Galileo. Le opere e i giorni di una mente inquieta

Galileo. Le opere e i giorni di una mente inquieta

Di Enrico Bellone

Edito da Le Scienze

Presentazione

Nella cultura diffusa, esistono diverse immagini di Galileo. La più nota è quella secondo la quale egli fu il padre del metodo sperimentale: eppure, prima di Galileo, generazioni di astronomi o di anatomisti avevano fatto buon uso di un sapere fondato proprio sulla sperimentazione. Una seconda immagine ci invita a vedere un galileo che contribuisce alla nascita della scienza moderna non sulla base di esperimenti che sarebbero stati irrealizzabili nella prima metà del Seicento, ma sulla base di una filosofia che raffigurava un mondo scritto in linguaggio matematico: eppure, prima di Galileo, moltissimi intellettuali si erano ispirati a Platone senza tuttavia scoprire le nuove leggi della meccanica o i primi satelliti di Giove. Queste due immagini sono troppo unilaterali. Vero è che prima di Galileo la conoscenza scientifica era spesso ancorata all’esperienza e alla misura, ma è anche vero che Galileo seppe trovare rapporti originali tra osservazione e teoria. Vero è che certi esperimenti galileiani, pur apparendoci semplici, sono difficili da realizzare con le tecniche del Seicento, ma è altrettanto vero che lo scienziato pisano era un eccellente uomo di laboratorio il quale sapeva, di volta in volta, superare le difficoltà pratiche con accorgimenti la cui genialità non finisce di stupirci. Si tratta, allora, di rileggere l’opera galileiana senza eccedere nel privilegiarne la componente sperimentale a scapito di quella teorica, e senza dimenticare che la struttura della teoria di Galileo era meno potente di quanto spesso si immagina.

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