I cittadini fanno causa alla UE

Alcuni cittadini di vari paesi europei assieme ad organizzazioni ambientaliste come Legambiente si sono costituiti alla Corte di Giustizia Europea per far valere i diritti fondamentali di vita, salute e occupazione di fronte ad un target di diminuzione delle emissioni nocive entro il 2030 del tutto inadeguato a garantire questi diritti, secondo loro. La questione del cambiamento climatico si trova ad intaccare la sfera dei diritti umani, quando i governi sono inefficaci a contrastarlo. La UE deve proteggere i diritti delle proprie generazioni presenti e future, ha un’enorme responsabilità. Apicoltori ed agricoltori portoghesi come Armando ed Ildebrando hanno fatto causa all’UE poiché i disastri naturali hanno devastato i loro raccolti e le loro tenute di famiglia, e lo stravolgimento delle stagioni ha diminuito la produzione del miele causando una diminuzione del reddito, mentre l’agricoltore e imprenditore del settore turistico Giorgio Elter ha intrapreso la causa sostenuto da Legambiente. I ricorrenti sono appoggiati da avvocati, scienziati e ONG provenienti da tutta Europa. A fornire le prove scientifiche dei danni sarà Climate Analytics. Ci sono tante famiglie che soffrono per vari problemi (ondate di calore, difficoltà occupazionali causate dall’innalzamento delle temperature e delle acque) ma sono accomunate dal desiderio di lottare per i propri diritti e anche per coloro che non hanno voce. Chi vive a stretto contatto con la natura sa cosa sta accadendo a livello globale, ce l’ha sotto gli occhi ogni giorno e chi meglio di loro per esporre i problemi e reclamare i diritti per noi tutti?

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

ONU: + 1,5 gradi nel 2040

Una bozza di relazione dell’ONU che sarà presentata in Corea del Sud ad ottobre, ci rivela come si sia in procinto di superare la soglia degli 1,5 gradi in più. Tutto ciò creerà non solo ripercussioni sull’ambiente, ma anche sull’economia e la società in cui viviamo, se i governi non agiranno con misure incisive e rapide contro il global warming. Fondamentale è il nodo dei combustibili fossili. La bozza è stata redatta dall’Ipcc, con la collaborazione di 25.000 scienziati ed esperti climatologi, e funge da vera e propria guida per i governi su come affrontare il problema. Nel documento si esprime preoccupazione per paesi refrattari come l’Arabia Saudita e il Kuwait, oltre agli USA, che hanno posizioni nettamente negazioniste, ma traccia la strada da percorrere per i 200 paesi già firmatari dell’accordo di Parigi: non solo bisogna smettere di utilizzare combustibili fossili per dedicarsi completamente alle rinnovabili, ma bisogna riformare il settore dei trasporti pubblici, migliorare l’industria agricola e fermare la deforestazione. Le conseguenze di un aumento di due gradi entro pochi anni sarebbero devastanti per la vita di noi tutti, perché scomparirebbero interi ecosistemi, come ad esempio le barriere coralline. Si ricorda anche che in una situazione simile, la crescita economica subirebbe inevitabilmente una battuta d’arresto ovunque. 10 milioni di persone sarebbero esposte al rischio mareggiate e inondazioni e la siccità colpirebbe con forza i paesi mediterranei.

L’Italia come gli altri paesi non sta ancora facendo abbastanza: se le azioni rimangono estemporanee, limitate o di debole entità, non si potrà far nulla per evitare questi disastri.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Accordo Ue: entro il 2030 consumi di rinnovabili al 32% del totale

