La grande sete assedia il Nord

In Veneto i contadini lanciano l’allarme siccità: non piove da Gennaio, l’Adige è in secca (da una portata media di 80 m³ d’acqua al secondo si è passati a 37) e il Po è ai livelli dell’inizio dell’estate 2016. L’Adige è talmente privo d’acqua che il mar Adriatico risale il suo corso per 5 km, spargendo il suo sale sulla terra delle campagne ormai diventata sabbiosa. La Regione Veneto sta per dichiarare lo stato di crisi per siccità, essendo la regione da questo punto di vista più sofferente in assoluto: la Coldiretti infatti ha stimato un calo delle precipitazioni del 53 % e la temperatura è 2,5 gradi sopra la media stagionale. Tutto ciò si ripercuote sull’agricoltura della Pianura Padana, con i contadini che devono irrigare i loro campi in anticipo di ben due mesi e ciò significa per i consumatori prezzi della verdura alle stelle. A monte le cose non vanno meglio, in quanto la temperatura è di 3 gradi superiore alla media stagionale, sulle Dolomiti e le Prealpi quest’inverno si è vista ben poca neve e non essendosi accumulato ghiaccio, manca l’acqua che veniva dal disgelo e fluiva a valle. Scarseggia l’acqua per le piante da frutto sulla Strada dei Vivai, che si seccano facilmente, non hanno linfa per germogliare. Verso Chioggia e Rosolina invece, il consorzio di bonifica del Delta, Adige e Po sta monitorando maniacalmente il livello del cuneo salino che rischia di passare la barriera ed infiltrarsi nelle acque destinate ai campi e persino nelle acque delle case (come avvenuto nel 2007, solo che era estate). Nelle aree boschive infine c’è un alto rischio di incendi. L’unico modo di fronteggiare quello che si preannuncia come uno stato di crisi è quello di lavorare in sinergia tra regioni del nord, collaborando per non sprecare un bene sempre più raro per tutti: l’acqua.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

La Norvegia punta su industria e ambiente

Erna Solberg, premier conservatrice norvegese, ha da poco esternato le sue idee riguardo la fonte di profitto più importante del suo paese, ovvero il petrolio, sostenendo che la Norvegia non potrà a lungo vivere di rendita sfruttando questa fonte e che è tempo di puntare su energie rinnovabili che a lungo termine porteranno molti più vantaggi. Una presa di posizione rivoluzionaria per un paese che ricava la sua ricchezza dall’oro nero e il cui prodotto interno lordo è dato al 15 % dalle trivellazioni marine, ma la Norvegia aveva già dato dimostrazione di sensibilità verso le tematiche ambientali, prefiggendosi (come la Svezia) l’obiettivo del raggiungimento entro il 2030 della neutralità delle emissioni, compensando con scelte ecologiche. Erna Solberg ha voluto salvare bilancio sostenibile e welfare prelevando riserve dal fondo sovrano (che è il più ricco del mondo), facendo capire chiaramente quali sono le nuove priorità della Norvegia, senza però far mistero che servirà stringere la borsa. La strategia è chiara: svolta per la reindustrializzazione, verso l’impiego delle competenze dei norvegesi in settori come la tecnologia e l’ambiente, non senza un piccolo sacrificio sulla crescita, che, come dice Solberg, sarà però compensato in futuro dalle scelte previdenti di oggi.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

L’Antartide è veramente così solido?

L’Antartide è un sorvegliato speciale tra i continenti a causa della fusione dei suoi ghiacci, uno dei fattori dell’innalzamento del livello dei mari insieme alla dilatazione termica delle acque, tuttavia finora si pensava che la parte più vulnerabile di esso fosse la sua penisola occidentale mentre il resto del continente fosse molto solido. Un recente studio dell’Università della Tasmania, svolto da Stephen Rintoul e un team di colleghi e recentemente pubblicato su “Science Advances”, ha messo in luce delle nuove criticità prendendo ad esempio il ghiacciaio Totten, esaminato sistematicamente con l’ausilio di dati satellitari. Tutti i ghiacciai antartici, compreso il Totten, hanno una calotta a contatto con le acque dell’Oceano Antartico che funge da tappo al ghiaccio sul continente, che in caso di instabilità, impedisce loro di cadere in mare. Finora si era pensato che l’aria e soprattutto l’acqua riscaldata dall’aumento delle temperature non riuscissero a raggiungere questo strato profondo; lo studio invece sostiene che l’acqua (relativamente) calda si insinui formando cavità nella stessa calotta minando la stabilità dell’intero ghiacciaio che cadrebbe interamente in mare, con repentine e devastanti conseguenze sull’innalzamento delle acque. Questo studio, abbinato ad altri che analizzano simili fenomeni in Groenlandia, potrebbe farci rivalutare il livello di rischio costituito dall’innalzamento del livello del mare.

A cura di M.B.

DA “LE SCIENZE”

Asbesto 2.0: mappatura amianto nelle scuole

Un accordo tra il Ministero dell’Ambiente e la Struttura di missione per l’edilizia scolastica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha dato vita al progetto “Asbesto 2.0” che prevede la mappatura del livello d’amianto negli edifici scolastici italiani, con Alessandria, Pisa e Avellino come città pilota e condotto da Ancitel e Sogesid, con appoggio del Cnr per la validazione scientifica dei risultati. Per ottenere un quadro omogeneo e completo di mappatura sul territorio ci si servirà per la prima volta di tecnologie di telerilevamento e droni con telecamere ad alta risoluzione, poiché purtroppo finora molte regioni si sono sottratte all’obbligo di trasmettere dati sulla presenza di amianto nelle scuole (e altri edifici) al Ministero, cosa che dovrebbero fare annualmente. Si contano ben 2400 scuole contaminate dalla sostanza in Italia, con ricadute potenziali su 400.000 persone tra alunni e docenti, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale amianto, resi pubblici ad un convegno del M5S alla Camera. I siti a rischio in totale (oltre alle scuole) sono ben 53.000, con 380 siti particolarmente pericolosi per presenza di amianto friabile, secondo l’Ispra. Tra le malattie che colpiscono migliaia di italiani all’anno a causa dell’amianto c’è il mesotelioma, un tumore al polmone spesso fatale. Servirebbero importanti interventi di bonifica e discariche per l’amianto, ad oggi carenti, e soprattutto una copertura informativa migliore sui siti a rischio.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

La congiura del silenzio dei media americani sul clima

Secondo quanto sostiene uno studio della Ong Mediamatters, negli USA sarebbe avvenuto nel 2016 un deciso calo di informazioni sul mutamento climatico nei maggiori notiziari serali e domenicali di canali come abc, Fox ed Nbc. Il crollo verticale rispetto al 2015 (anno dell’accordo di Parigi) è del 66 % di copertura informativa sul clima e, sommando i minuti dedicati a questo tema da tutte le trasmissioni e i servizi televisivi, si arriva solo a 50 minuti, di cui metà sono merito esclusivo dei tg serali della Cbs. Persino il dibattito dei candidati alla Casa Bianca su questo tema è stato passato quasi totalmente sotto silenzio (con l’eccezione dell’emittente Pbs) e ciò spiega, come dice il Guardian, la confusione degli americani a proposito di esso. Pur essendo alta la preoccupazione e la percezione di pericolo sul clima che cambia, solo la metà degli americani è a conoscenza del fatto che l’attività antropica sia un fattore chiave che innesca il mutamento e che la maggior parte degli scienziati a livello mondiale concordi sul riconoscimento dell’esistenza del cambiamento climatico.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”