese, fiumi come il Po, l’Adige, il Tevere e l’Arno. Un deficit di acqua che si fa sentire specialmente nella seconda parte dello scorso anno 2017, in cui 1 famiglia su 10 ha riscontrato problemi nell’erogazione di acqua nella propria abitazione in Italia. Tra i paesi dell’UE, è l’Italia con maggior prelievo di acqua dal rubinetto, ma 1 famiglia su 3 dice di non fidarsi a berla. In 342 comuni è invece assente il servizio di depurazione delle acque reflue urbane. Calabria e Sicilia risultano le regioni con maggiore difficoltà nel ricevere regolarmente acqua potabile presso le abitazioni. In Italia inoltre, sottolinea la Coldiretti, l’11% dell’acqua piovana viene sprecato per carenze infrastrutturali. L’Amref inoltre sta monitorando la situazione delle risorse idriche di Città del Capo, dove pare si stia avvicinando il Day Zero, giorno in cui le riserve di acqua in città saranno esaurite. I diritti delle persone alla salute e ad un’esistenza dignitosa non sono garantiti in assenza di acqua; la maggior parte della popolazione più povera di Città del Capo, la popolazione nera, sta soffrendo di questa situazione in questo momento. Purtroppo lo spreco di acqua resta un problema in Italia come anche altrove: molte persone non fanno caso a rubinetti gocciolanti, acqua sprecata nel lavaggio della persona e delle stoviglie e alimenti. In USA il consumo pro capite è di più di 400 litri al giorno, mentre in Madagascar è di 10: questo dato basta per farci riflettere sul nostro stile di vita e imparare a fare più attenzione agli sprechi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.