“Intersolar Europe” a Monaco di Baviera

“Intersolar Europe” è il più grande salone europeo dedicato all’energia solare ed è il luogo ideale per discutere il futuro del fotovoltaico: l’idea del salone è stata realizzata all’indomani della decisione europea di portare le rinnovabili al 32% del consumo energetico entro il 2030, un target ancora inadeguato secondo Greenpeace, ma gli incentivi per l’installazione di pannelli solari potrebbero portare delle sorprese. REC Group, azienda più grande d’Europa di moduli solari con sede in Norvegia, sostiene che per raggiungere gli obiettivi di Parigi servirebbe una quantità di installazioni di pannelli solari pari a nove volte la cifra stimata entro il 2025 e raddoppiare rispetto al 2017. La crescita nel mercato europeo nel 2017 è stata del 28% mentre nel 2019 si arriverà presumibilmente a 16 GW (+45%). L’anno prossimo si prevede un aumento medio del 42% in Europa, mentre a livello mondiale la partita si giocherà soprattutto in estremo Oriente, mentre nuove strade si aprono in Sudamerica, Australia e Medio Oriente. L’estremo oriente, tra Cina, Giappone e India, è responsabile del 70% degli investimenti in solare. Pechino vende tre quarti dei pannelli solari a livello globale e gli USA, nonostante il ritiro dagli accordi, sono anch’essi in corsa. Il fotovoltaico ha anche prezzi più abbordabili grazie alla maggiore offerta: in Germania si è scesi sotto i 4 centesimi per kWh e in Arabia Saudita, Cile e Perù sotto i 2,5 centesimi. Si stima che i costi di produzione del fotovoltaico saranno dimezzati entro il 2020 e i prototipi di celle solari sono sempre più efficienti. Per contrastare la Cina, l’europea REC promette una tecnologia sempre più sofisticata e di qualità per riqualificare anche vecchi edifici. In Italia abbiamo già raggiunto l’obiettivo UE fissato per il 2020, e il 24% delle rinnovabili sono costituite dal solare. La vera svolta per i paesi del sud dell’Europa potrebbe essere costituito dall’esportazione di energia pulita (anziché continuare a importare carbone fossile). I sistemi a inseguimento (pannelli che ruotano come girasoli su bracci meccanici) permettono di risparmiare costi di manutenzione ed energia massimizzando l’esposizione e sono stimati in crescita del 32% e sono usate da colossi come la Array e la Sterling & Wilson. Dal 2010 il costo del fotovoltaico si è ridotto del 73%, rendendo molto più economico acquistare kWh che non carbone fossile, rendendo potenzialmente disponibile l’energia per quella fetta di popolazione mondiale che non ne possiede. Gli impianti più vecchi possono potenzialmente essere recuperati in alcune componenti (c’è comunque il problema dello smaltimento dei metalli pesanti presenti come il cadmio) e non necessitano di infrastrutture a rete (possono essere realizzati ovunque in tempi ragionevoli). Anche la e-mobility è un aspetto importante del settore solare: la cinese Hanergy è un colosso che produce pareti e superfici stradali in grado di ricaricare dispositivi mobili come la loro auto “Hanergy Solar” che ha un’autonomia di 80 km e si può ricaricare mentre si guida. Accessori, condizionatori, tettucci, radio, tutto alimentato dal sole. Esistono persino le “barche solari” come la “Dream” ecuadoriana che naviga il Rio delle Amazzoni e uno yacht cinese inaugurato nel 2017 sul lago Dongting. Il colosso cinese Hanergy ha persino progettato un aereo a pilotaggio remoto e moduli da applicare su satelliti spaziali, superando alla grande il problema, molto sentito ad esempio in Italia, dell’assenza di colonnine di ricarica. Infatti da noi le auto elettriche costituiscono solo lo 0,3% delle vendite del settore automobilistico. Il neo ministro dell’ambiente Sergio Costa ha annunciato che saranno stanziati fondi per fornire di nuovi autobus elettrici le città italiane con la maggiore concentrazione di polveri sottili, mentre altrove in Europa il mercato è decisamente in ascesa, con molti taxi elettrici e stazioni di ricarica alimentate da rete eolica. In futuro le auto elettriche saranno prevedibilmente un ottimo sistema di stoccaggio e restituzione di energia alle abitazioni, con tempi sempre più contenuti per la ricarica e ottimizzazione dei flussi per non incorrere in picchi energetici.