Nuovi obiettivi nella corsa verso le rinnovabili sono stati fissati da Parlamento, Commissione e Consiglio Europeo, che hanno dato il via libera alle otto proposte legislative del pacchetto Energia Pulita, approvato nel 2016. Finora solo la direttiva sul rendimento energetico dell’edilizia è stato adottato. Ora si è passati, con i nuovi obiettivi, dal 20 al 32% di produzione di energie rinnovabili, al sostegno all’autoconsumo da parte dei singoli cittadini e allo stop all’utilizzo dell’olio di palma nei biocarburanti. L’UE si adegua e vuole dare una spinta decisa alla transizione energetica dagli idrocarburi al fotovoltaico e all’eolico; oltre a ciò la UE ha deciso di sostenere l’autoproduzione di energia fotovoltaica dei piccoli impianti domestici, connessi con le reti locali e di accumulo. Non solo ci saranno agevolazioni economiche, ma anche uno snellimento delle procedure amministrative. I target sono stati rivisti al rialzo, cosa che, si legge in una nota della Commissione, porterà l’Europa a diventare leader globale nella lotta al cambiamento climatico. Purtroppo la realtà è lontana dalle previsioni ottimistiche e le belle parole della Commissione UE: nel documento infatti non si fa alcun cenno all’uscita dal carbone (importante quanto l’implementazione delle rinnovabili) a causa della resistenza di Germania e Polonia in particolare, la cui economia si basa molto ancora su di esso. Inoltre la spinta alle rinnovabili è data dai paesi asiatici per ora, con la Cina in testa.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Obiettivo taglio CO2: la Germania si arrende

Nel rapporto annuale sul clima 2017, firmato dal gabinetto della Merkel, si legge che la Germania non sarà in grado di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2020 come previsto. In altre parole la programmata riduzione del 40% di emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990 si fermerà in realtà al 32%. Il deficit si tradurrà in 100 milioni di tonnellate di C02 emesse ogni anno in atmosfera. Secondo il ministro dell’Ambiente tedesco, la Germania intende colmare il deficit con l’introduzione di auto elettriche e le rinnovabili, ma l’affermazione resta generica. Certo i punti deboli sono stati individuati: una sovrastima della CO2 che verrebbe risparmiata, l’aumento demografico e la crescita economica, ma soprattutto la faticosa uscita dal carbone. In Germania, eolico e fotovoltaico hanno avuto un’importante fase di espansione, ma essendo ancora debole il settore idroelettrico, l’utilizzo della superinquinante lignite è ad un quarto del totale del mix energetico nazionale. Inoltre sia i socialdemocratici Spd che i cristianodemocratici Cdu-Csu non vogliono intaccare la situazione occupazionale delle miniere della Rurh.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

I dati sul Polo Sud che si squaglia

L’Antartide sta perdendo pezzi ad una rapidità impressionante, come un ghiacciolo al sole; su Nature è stato pubblicato uno studio basato sui dati forniti da 24 satelliti, che ci dice che dal 1992 al 2017 si sono sciolte 3mila miliardi di tonnellate di ghiaccio e il mare è salito di 8 millimetri. Inoltre si osserva che negli ultimi cinque anni c’è stato un rapido aumento dello scioglimento dei ghiacci (e confrontando il 1992 col 2012 il ghiaccio perduto in un anno è stato il triplo nel 2012!). 88 scienziati di ben 44 università nel mondo hanno contribuito a fornire questi dati allarmanti, poiché l’Antartide contiene il 90% delle riserve di acqua dolce della Terra, e se dovesse sciogliersi completamente il mare si innalzerebbe di 58 metri. La situazione si aggrava di anno in anno nella parte occidentale del continente bianco, dove l’acqua tiepida erode la banchisa, e così fa venir meno la funzione di tappo, di contenimento al ghiaccio sulla terraferma che inesorabilmente scivola ora verso il mare. La parte orientale finora è stabile (nel 2012 addirittura in leggero aumento). Il mare per ora si è innalzato di 20 cm in un secolo, e i fattori sono molteplici: i ghiacciai montani, i ghiacciai della Groenlandia che si sciolgono (oltre a quelli dell’Antartide) e il riscaldamento che fa espandere gli oceani. Lo studio sostiene che a fine secolo si potrebbe registrare un aumento dai 30 cm al metro, cosa che basterebbe a far finire sott’acqua le isole del Pacifico, l’Olanda e minacciare città come NY e Shanghai. Il Polo Sud potrebbe contribuire con 15 cm in tutto questo, rendendolo un vero e proprio gigante addormentato in procinto di risvegliarsi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.