Caldo torrido in Australia: a Sydney 47,3°

E’ dal 1939 che in Australia non si registrava una giornata così calda; lo scorso 7 gennaio il caldo torrido misto ad umidità ha fatto registrare nel quartiere ovest della città di Penrith ben 47,3 gradi centigradi. Molte persone hanno chiesto soccorso in quanto colte da malore, persino dei giocatori di tennis che si allenavano per il torneo internazionale di Sydney hanno dovuto rinunciare agli allenamenti della mattina. Le autorità hanno inoltre diramato un’allerta incendi, vietando fuochi e fiamme in tutta la città.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

L’Europa dichiara guerra a sacchetti di plastica e microplastiche

L’esecutivo UE ha preparato una guerra totale a sacchetti, imballaggi, stoviglie in plastica e microplastiche in detersivi e cosmetici: il prossimo 16 gennaio alla riunione dell’Europarlamento, saranno presentate delle misure “ad hoc” per contrastare questi inquinanti. I cittadini dell’Unione Europea, secondo un sondaggio (Eurobarometro), sono particolarmente sensibili alla tematica, tanto che le stime prevedono nel 2019 ad un calo dell’80% di utilizzo di sacchetti di plastica rispetto al 2010. Il primo obiettivo delle misure sarebbe quello di rendere riutilizzabile entro il 2030 la maggior parte degli imballaggi in plastica, poi ci sarebbe quello di dichiarare guerra ai prodotti monouso quali stoviglie in plastica. I materiali da utilizzare saranno quelli biodegradabili e per la salute del mare arriva un pacchetto di norme stringenti sulle microplastiche nei detersivi e cosmetici, oltre ad un controllo più serrato dei rifiuti prodotti da navi ed imbarcazioni da diporto.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Ozono: buco chiuso ai poli ma nel resto del pianeta la situazione peggiora

Nel 2016 era arrivata la buona notizia della riduzione del 20% dell’estensione del buco dell’ozono dal 2005, ma un’innovativa tecnica satellitare utilizzata da un team mondiale di scienziati ha ridimensionato l’ottimismo: infatti, mentre ai poli lo strato di ozono pare in crescita, a latitudini inferiori, ovvero le aree più popolate del pianeta (tra latitudine 60 Nord e 60 Sud), la situazione sembra molto diversa. Una serie storica di misurazioni dell’oscillazione dell’ozonosfera a partire dal 1985 ha constatato che i livelli di ozono sono diminuiti globalmente, ma peggiorati alle latitudini più popolate e colpite da raggi Uv (dunque la situazione è potenzialmente più pericolosa che il buco dell’ozono ai poli). Le cause di questo problema vanno ricercate nei cambiamenti climatici degli ultimi anni e nelle sostanze inquinanti dette VSLS (very short lived substances), che vengono prodotte in quantità crescente nelle attività umane e il cui impatto è probabilmente sottostimato (o non studiato) per quanto riguarda gli effetti sull’ozonosfera. Vanno ancora inoltre accertati i potenziali rischi per la salute umana e la sopravvivenza degli ecosistemi terrestri.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Gli indigeni del lago Poopo in Bolivia costretti ad emigrare

Il lago Poopo in Bolivia, ormai da alcuni anni completamente all’asciutto, era il punto di riferimento della comunità degli Uru-Murato, i quali hanno visto il loro lago prosciugarsi a causa di inquinamento, siccità e a causa delle attività delle limitrofe miniere. Oggi gli indigeni fanno molta fatica a praticare le loro tradizionali attività agricole, hanno cercato di convertirsi alla coltivazione della quinoa, ma con scarso successo. Sta iniziando una vera e propria migrazione di massa verso le città, che oltre a provocare sofferenze in chi è coinvolto direttamente in questa catastrofe, causerà una perdita incommensurabile di conoscenze e tradizioni una volta che gli indigeni spariranno nelle grandi città globalizzate.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Mekong: il fiume conteso tra Cina e Sudest asiatico

Il fiume Mekong, le cui piene una volta giungevano naturalmente con l’alternarsi delle stagioni, un fiume pescoso, ora è flagellato dalla siccità e l’inquinamento, sfruttato al massimo attraverso la costruzione di numerose dighe che hanno creato danni all’agricoltura e bloccato le migrazioni dei pesci. I pescatori cambogiani ormai si sono trasferiti in città per lavorare come operai nel settore delle costruzioni, poiché il lavoro che svolgevano i loro antenati da tempo immemore non è più redditizio. Il Mekong è sempre stato conteso per lo sfruttamento idrico, sfondo di guerre e massacri, una storia vissuta per la maggior parte del tempo all’oscuro dell’Occidente, un territorio inaccessibile per buona parte del ‘900 a causa del regime comunista. Il Mekong attraversa Cina, Laos, Thailandia, Cambogia e Vietnam e la sua biodiversità, specie per quanto riguarda i pesci, è superiore anche al Rio delle Amazzoni. Il Mekong lambisce un territorio in cui vivono di pesca e cerealicoltura da millenni mezzo miliardo di persone. Nel 1995 nasce la Mekong River Commission, un forum intergovernativo (il cui parere non è però vincolante) composto da Thailandia, Cambogia, Laos e Vietnam, che ha il compito di discutere la gestione delle acque e lo sviluppo sostenibile. Cina e Birmania agiscono solo formalmente da interlocutori esterni. Da allora è stato un fiorire di forum e organizzazioni per gestire le acque del fiume, ormai diventate strumento di geopolitica. La Cina però è il maggiore finanziatore dei progetti, dunque le discussioni sui progetti avvengono di fatto bilateralmente tra la Cina e la regione o la città interessata dai lavori; la retorica cinese non manca mai di sottolineare l’aspetto di condivisione di queste infrastrutture, nonostante si rifiuti sistematicamente di consultarsi con i paesi non direttamente interessati dal singolo progetto. La gestione delle acque dunque è di fatto in mano alla Repubblica Popolare e gli ambientalisti non ci stanno: il livello del fiume si è abbassato a causa delle dighe fatte costruire dai cinesi, i quali non hanno ascoltato la richiesta fatta dalla Mekong River Commission di valutarne l’impatto ambientale. Le attività tradizionali come la pesca hanno subito un brusco calo e il Laos e il Vietnam saranno i paesi che, essendo più poveri e sottosviluppati, pagheranno il prezzo più alto: fungeranno da “pile” per l’energia idroelettrica del sudest asiatico attraverso la costruzione delle centrali idroelettriche sugli affluenti del Mekong, ma l’energia sarà venduta a Thailandia e Cambogia. C’è da scommettere che la popolazione dei paesi più poveri non trarrà alcun vantaggio dalla situazione, solo la distruzione degli habitat e la scomparsa dei loro mezzi di sussistenza millenari.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.