DA “La Stampa”

A cura di M.B.

 

Riserve ittiche ai minimi

L’ONU continua a denunciare il depauperamento dei mari, saccheggiato da mezzo secolo di pesca selvaggia: la situazione rischia di trasformarsi presto in un disastro ambientale con il 90% delle riserve ittiche con un surplus di pescato. Oltre al danno per l’ecosistema ci sarebbero pesanti ripercussioni su coloro che lavorano nel settore della pesca, per il 97% nei paesi in via di sviluppo (in totale 60 milioni di persone). Per questo motivo nel 2015 nell’ambito dell’Agenda 2030, 193 nazioni si sono impegnate a sottoscrivere 17 “Sustainable Development Goals” tra cui “Life Underwater”, l’articolo numero 14, volto alla protezione della fauna e la flora marina. In quella sede è stato stabilito che l’unico metodo efficace per mettere un freno allo scempio dei mari è il taglio dei sussidi alla pesca entro il 2020. Le agevolazioni sul gasolio marino portano alla formazione di flotte sempre più grandi, colossi che sono responsabili dell’85% del pescato mondiale ma che danno lavoro solo al 10% dei pescatori, mentre solo le briciole vengono lasciate al restante 90%, i più poveri proprietari di modesti pescherecci, i meno responsabili dunque per il disastro ambientale causato nei mari. Il punto della situazione lo si è fatto lo scorso luglio in una due giorni a Ginevra, l’Oceans Forum, dove ONU e FAO agiscono da coordinatrici. La priorità è continuare sulla strada dei tagli ai sussidi, ma molti paesi sembrano essersi già messi sulla strada giusta, come Malta, Maldive, Ecuador e Perù, che stanno incrementando le buone pratiche per la pesca sostenibile e puntando su settori alternativi come acquacultura e produzione di alghe per consumo alimentare.

DA “La Stampa”

A cura di M.B.

Ondate di caldo in città e traffico

Il caldo torrido che finora aveva risparmiato l’Italia ora si farà sentire con l’anticiclone africano che porterà afa e più di 40 gradi in alcune zone interne di Sicilia e Sardegna. L’ondata sarà intensa e colpirà più città sia nel nord che nel sud della penisola per una settimana intera, con bollino rosso per città come Bolzano, Bologna e Torino. Una settimana rovente con 30 gradi a 1000 m, e lo zero termico a 4500. Il tempo quest’anno pare però che si modificherà più presto del solito: non più dopo ferragosto, ma dopo la prima settimana di agosto, quando una perturbazione atlantica porterà un po’ di refrigerio. L’esodo estivo avviene proprio in corrispondenza del grande caldo, con traffico da bollino nero in alcuni tratti autostradali.

DA “La Repubblica”

A cura di M.B.

Dissesto idrogeologico in Italia

Il rapporto dell’ISPRA “Dissesto idrogeologico in Italia”, ha messo in luce il fatto che nel 2018 sono a rischio in media ben il 91% dei nostri comuni ed oltre 3 milioni di famiglie abitano in zone ad alta vulnerabilità. Si espande inoltre rispetto a qualche anno fa la superficie soggetta ad allagamenti oppure a frane; 550.000 edifici sorgono in luoghi ad alto rischio frane mentre 1 milione di edifici sorgono in luoghi ad alto rischio di allagamento. 7 milioni di individui vivono in luoghi ad alta vulnerabilità: 1 milione di essi a causa di possibili frane e i restanti 6 milioni a causa di dissesti idraulici di media o alta intensità. I valori più elevati di popolazione a rischio si trovano in Veneto, Lazio, Campania, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia e Liguria. Le industrie e i servizi collocati in zone a rischio frana si riscontrano maggiormente in Campania, Toscana, Emilia Romagna e Lazio. Mentre per ciò che riguarda il rischio alluvioni si trovano in Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Liguria. Quasi 38.000 beni culturali si trovano in aree a rischio frana, mentre 40.000 sono in zone a medio/basso rischio allagamento. In alcune regioni la percentuale di comuni a rischio raggiunge il 100%: Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana, Molise, Basilicata, Marche, Calabria, Umbria e Liguria, mentre in Lazio, Abruzzo, Piemonte, Campania, Trentino e Sicilia il rischio è calcolato tra il 91 e il 100%.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.