Il Mar Morto è un deserto di sale

Il bacino d’acqua tra Israele, Cisgiordania e Giordania si sta prosciugando, perdendo acqua con un ritmo di un metro all’anno. Il fiume Giordano, che si getta nel Mar Morto, non può portare sollievo alla situazione in quanto esso è massicciamente sfruttato per l’irrigazione; il risultato è che nel satellite si possono osservare due bacini del Mar Morto, di cui quello a sud sempre meno profondo e pieno di aree di evaporazione da cui vengono estratti materiali utili per i cosmetici e i fertilizzanti. Negli ultimi 15-20 anni il cambiamento è stato drastico e visibile: gli hotel che una volta contemplavano la spiaggia, oggi sono in mezzo al deserto, in stato di abbandono per l’avanzamento della sabbia. Le previsioni degli scienziati indicano un ulteriore inaridimento, e il Mar Morto potrebbe diventare un instabile deserto salino per l’evaporazione dell’acqua in soli 50 anni. L’ultima volta che il Mar Morto si è prosciugato è stata 120.000 anni fa, durante l’interglaciale più caldo e lungo, quello di Riss-Wurm, mentre durante la glaciazione 25.000 anni fa era 260 metri più in alto di oggi. Il modo di risolvere il problema che va per la maggiore, proposto e riproposto sin dagli anni ’70, è quello di collegare il Mar Morto al Mediterraneo attraverso un tunnel, che porterebbe acqua al primo e anche alimentazione pulita per l’energia elettrica grazie al dislivello del terreno. Nel 2013 la Banca Mondiale era pronta ad appoggiare l’ultimo progetto in questo senso, ma ha ricevuto la forte critica degli ambientalisti, che giustamente hanno fatto notare il diverso grado di salinità nonché la questione della peculiarità dell’habitat del Mar Morto.

La soluzione più immediata invece sembra impraticabile in assenza di accordi: si dovrebbe fermare o regolamentare i prelievi dal Giordano e fermare le estrazioni di minerali nel Mar Morto.

Tutti i grandi laghi del mondo stanno d’altronde soffrendo per l’evaporazione: il lago di Aral, il lago di Urmia in Iran e il Poopò in Bolivia, solo per citarne alcuni.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Il boom del fotovoltaico in Cina

La velocità con cui procede il boom del fotovoltaico in Cina sorprende persino gli analisti, con un 22% in più di potenza solare installata nel primo trimestre del 2018 rispetto al primo trimestre del 2017 con un totale di 9,5 GW, di cui solo 1,97 dai grandi impianti e ben 7,68 da impianti di piccola taglia. I piccoli produttori quindi sono sempre più incentivati in Cina a vendere la loro elettricità e metterla in rete, e a crescita per questo particolare segmento rispetto al 2017 è del 217%.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.