L’AUTO A IDROGENO DEL FUTURO

L’auto a emissioni zero del futuro pare proprio sarà quella a idrogeno: grazie ai 10 miliardi di investimenti, negli ultimi 3 anni le fuel cell hanno fatto un grande salto tecnologico, come spiega il presidente della Fondazione H2U The Hydrogen University, arrivando a pesare come un computer portatile, in confronto ai 400 kg delle batterie. Il pieno, che peserà 5-8 kg, assicurerà un’autonomia di 600-800 km. Anche i costi sono previsti al ribasso, ed entro cinque anni il costo sarà competitivo. A sostegno dell’idrogeno c’è una proposta popolare di legge, appoggiata anche da alcuni parlamentari, sulla transizione energetica green, con testo elaborato dalla Fondazione H2U The Hydrogen University, e prevede un finanziamento di 100 milioni di euro per il Piano nazionale idrogeno che punta ad utilizzare picchi di elettricità resi disponibili dalla crescita delle fonti rinnovabili. Tutto ciò per allineare l’Italia alle scommesse già fatte da altri paesi sulle auto a idrogeno: il Giappone capofila con la Toyota, la Corea al secondo posto con Hyundai e per la UE la Germania, con BMW e Daimler.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Ammoniaca motore green?

Il futuro è nella mobilità a emissioni nocive zero, ma ancora oggi il mercato delle macchine elettriche in Italia stenta a decollare (nel 2017 solo 2000 auto elettriche vendute, lo 0,1% del totale) anche a causa dei prezzi. Nell’attesa dell’avvento dell’elettrico dai costi bassi e le batterie ecologicamente smaltibili, si sperimenta ogni possibile nuova fonte energetica che possa far funzionare le nostre macchine senza inquinare l’ambiente. Il biofuel, ad oggi, rimane la più studiata alternativa (in parte carburante in parte costituito da biomasse e coltivazioni mirate), che presenta però un grande problema: sarebbe necessario abbattere aree boschive e aree di agricoltura tradizionale per far spazio alle colture per biofuel, e ciò impatterebbe negativamente sull’ambiente. Un’ulteriore alternativa ci sarebbe: l’ammoniaca, un gas in grado di essere utilizzato anche allo stato liquido grazie a minime alterazioni; se la sua molecola viene colpita da laser, i legami tra azoto e idrogeno si spezzano e l’idrogeno può fare da propulsore per i veicoli. L’emissione residua è costituita da vapori acquei, che costituiscono l’80% dell’aria. Insomma una sintesi chimica in futuro potrebbe essere la soluzione ai nostri interrogativi sui trasporti green.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Fotovoltaico domestico in crescita in Italia

Il numero di impianti rinnovabili in Italia non raggiunge lontanamente gli obiettivi UE sulla CO2, ma in compenso, nonostante la frenata dell’eolico e del fotovoltaico in generale (in agricoltura, industria e terziario), si registra un aumento di impianti di autoproduzione energetica in case private. Sono piccoli impianti, la cui diffusione è in controtendenza rispetto al resto del fotovoltaico: nel 2017 è stata infatti registrata una crescita del 10% (89 megawatt). Nel 2017, dei 774.014 impianti fotovoltaici installati in Italia, ben l’81% è stato installato nelle case, mentre la maggior potenza è relativa al settore industriale. I 24,4 terawatt ora che l’Italia ha prodotto nel 2017 nel fotovoltaico, sono ancora insufficienti per sostituire gli impianti produttivi a combustibili fossili, ma l’autoconsumo è decisamente la nuova frontiera, costituendo il 58% della nuova potenza installata nel 2018.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

