Allarme ONU: Nel 2050 il 66% della popolazione mondiale vivrà in città

Il rapporto annuale ONU sulla popolazione mondiale ha sottolineato un problema del prossimo futuro: un sovraffollamento delle grandi città entro il 2050, che rischierebbero così il collasso. La popolazione rurale entro quella data si sarà trasferita quasi completamente nelle grandi città secondo lo studio; sarà il massimo picco di crescita della popolazione. Le megalopoli sono destinate ad aumentare in numero e quasi tutte quelle dei paesi asiatici, con Cina e soprattutto India in testa, saranno talmente popolate da essere pressoché invivibili. Si estenderanno fino ad oltre un terzo in più della loro attuale dimensione. Solo alcune città dell’est Europa manterranno una costante parabola discendente della popolazione, iniziata mezzo secolo fa.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Aree protette: un terzo a rischio per l’azione umana

Uno studio pubblicato sulla rivista Science rivela come le aree protette su carta siano in realtà sottoposte a forti pressioni a causa dell’intervento umano. Le aree tutelate formalmente rischiano di perdere la loro biodiversità per prossimità ad autostrade, allevamenti intensivi ed aree urbanizzate; come al solito è difficile mantenere oasi incontaminate a fronte di un mondo fortemente antropizzato. Il 15% della nostra Terra è formalmente sottoposto a vari livelli di tutela, che in ogni caso (sia nei casi più restrittivi che quelli più morbidi), significa la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità originaria di un luogo. Ma qual è la verità dietro alle carte? Gli scienziati hanno esaminato la Human Footprint, la nostra vera impronta su queste aree. Hanno tenuto in conto di infrastrutture, centri abitati, costruzioni, allevamenti e corsi d’acqua sfruttati. Gli autori del paper sono arrivati alla conclusione che l’essere umano sta esercitando una pressione deleteria su ben il 32,8% delle aree protette (per capirci l’estensione è pari ai due terzi della Cina). Quelle che se la cavano meglio sono le aree protette in luoghi remoti, mentre quelle che si trovano in Asia, Europa ed Africa sono più a rischio per la prossimità dell’essere umano. Esempi virtuosi di gestione delle aree tutelate si trovano ad esempio in Cambogia, Bolivia ed Ecuador; è inoltre documentato che dove le regole sulla biodiversità sono più stringenti le cose funzionano meglio. Certo non si può prescindere anche da buoni finanziamenti ed è per questo che i ricercatori ed esperti devono farsi sentire maggiormente dai governi, perché anche dove le cose vanno peggio, c’è ancora speranza.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Giallo nell’atmosfera

I gas che distruggono l’ozono nell’atmosfera sono stati banditi dal Protocollo di Montreal del 1987 e dal 2010 non esiste fonte documentata sulla Terra di clorofluorocarburi. Eppure dal 2013 si registrano nuove, misteriose emissioni di questo gas, di cui non si conosce la provenienza. E’ la NOAA a documentare questa strana attività nell’atmosfera: dalla scoperta del buco nell’ozono nel 1985, si è puntato subito il dito contro i clorofluorocarburi, presto sostituiti da altre sostanze chimiche e messi al bando dai 200 paesi firmatari del Protocollo, uno degli esempi più virtuosi nella lotta alla distruzione dell’ambiente. Ora però sono state registrate 13mila tonnellate di triclorofluorometano nell’atmosfera e non si capisce chi o cosa possa averle riversate, riaprendo il problema del buco nell’ozono: un sospettato c’è già per i ricercatori americani, ovvero una misteriosa fabbrica collocata tra Cina e Mongolia. Ma sarà difficile arrivare alla verità per gli scienziati/detective, in quanto potrebbe anche trattarsi di una reazione chimica non voluta.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.