La contaminazione dell’acqua uccide 700 bimbi al giorno

La Giornata mondiale dell’acqua, che si tiene dal 1992 su proposta dell’ONU, è un momento utile di riflessione sulla preziosa risorsa che col cambiamento climatico sembra diventerà merce rara; infatti nel 2050, se le risorse idriche non verranno distribuite al meglio, almeno 5 milioni di persone dovranno fare i conti con la carenza di acqua per almeno un mese l’anno. Inoltre, nelle aree del terzo mondo, l’acqua spesso è contaminata e ogni giorno veicola malattie anche letali per le popolazioni, andando a colpire le fasce più deboli come i bambini. E’ l’UNICEF a fornire la cifra allarmante di 700 bambini morti ogni giorno per colpa delle condizioni igienico-sanitarie e l’acqua contaminata. Nella fascia d’età sotto i cinque anni è la causa di morte per 1 bimbo su 5, rincara la dose Save the Children. Dissenteria, poliomielite, colera e tifo sono solo alcune delle malattie che possono avere risvolti letali.

In Italia invece, il settore di imbottigliamento dell’acqua frutta miliardi alle aziende private ogni anno, con un giro d’affari di 10 miliardi all’anno di cui solo lo 0,6% ritorna allo stato e in particolare alle regioni che mettono a disposizione le loro fonti. Legambiente e Altreconomia hanno calcolato che i canoni di concessione pagati dalle aziende non superano i 2 millesimi di euro al litro; si propone dunque un canone fisso nazionale più equo, ovvero 2 centesimi al litro, che permetterebbero alle regioni di incrementare gli introiti di 200 milioni di euro all’anno, che andranno utilizzati per favorire la tutela dell’acqua potabile e il buon funzionamento della rete idrica.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Conflitti e carestie: a rischio 124 milioni di persone

Il Rapporto globale sulle crisi alimentari 2018 elaborato dalla FAO e altre organizzazioni umanitarie pone degli accenti precisi sulle cause delle carestie e della fame, che non sono da attribuire ad un destino avverso, bensì a precise responsabilità umane: principalmente i conflitti armati. Dal Sud Sudan, all’Iraq, all’Afghanistan, le guerre, che siano chiamate preventive o “umanitarie” o che siano vere e proprie invasioni e prove di forza dichiarate, portano tutte allo stesso risultato: affamare la popolazione. L’insicurezza alimentare purtroppo colpisce più di 124 milioni di persone nel mondo, e la speranza di aiutarle è legata alla pace, in quanto spesso le parti guerreggianti limitano l’accesso agli aiuti umanitari per le popolazioni colpite. In poche parole, coloro che manovrano le guerre hanno la pancia piena, mentre i civili devono patire la fame.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Pacifico: l’enorme isola di plastica 3 volte la Francia

La fondazione olandese Ocean Cleanup, ha verificato che l’isola di spazzatura nel Pacifico si sta ulteriormente espandendo; navi e aerei che l’hanno percorsa in lungo e in largo hanno contato ben 80.000 tonnellate di frammenti, un’area 3 volte la superficie della Francia. Purtroppo questa cifra è ben 16 volte più alta di quella che era stata stimata; l’isola ha l’aspetto di una densa zuppa e si trova tra le famose spiagge delle Hawaii e della California. Ci sono per la precisione 1,23 kg di spazzatura per metro quadrato (dati 2015) e il 99,9% di essa è costituita da plastica, di cui il 94% microplastiche, che sappiamo essere le più dannose per l’ecosistema marino. Le 18 navi della Ocean Cleanup sono solo riuscite ad eliminare una parte della superficie dagli oggetti, ma quelli restanti e le microplastiche in particolare, verranno nel tempo ingerite dai pesci e ri-immesse nella catena alimentare, con esiti finora non del tutto prevedibili.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

L’isola di Pasqua sta per essere sommersa dall’Oceano

La bellissima Isola di Pasqua, patrimonio dell’umanità, a causa di cambiamento climatico ed inquinamento, rischia entro il 2100 di essere parzialmente sommersa: è l’allarme lanciato dall’ONU. I Moai, i famosi monumenti antropomorfi dell’isola, rischiano di finire sommersi, tanto che si sta pensando a delle barriere per proteggerli dall’inesorabile erosione costiera. Le statue in pietra, erette tra il 1100 e il 1600 ca. dC, sono le uniche testimonianze di una civiltà vissuta in completo isolamento per secoli, ed è impensabile perderle. L’aumento del livello del mare sta anche colpendo le isole Marshall e Salomone; con l’aiuto di una sovvenzione di 400 mila dollari da parte del governo giapponese, si sta tuttavia sperimentando nell’atollo di Runga Va una barriera o muro marittimo per mitigare i danni dell’erosione delle coste. Non si sa se il muro funzionerà, o se sarà necessario spostare i Moai per permettere alle future generazioni di goderne la vista.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Cambiamento climatico: le specie a rischio nel Mediterraneo

Uno studio condotto dal WWF insieme alle università di East Anglia e l’australiana James Cook University, ha lanciato l’allarme sul possibile dimezzamento delle specie autoctone del Mediterraneo entro il 2100 se non si ridurrà drasticamente l’inquinamento di CO2. L’alimentazione e la riproduzione di alcune specie di tartarughe (tartaruga verge, caretta e tartaruga liuto) sono molto condizionate dalla temperatura: se dovessero esserci degli aumenti, nei luoghi di nidificazione, i piccoli potrebbero non sopravvivere oppure nascere solo femmine, in quanto i maschi nascono solo nelle zone più fresche dove vengono deposte le uova. Inoltre i livelli delle maree, o del mare stesso e gli eventi meteorologici estremi potrebbero danneggiare i luoghi di nidificazione, con conseguente impossibilità per le tartarughe di deporre le uova al sicuro. I cetacei invece rischiano di non poter nutrirsi del krill, un piccolo crostaceo che attualmente al limite della propria tolleranza ecologica ed è probabile che subisca gli effetti negativi del cambiamento climatico assieme ai suoi predatori. A loro volta tonni, razze, squali ed altre specie verrebbero colpiti nelle loro catene riproduttive e alimentari con conseguenze distruttive per l’ecosistema.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

A cura di M.B.