Accordo Ue: entro il 2030 consumi di rinnovabili al 32% del totale

Nuovi obiettivi nella corsa verso le rinnovabili sono stati fissati da Parlamento, Commissione e Consiglio Europeo, che hanno dato il via libera alle otto proposte legislative del pacchetto Energia Pulita, approvato nel 2016. Finora solo la direttiva sul rendimento energetico dell’edilizia è stato adottato. Ora si è passati, con i nuovi obiettivi, dal 20 al 32% di produzione di energie rinnovabili, al sostegno all’autoconsumo da parte dei singoli cittadini e allo stop all’utilizzo dell’olio di palma nei biocarburanti. L’UE si adegua e vuole dare una spinta decisa alla transizione energetica dagli idrocarburi al fotovoltaico e all’eolico; oltre a ciò la UE ha deciso di sostenere l’autoproduzione di energia fotovoltaica dei piccoli impianti domestici, connessi con le reti locali e di accumulo. Non solo ci saranno agevolazioni economiche, ma anche uno snellimento delle procedure amministrative. I target sono stati rivisti al rialzo, cosa che, si legge in una nota della Commissione, porterà l’Europa a diventare leader globale nella lotta al cambiamento climatico. Purtroppo la realtà è lontana dalle previsioni ottimistiche e le belle parole della Commissione UE: nel documento infatti non si fa alcun cenno all’uscita dal carbone (importante quanto l’implementazione delle rinnovabili) a causa della resistenza di Germania e Polonia in particolare, la cui economia si basa molto ancora su di esso. Inoltre la spinta alle rinnovabili è data dai paesi asiatici per ora, con la Cina in testa.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Obiettivo taglio CO2: la Germania si arrende

Nel rapporto annuale sul clima 2017, firmato dal gabinetto della Merkel, si legge che la Germania non sarà in grado di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2020 come previsto. In altre parole la programmata riduzione del 40% di emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990 si fermerà in realtà al 32%. Il deficit si tradurrà in 100 milioni di tonnellate di C02 emesse ogni anno in atmosfera. Secondo il ministro dell’Ambiente tedesco, la Germania intende colmare il deficit con l’introduzione di auto elettriche e le rinnovabili, ma l’affermazione resta generica. Certo i punti deboli sono stati individuati: una sovrastima della CO2 che verrebbe risparmiata, l’aumento demografico e la crescita economica, ma soprattutto la faticosa uscita dal carbone. In Germania, eolico e fotovoltaico hanno avuto un’importante fase di espansione, ma essendo ancora debole il settore idroelettrico, l’utilizzo della superinquinante lignite è ad un quarto del totale del mix energetico nazionale. Inoltre sia i socialdemocratici Spd che i cristianodemocratici Cdu-Csu non vogliono intaccare la situazione occupazionale delle miniere della Rurh.

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A cura di M.B.

 

I dati sul Polo Sud che si squaglia

L’Antartide sta perdendo pezzi ad una rapidità impressionante, come un ghiacciolo al sole; su Nature è stato pubblicato uno studio basato sui dati forniti da 24 satelliti, che ci dice che dal 1992 al 2017 si sono sciolte 3mila miliardi di tonnellate di ghiaccio e il mare è salito di 8 millimetri. Inoltre si osserva che negli ultimi cinque anni c’è stato un rapido aumento dello scioglimento dei ghiacci (e confrontando il 1992 col 2012 il ghiaccio perduto in un anno è stato il triplo nel 2012!). 88 scienziati di ben 44 università nel mondo hanno contribuito a fornire questi dati allarmanti, poiché l’Antartide contiene il 90% delle riserve di acqua dolce della Terra, e se dovesse sciogliersi completamente il mare si innalzerebbe di 58 metri. La situazione si aggrava di anno in anno nella parte occidentale del continente bianco, dove l’acqua tiepida erode la banchisa, e così fa venir meno la funzione di tappo, di contenimento al ghiaccio sulla terraferma che inesorabilmente scivola ora verso il mare. La parte orientale finora è stabile (nel 2012 addirittura in leggero aumento). Il mare per ora si è innalzato di 20 cm in un secolo, e i fattori sono molteplici: i ghiacciai montani, i ghiacciai della Groenlandia che si sciolgono (oltre a quelli dell’Antartide) e il riscaldamento che fa espandere gli oceani. Lo studio sostiene che a fine secolo si potrebbe registrare un aumento dai 30 cm al metro, cosa che basterebbe a far finire sott’acqua le isole del Pacifico, l’Olanda e minacciare città come NY e Shanghai. Il Polo Sud potrebbe contribuire con 15 cm in tutto questo, rendendolo un vero e proprio gigante addormentato in procinto di risvegliarsi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