“Intersolar Europe” a Monaco di Baviera

“Intersolar Europe” è il più grande salone europeo dedicato all’energia solare ed è il luogo ideale per discutere il futuro del fotovoltaico: l’idea del salone è stata realizzata all’indomani della decisione europea di portare le rinnovabili al 32% del consumo energetico entro il 2030, un target ancora inadeguato secondo Greenpeace, ma gli incentivi per l’installazione di pannelli solari potrebbero portare delle sorprese. REC Group, azienda più grande d’Europa di moduli solari con sede in Norvegia, sostiene che per raggiungere gli obiettivi di Parigi servirebbe una quantità di installazioni di pannelli solari pari a nove volte la cifra stimata entro il 2025 e raddoppiare rispetto al 2017. La crescita nel mercato europeo nel 2017 è stata del 28% mentre nel 2019 si arriverà presumibilmente a 16 GW (+45%). L’anno prossimo si prevede un aumento medio del 42% in Europa, mentre a livello mondiale la partita si giocherà soprattutto in estremo Oriente, mentre nuove strade si aprono in Sudamerica, Australia e Medio Oriente. L’estremo oriente, tra Cina, Giappone e India, è responsabile del 70% degli investimenti in solare. Pechino vende tre quarti dei pannelli solari a livello globale e gli USA, nonostante il ritiro dagli accordi, sono anch’essi in corsa. Il fotovoltaico ha anche prezzi più abbordabili grazie alla maggiore offerta: in Germania si è scesi sotto i 4 centesimi per kWh e in Arabia Saudita, Cile e Perù sotto i 2,5 centesimi. Si stima che i costi di produzione del fotovoltaico saranno dimezzati entro il 2020 e i prototipi di celle solari sono sempre più efficienti. Per contrastare la Cina, l’europea REC promette una tecnologia sempre più sofisticata e di qualità per riqualificare anche vecchi edifici. In Italia abbiamo già raggiunto l’obiettivo UE fissato per il 2020, e il 24% delle rinnovabili sono costituite dal solare. La vera svolta per i paesi del sud dell’Europa potrebbe essere costituito dall’esportazione di energia pulita (anziché continuare a importare carbone fossile). I sistemi a inseguimento (pannelli che ruotano come girasoli su bracci meccanici) permettono di risparmiare costi di manutenzione ed energia massimizzando l’esposizione e sono stimati in crescita del 32% e sono usate da colossi come la Array e la Sterling & Wilson. Dal 2010 il costo del fotovoltaico si è ridotto del 73%, rendendo molto più economico acquistare kWh che non carbone fossile, rendendo potenzialmente disponibile l’energia per quella fetta di popolazione mondiale che non ne possiede. Gli impianti più vecchi possono potenzialmente essere recuperati in alcune componenti (c’è comunque il problema dello smaltimento dei metalli pesanti presenti come il cadmio) e non necessitano di infrastrutture a rete (possono essere realizzati ovunque in tempi ragionevoli). Anche la e-mobility è un aspetto importante del settore solare: la cinese Hanergy è un colosso che produce pareti e superfici stradali in grado di ricaricare dispositivi mobili come la loro auto “Hanergy Solar” che ha un’autonomia di 80 km e si può ricaricare mentre si guida. Accessori, condizionatori, tettucci, radio, tutto alimentato dal sole. Esistono persino le “barche solari” come la “Dream” ecuadoriana che naviga il Rio delle Amazzoni e uno yacht cinese inaugurato nel 2017 sul lago Dongting. Il colosso cinese Hanergy ha persino progettato un aereo a pilotaggio remoto e moduli da applicare su satelliti spaziali, superando alla grande il problema, molto sentito ad esempio in Italia, dell’assenza di colonnine di ricarica. Infatti da noi le auto elettriche costituiscono solo lo 0,3% delle vendite del settore automobilistico. Il neo ministro dell’ambiente Sergio Costa ha annunciato che saranno stanziati fondi per fornire di nuovi autobus elettrici le città italiane con la maggiore concentrazione di polveri sottili, mentre altrove in Europa il mercato è decisamente in ascesa, con molti taxi elettrici e stazioni di ricarica alimentate da rete eolica. In futuro le auto elettriche saranno prevedibilmente un ottimo sistema di stoccaggio e restituzione di energia alle abitazioni, con tempi sempre più contenuti per la ricarica e ottimizzazione dei flussi per non incorrere in picchi energetici.

DA “La Stampa”

A cura di M.B.

 

Calano investimenti nelle rinnovabili

Gli investimenti sulle rinnovabili a livello mondiale sono calati del 7% nel 2017, mentre risalgono quelli per il gas naturale. I dati provengono dall’Agenzia Internazionale per l’Energia, che attribuisce tutto ciò al calo degli investimenti di Pechino nel fotovoltaico (la Cina rappresenta il 40% degli investimenti in solare). C’è un calo anche negli investimenti per l’efficienza energetica. Il risultato è che il carbone fossile rappresenta il 59% del mix energetico internazionale, che dovrebbe scendere al 40% nel 2030, dunque un dato fortemente negativo per il progetto di transizione alle energie pulite.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.