L’Artico si scalda più del resto del pianeta

L’effetto del riscaldamento globale si fa sentire più di ogni altro luogo sulla Terra nell’Artico, e più ghiaccio si scioglie e più accumula calore. Un circolo vizioso che colpisce anche il permafrost siberiano, che sciogliendosi dopo decine di migliaia di anni libera i gas che potrebbero fare da detonatore in una situazione climatica già compromessa. Sui fiordi presso le isole Svalbard i centri di ricerca registrano un aumento di temperatura delle acque pari a 4,3 gradi centigradi ogni dieci anni (dati CNR) e l’aumento della temperatura dell’aria di 3 gradi. L’ecosistema dei fiordi è minacciato dall’infiltrazione delle acque atlantiche e la diminuzione del ghiaccio marino: alghe, organismi e animali subiscono uno shock incalcolabile, specialmente in inverno. L’inquinamento delle zone antropizzate della terra crea un circolo vizioso tra ghiacci riflettenti che si sciolgono e radiazioni di calore che s’infiltrano nel blu scuro del mare, riscaldandolo sempre di più. Il permafrost è il “gigante dormiente” della situazione, costituito da biomassa delle antiche foreste e quindi riserva potentissima di gas serra come il metano e l’anidride carbonica, una vera e propria capsula del tempo pronta ad esplodere. Nessuno studio ha ancora quantificato i potenziali effetti di un totale scioglimento del permafrost a fine secolo.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Ghiacci e problemi di confini in Europa

La svizzera Zermatt e l’italiana Cervinia si stanno litigando rifugi e piste da sci a causa del cambiamento climatico: una volta il Plateau Rosa divideva nettamente le due località, ma oggi questo imponente ghiacciaio si sta sciogliendo e sta diventando null’altro che roccia instabile. Dal 2009 la Svizzera, che non è in Europa, ha varato una legge sui “confini mobili”, proprio per fronteggiare queste nuove situazioni di insicurezza sui confini causate dal cambiamento climatico. Il caso, come spiega il senatore Albert Lanièce dalla Valle d’Aosta, rappresenta un unicum, e a maggio si riunirà una commissione speciale tra Svizzera e Italia per valutare come procedere. Finora, in altre situazioni, le cose si sono sistemate con rapporti di buon vicinato, ma ora bisognerà trovare una vera e propria regola, perché i casi saranno in futuro tutt’altro che sporadici, con i confini che talvolta tagliano in due uno stesso edificio.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Gli atolli che scompariranno entro il 2050

Dalle Isole Marshall alle Hawaii, dalle Maldive all’Oceano Pacifico: ci resta poco tempo per visitare circa un migliaio tra gli atolli più bassi, che entro il 2050 saranno completamente sommersi. Molti di essi sono ancora abitati e altri solo di recente sono rimasti vuoti perché gli abitanti si sono trasferiti. La ricerca pubblicata su science Advances ha coinvolto studiosi provenienti da diverse parti del mondo, oltre al US Geological Survey e il National Oceanic and Atmospheric Administration; l’impatto del cambiamento climatico, negato dall’amministrazione Trump, si farà sentire a breve per gli abitanti degli atolli. Il caso delle Isole Marshall è un esempio perfetto: ci vivono militari americani con le loro famiglie e altri civili. Se le acque dell’oceano continueranno a salire, è molto probabile che non solo sommergano le coste, ma vadano anche ad intaccare le falde acquifere, rendendo inutilizzabili le riserve di acqua potabile. La vita sui piccoli “paradisi” potrebbe raggiungere un punto di non ritorno già nel 2050 a causa dell’innalzamento del mare e le sue conseguenze. Gli scienziati però avvertono che gli scenari peggiori potrebbero realizzarsi entro il 2030, per cui è assolutamente necessario tenere monitorata la situazione perché a breve la vita degli abitanti degli atolli potrebbe venire stravolta per sempre. Dal 2000 c’è stato un innalzamento delle acque di 5-6 cm e con 40 cm probabilmente si presenterà il problema delle falde acquifere. Non c’è modo di evitare tutto ciò anche rispettando l’accordo di Parigi da oggi in poi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.