Siccità e disponibilità drammatica di acqua dolce

Il caso esemplare di Città del Capo, la capitale del Sudafrica. In latente emergenza anche l’Italia

“ Rubinetti a secco in tutta la città e militari armati che razionano l’acqua e proteggono le scorte di “oro blu”. Purtroppo non è uno scenario di un film di fantascienza, ma lo Zero Water Day di città del Capo, il giorno in cui nell’acquedotto  urbano non passerà una sola goccia dopo la grave siccità di questi mesi: solo qualche giorno la previsione di questo evento inedito si è spostata dal 7 luglio al 27 agosto”.

Meno drammatica, ma comunque considerata di “latente emergenza” dagli esperti dell’Associazione per la tutela del territorio delle acque irrigue (Anbi), la situazione italiana: al Nord tutti i grandi laghi sono sotto la media stagionale, e in Sicilia i principali invasi contengono solo 89 milioni di metri cubi d’acqua contro gli oltre 400 di un anno fa e i 593 del 2010”.

Questo c’informa Giuliano Aluffi su La Repubblica del 14 marzo 2018 in un articolo ben documentato in cui si dà conto anche del   Labirinto d’Acque 2018, una rassegna di quattro giorni  Fontanellato (Parma) dove sarà presentato il World Water development Report 2018 dell’Onu.

Quest’anno il report si concentra su un tipo  particolare di soluzioni al problema dell’acqua, quelle basate sulla natura. Daremo appena possibile qualche dettaglio su queste soluzioni caldeggiate dall’Onu.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di D.C.

Italia troppo calda a rischio tornado

Il surriscaldamento del Mediterraneo sta portando in Italia fenomeni che crederemmo tipici della Florida o di altre aree degli USA: i tornado. Potenti trombe d’aria hanno colpito la Liguria a dicembre e più recentemente il Casertano, dove ci sono stati 8 feriti. Dall’Istituto sull’inquinamento del CNR, gli scienziati affermano che gli eventi atmosferici anche violenti, saranno sempre più frequenti in Italia, e a quanto pare basta solo un grado in più nella temperatura del mare a causarli.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Pesca a rischio nei mari surriscaldati

Secondo uno studio pubblicato su Science, se l’aumento delle temperature continuerà ai ritmi attuali, ci sarà un calo del 20% della pescosità dei mari nei prossimi 300 anni, con picchi del 60% nel Pacifico occidentale, con effetti duraturi.

Le simulazioni degli scienziati californiani della Università di Irvine hanno preso in considerazione lo scenario peggiore, con aumento delle temperature non mitigato, con oltre 10 gradi in più sulla terra entro il 2300. Avverrebbe dunque lo scioglimento dei ghiacci completo, col mare che andrebbe a coprire una parte delle terre emerse con sconvolgimenti enormi per gli ecosistemi marini attraverso anche il cambiamento delle correnti e conseguente modifica del ciclo di distribuzione delle sostanze nutritive, ovvero del fitoplancton, che si svilupperebbe nelle profondità dell’Antartide e non altrove, a latitudini più settentrionali, dove il pesce inizierebbe decisamente a scarseggiare. In uno scenario del genere è difficile immaginare come se la caverebbe l’uomo; ed è quasi superfluo ribadire che ridurre l’inquinamento ne va della nostra sopravvivenza come specie.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

La pioggia non sconfigge la siccità

A quanto pare, nonostante il maltempo degli ultimi giorni, il bilancio idrico del nostro paese è ancora deficitario, e molti bacini idrici sia a nord che, soprattutto, a sud (in particolare in Sicilia) sono sotto il livello medio stagionale o sotto lo zero idrometrico. Ci si prepara a guardare con timore alla bella stagione e non c’è altro da fare se non iniziare concretamente a ridurre le emissioni nocive e tentare di convivere al meglio con la quota di danno irreparabile.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

L’inquinamento provoca malattie e modifica il DNA

Un complesso studio canadese apparso su Nature Communication, ci rivela una realtà sconcertante sull’inquinamento: sapevamo già che quest’ultimo causasse malattie ma non sapevamo che potesse cambiare il nostro DNA. A quanto pare la nostra stessa discendenza genetica sarebbe meno importante dell’ambiente in cui viviamo per ciò che riguarda la nostra salute, conta più dove si vive e cosa si respira che non la storia genetica dei propri avi. Genetica e ambiente interagiscono in un puzzle complesso di fattori, come rivela lo studio: l’incidenza di asma e malattie cardiorespiratorie in un campione di canadesi con la medesima discendenza genetica, si trova maggiormente nelle persone che abitavano in centri metropolitani molto inquinati. Il particolato fine inoltre, secondo studi europei, è estremamente dannoso anche se presente in concentrazioni minori rispetto alla soglia stabilita dalla legge.

 

DA  “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.