L’innalzamento delle acque dei mari e conseguenze in Italia

La cartina geografica dell’Italia potrebbe cambiare in modo radicale nel giro di un secolo se non si corre ai ripari presto: infatti, col cambiamento climatico in corso e l’innalzamento del livello dei mari, una parte importante dell’Italia costiera sparirà sotto le acque. Il fenomeno riguarderebbe ad esempio l’area costiera tra Trieste e Ravenna e verso l’interno fino a Treviso, che verrebbe sommersa per la bellezza di 5500 km² e il mare si spingerebbe fino a 60 km verso l’interno rispetto ad oggi. Si tratterebbe solo di un esempio tra i tanti purtroppo, in quanto il centro studi ENEA ha stimato che ben 33 aree costiere in tutta Italia potrebbero essere sommerse, da Venezia alla Versilia, dalla foce del Tevere fino a Volturno e la piana di Catania in Sicilia. L’innalzamento delle acque non sarà tuttavia l’unico sconvolgimento per la nostra penisola perché una parte importante la giocherà anche l’inaridimento del suolo e un clima tanto arido e secco da far diventare il Belpaese come il Nord Africa, esposto ad alluvioni invernali e periodi prolungati di siccità, calore e scarsità d’acqua, mentre Nord Europa e Balcani tenderanno a “mediterraneizzarsi”.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

Rapporto ONU sul clima

Secondo un nuovo rapporto delle Nazioni Unite, gli Stati, solo a patto che rispettino gli impegni presi alla Conferenza sul cambiamento climatico di Copenhagen, potranno ridurre le proprie emissioni di almeno il 60 %. Il rapporto coordinato dal Programma ONU per l’Ambiente evidenzia il divario esistente tra i risultati che dovrebbero essere ottenuti entro il 2020 e quanto ci si può realmente aspettare entro quella data. L’Accordo di Copenhagen riflette l’impegno assunto dai paesi entro il 2020, tuttavia a quanto pare non si riuscirebbe comunque a rispettare il limite di due gradi stabilito per il riscaldamento atmosferico. L’IPCC ha infatti evidenziato che occorrerebbe passare dalla riduzione delle emissioni del 25 al 40 % rispetto al 1990 entro il 2020 (tradotto in max.44 giga tonnellate di CO) e dimezzarle entro il 2050. L’Accordo di Copenhagen invece, secondo il rapporto, ridurrebbe potenzialmente solo fino a 49 giga tonnellate di CO, rendendo il livello di ambizione degli Stati ancora inadeguato.

A cura di M.B.

DAL SITO DEL CENTRO REGIONALE DI INFORMAZIONI DELLE NAZIONI UNITE

I gas climalteranti

I gas climalteranti (GHG ovvero GreenHouse Gases) sono i principali responsabili dell’effetto serra e comprendono, oltre alla famigerata anidride carbonica prodotta dall’impiego dei combustibili fossili, anche il metano, prodotto da allevamenti di animali, discariche di rifiuti e coltivazioni di riso, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi e infine esafluoruro di zolfo, tutti prodotti di industrie chimiche e manifatturiere. Se si parla solo di CO, la concentrazione di essa nell’atmosfera è pari a 390 ppm, con ritmo di crescita di 2,5 ppm annue, ma contando anche la presenza di gas serra, si sale a 430 ppm; la soglia per poter limitare l’incremento di temperatura sotto i 2° è di 450 ppm, dunque ci stiamo avvicinando ad essa pericolosamente.

A cura di M.B.

DA “RETECLIMA”

Il 5° Rapporto IPCC

Il 5° Rapporto dell’Intergovernamental Panel on Climatic Change (Ipcc), a cui aderiscono 195 stati internazionali, è stato approvato nel 2014 e successivamente reso pubblico in un documento di sintesi composto da tre volumi e costituisce la più grande e completa analisi scientifica mai realizzata a proposito del cambiamento climatico. Quest’ultimo, come si può dedurre dalla lettura del documento con tanto di grafici, è ormai innegabile e universalmente compreso a livello scientifico; basti pensare che alla redazione del documento hanno partecipato più di 800 scienziati di diversi paesi, sostenuti da 2000 revisori. Il cambiamento climatico è una realtà che si traduce nell’innalzamento delle temperature sia sulla superficie terrestre che nei mari, nella diminuzione di neve e ghiaccio, nell’innalzamento conseguente del livello dei mari e nella concentrazione nell’atmosfera di biossido di carbonio senza precedenti da 800.000 anni. Quest’ultimo dato è un esempio concreto di come la responsabilità antropica sia quella maggiore: gli esseri umani sono responsabili del cambiamento climatico attuale al 95 %. L’unica via d’uscita, secondo il presidente Ipcc è la diminuzione delle emissioni di gas serra del 70 % entro il 2050, che vanno ridotte fino a zero nel 2100, altrimenti non riusciremo a contenere sotto i 2° C l’aumento delle temperature (ci stiamo già avvicinando alla soglia di 450 ppm CO).

A cura di M.B.

DA SITO “RETECLIMA

Emergenza suolo in Italia

La situazione del suolo in Italia è critica, come appare dalla ricerca ambientale Ispra e dagli studi del Cnr, infatti si perdono 7 mq al secondo per colpa della cementificazione. Gli studiosi stimano a livello nazionale una perdita del 20 % dell’area costiera, comprese aree protette e zone a rischio idrogeologico, oltre ad aree fertili che hanno la funzione di assorbimento delle piogge (dunque contenimento di alluvioni) e di stoccaggio di CO. L’impermeabilizzazione del territorio risulta così un danno diretto per la popolazione, che rischia alluvioni e respira aria sempre più inquinata.

In un’ottica di sviluppo sostenibile, afferma la curatrice della ricerca già nominata e disponibile in ebook, Letizia Cremonini, la valutazione economica non dovrebbe occuparsi solo di costi in termini di perdite e guadagni, ma anche in termini di costi ambientali e sociali, infatti la conservazione delle risorse naturali è prerequisito per lo stesso sviluppo economico.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”