Non basta una nevicata

Luca Mercalli, presidente della Società  Meteorologica Italiana, analizza le reazioni alle nevicate e il freddo verificatesi nelle regioni adriatiche dell’Appennino nel gennaio scorso. Il meteorologo mette in guardia dalle analisi estreme che sono state fatte a proposito di questi fenomeni: non bisogna farsi tentare da un futile dibattito tra sostenitori di glaciazioni e sostenitori di tropicalizzazioni perché, se da un lato gli uni tentano di negare il riscaldamento globale, gli altri vorrebbero far credere che si sia trattato di un fenomeno eccezionale. In realtà nessuna di queste affermazioni è veritiera dal momento che un singolo episodio di neve e gelo su una limitata regione non può negare il riscaldamento globale e allo stesso tempo il gennaio 2017 non è stato molto più rigido di tanti altri. Il dato di fatto è che ormai l’atmosfera terrestre si sta riscaldando e gli inverni che abbiamo vissuto negli ultimi tempi sono stati più tiepidi del solito e per questo ci ha colpito l’arrivo del gelo e della neve, fenomeni che una volta erano la normalità. Ma più di tutto, sottolinea Mercalli, ciò che ci colpisce sono le tragedie umane come quella dell’hotel Rigopiano, che sono dovute, più che al gelo e alla neve, ad un cattivo uso del territorio. Dunque è importante focalizzare l’attenzione sul riscaldamento globale a lungo termine e alla buona gestione del territorio e alla pianificazione, senza perdersi in dibattiti inutili.

A cura di M.B.

DA MENSILE COOP ALLEANZA 3.0 EDIZIONE VENETO

 

La red list italiana della biodiversità

Le specie a rischio estinzione in Italia sono comprese tra il 21 e il 25 %, un livello più alto della media globale che è del 19 %. Il report 2015 sullo “Stato della biodiversità in Italia” firmato dal comitato italiano  di IUCN, indica le specie a rischio di estinzione nel nostro paese, basandosi su un campione pari al 3,8 % del totale delle specie. La valutazione è articolata su 3 livelli: vulnerabile, in pericolo e in pericolo critico, sebbene purtroppo siano già stati registrati casi di estinzione.

A cura di M.B.

MENSILE COOP ALLEANZA 3.0 EDIZIONE VENETO

L’esposizione alle polveri sottili aumenta il rischio di demenza

Uno studio della University of Southern California ha messo in correlazione l’abitare in zone inquinate, in particolare da PM₂₅, con la demenza senile; dunque l’essere umano che vive in mezzo all’inquinamento non solo riceve un danno alla propria salute fisica con problemi respiratori, come già ben noto, ma riceve anche un danno alla propria salute mentale. La fascia più colpita sarebbero le donne anziane che vivono in città trafficate ed altamente inquinate, che risultano esposte al rischio di un declino cognitivo di più dell’81 % e un rischio di sviluppare forme di demenza come l’Alzheimer di più del 92 %. L’inquinamento atmosferico, sempre secondo lo studio, potrebbe essere responsabile di più del 21 % di tutti i casi di demenza. Il particolato fine, in grado di concentrare e trattenere gas e vapori tossici prodotti da produzione industriale, riscaldamento domestico e traffico costituisce un’importante insidia per la salute, restando sospeso in aria più a lungo e raggiungendo gli alveoli polmonari e cervello. Nel cervello le particelle di PM₂₅ vengono respinte come invasori e innescano un processo di promozione e aggravamento di patologie come l’Alzheimer, come si è potuto verificare in un esperimento condotto su topi. Importanti università di Cina, Taiwan e Canada hanno studiato campioni di popolazione di varie età, riscontrando un rischio di sviluppare l’Alzheimer maggiore del 138 % se si abita per 10 anni nei pressi di una strada di grande scorrimento. L’Oms raccomanda il mantenimento del livello più basso possibile di PM₂₅ e l’Italia, in recepimento della direttiva europea ha da due anni fissato il limite a 25 µg/m3 .

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

La carestia in Sud Sudan e i profughi in Etiopia

Secondo fonti autorevoli dell’ONU, oggi 100.000 persone in Sud Sudan rischiano la morte a causa della tremenda carestia che ha investito il paese, in cui manca anche l’acqua (in quanto non piove da anni) e dove una guerra civile tribale imperversa da tempo. La popolazione, vedendo morire il proprio bestiame e a seguito i membri delle proprie famiglie (nelle parole di un giovane sudanese:”Nel mio paese non piove da due anni e tutte le capre sono morte. Dopo di loro hanno cominciato a morire i bambini, poi gli anziani. A quel punto con la mia famiglia abbiamo deciso di fuggire verso l’Etiopia”), è emigrata in massa verso la vicina Etiopia, i cui campi profughi accolgono 670.000 persone di cui la metà del Sud Sudan. Tutto il Corno d’Africa è interessato da questa emergenza, la più grave siccità da ben 40 anni, ma è nei campi profughi dell’Etiopia, privi delle più elementari forme di servizi, che la situazione è monitorata e osservata costantemente nella sua drammaticità da organizzazioni come l’Unhcr e dai medici delle ong. La malnutrizione di adulti e soprattutto bambini è una triste realtà quotidiana e sono in molti a non farcela; purtroppo mancano letti, cibo e medicine e secondo l’Unicef sono 10,2 milioni gli etiopi che avrebbero bisogno di cibo. La risposta che finora ha dato la comunità internazionale pare sia molto al di sotto delle necessità.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Il lago Titicaca sta morendo

L’inquinamento ha raggiunto livelli così alti nel grande lago sudamericano che le specie animali autoctone si stanno estinguendo, tanto che vi è una visibile moria di rane, anfibi e pesci, le cui carcasse giacciono sulle coste. Una situazione desolante per gli abitanti dei villaggi che circondano il lago, le quali da millenni (si pensi alla fiorente civiltà degli Inca) sono legate indissolubilmente a questo meraviglioso bacino d’acqua dolce. Il dito è puntato contro il turismo, che con i suoi alberghi, ristoranti e mezzi di trasporto contamina in continuazione il lago, contro le miniere e gli scarichi inadeguati di sostanze nocive provenienti da insediamenti umani. Se si vuole preservare la bellezza e l’incanto di questi luoghi bisognerebbe promuovere perlomeno un turismo sostenibile e un piccolo esempio potrebbe essere quello di non comprare oggetti fatti in serie ma di privilegiare le fatture artigianali.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”