In Africa i baobab stanno scomparendo

I giganti millenari della savana africana stanno subendo una moria da almeno 12 anni, le cui cause sono ancora da chiarire. L’allarme è stato lanciato da un team di ricerca internazionale che ha pubblicato la propria ricerca su Nature Plants. La ricerca nasceva per studiare le caratteristiche dei baobab, che sono una delle specie più longeve tra le angiosperme (possono vivere oltre i 2000 anni, raggiungendo un’altezza di 25 m e una larghezza di 10): in 12 anni i ricercatori hanno mappato i tronchi di 60 degli esemplari più vecchi deceduti e hanno scoperto che dal singolo fusto che hanno alla nascita, possono sviluppare poi vari tronchi che poi si fondono nell’ammasso di legno che osserviamo negli esemplari più vecchi. Un processo di formazione e sviluppo complesso e raro. La ricerca però ha scoperto anche che in 12 anni, 13 dei baobab più vecchi e 5-6 dei più imponenti hanno subito delle alterazioni come il disseccamento e lo sgretolamento della parte più antica del proprio fusto, cosa non dovuta ad epidemie oppure altre cause conosciute. Si ipotizza che sia il cambiamento climatico stesso ad indebolire queste piante millenarie.

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A cura di M.B.

L’appello del Papa ai dirigenti delle multinazionali di petrolio e gas

E’ dall’inizio del suo pontificato che Papa Francesco ha espresso preoccupazione per la sorte del nostro pianeta a causa dell’inquinamento causato dall’uomo, e stavolta chiama in causa i dirigenti delle multinazionali di petrolio e gas invitandoli ad un simposio nella Città del Vaticano. Nonostante l’Accordo di Parigi (con ben 196 paesi firmatari), ci si ostina ancora a cercare fonti di combustibili fossili distruggendo così il nostro pianeta con emissioni di gas serra. Questo è il motivo per cui il Papa ha deciso di riunire non solo scienziati e ricercatori, ma anche i vertici delle multinazionali per discutere di una necessaria transizione ad energie pulite. La ricerca di alternative è oggi imperativa ed è per questo che gli amministratori delegati di Exxon Mobil, BP, Royal Dutch Shell, Eni, Pemex ed Equinor si sono incontrati col Papa e grandi investitori come BlackRock e L1 Energy nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Il pontefice sostiene con determinazione la causa ambientale, asserendo che lo sfruttamento delle risorse non deve più causare il degrado del nostro pianeta, con squilibri che inevitabilmente si abbattono su fauna ed esseri umani attraverso l’inquinamento di aria, acqua e suolo. La nostra “sete” di energia non deve più causare diseguaglianze ne’ danneggiare delicati ecosistemi; il progresso non può più basarsi sulla miseria e l’esclusione sociale dei tanti a beneficio di pochi, e nemmeno sull’avvelenamento delle acque e dell’aria che respiriamo. Il Papa aggiunge che dobbiamo essere consapevoli del fatto che le risorse non sono illimitate e che i danni causati dal nostro uso scriteriato di esse non sono facilmente assorbibili. Il prezzo da pagare è troppo alto, in termini di vite umane e non, dunque bisogna al più presto individuare una strategia globale a lungo termine per una transizione alle energie pulite e accessibili a tutti, perché il cambiamento climatico e l’inquinamento sono problemi che riguardano ognuno di noi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.