Trivellazioni nell’Artico: respinto il ricorso degli ecologisti in Norvegia

Le Ong ecologiste e Greenpeace, le quali si erano appellate alla giustizia norvegese contro le trivellazioni nel mare Artico, hanno subito una pesante sconfitta contro le compagnie petrolifere, che potranno continuare indisturbate le loro attività, appoggiate dal governo populista conservatore di Erna Solberg. La giustizia norvegese ha ritenuto le trivellazioni legittime e non in contrasto con l’accordo di Parigi; ora le ong ecologiste si troveranno a dover pagare 60 mila euro di spese legali, il prezzo per essersi messe contro le potenti compagnie petrolifere Statoil (norvegese), Chevron e ConocoPhillips (americane) e Lukoil (russa). La Norvegia si crede immune da critiche in quanto sostiene, attraverso la giustizia e i ministri del governo, di fare già abbastanza per la lotta all’inquinamento e alle emissioni (guardando il loro orticello avrebbero certo ragione, ma non è quello il senso dell’accordo di Parigi), in quanto il loro petrolio (di cui sono i primi produttori in Europa) in realtà verrebbe consumato e bruciato in altri paesi. A noi i soldi (nel 2016 hanno guadagnato 37 miliardi e 400 milioni), a voi la colpa del cambiamento climatico, questo è l’atteggiamento del paese più ricco d’Europa; la Norvegia non è poi così virtuosa come vorrebbe far credere e gli ecologisti hanno giustamente annunciato battaglia in appello.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

L’ondata di gelo che sferza l’America

L’East Coast americana, da nord a sud, sarà interessata in questi giorni da venti gelidi e neve, tanto che le autorità hanno deciso per la chiusura di attività pubbliche e scuole. La chiamano “bomb cyclone” perché crea un repentino abbassamento delle temperature, un calo di pressione “esplosivo” causato dall’incontro della massa d’aria calda dal Golfo del Messico e quella fredda proveniente da nord ovest. La massa ciclonica ora si sta dirigendo verso nord, e ha già colpito con neve e gelo New York, mentre in Maine e Rhode Island sono previste temperature polari. In Florida e negli stati del sud la neve non si vedeva da parecchi anni; le autorità locali hanno messo in guardia la popolazione sulla possibilità di estesi blackout e hanno raccomandato di spostarsi solo se strettamente necessario. La maggior parte dei voli sugli aeroporti di New York è stata cancellata (fino a 90% dei voli su “La Guardia”).

 

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

L’energia pulita cresce sempre di più negli USA nonostante Trump

Se da un lato il presidente Trump ed il suo staff hanno ritirato gli USA dagli accordi di Parigi ed isolato il paese, formalmente non più impegnato nella lotta al cambiamento climatico, dall’altro i singoli stati e persino le singole città americane stanno lavorando sempre più nella direzione della “green economy”. Mentre il presidente rispolvera la più antica accusa alle energie pulite, ovvero quella di essere troppo costose, le alternative energetiche “green” come ad esempio i pannelli fotovoltaici, stanno diventando rapidamente l’opzione più economica (il prezzo è sceso del 70% dal 2010 secondo l’International Energy Agency). Inoltre le agevolazioni fiscali sulle rinnovabili, risalenti all’era pre-Trump, sono sopravvissute. La tecnologia digitale rende sempre più efficiente, pulito ed avanzato il mercato dell’energia elettrica e delle batterie (ed anche in questo caso si registra una diminuzione dei prezzi). Nonostante i tentativi fatti da Trump per rilanciare l’industria del carbone, più della metà delle centrali negli USA sono chiuse dal 2010 e, secondo Carbon Tracker (think tank con base in Inghilterra), nel futuro non converrà più continuare a mantenere le rimanenti centrali a carbone, ma sarà meno costoso installare nuove centrali di gas naturale e rinnovabili. Stessa situazione in Europa, Cina e Australia, con crolli di utilizzo del carbone dal 40% al 2% nel settore dell’energia elettrica in UK. Il crollo verticale del carbone fossile sembra essere davvero inesorabile, mentre le energie rinnovabili hanno registrato un boom straordinario. Non si tratta di un trend temporaneo, ma di una vera e propria ascesa che sostituirà completamente negli anni a venire il carbone fossile, “catturando” tre quarti degli investimenti a livello globale.  Il cambiamento sta seguendo un ritmo molto più serrato del previsto grazie alle tecnologie digitali nel campo del solare ed eolico (ad esempio), ed entro il 2040 l’utilizzo di energie alternative raggiungerà un’ampia diffusione. I dati provenienti da più fonti autorevoli, sia governative che indipendenti, non fanno altro che ribadire come non sia possibile far tornare indietro le lancette del progresso, nemmeno se a volerlo è il presidente degli USA.

 

DA “INSIDECLIMATENEWS.ORG”

A cura di M.B.

In Giappone se si compra l’auto elettrica il solare è in omaggio

L’azienda produttrice di auto Nissan ha trovato una strategia per spingere le vendite della sua vettura 100% elettrica Leaf in Giappone: ha infatti lanciato una promozione (denominata “elettricità personale”) che prevede per ogni acquirente la possibilità di farsi installare gratis a casa i pannelli fotovoltaici per produrre l’energia necessaria alle batterie dell’auto. La promozione è in collaborazione con la Ecosystem Japan, azienda fornitrice di elettricità e specializzata in pannelli fotovoltaici. L’offerta sarà valida fino a marzo 2018 e il piano è di durata ventennale, con due opzioni: ricarica diurna utilizzando i pannelli solari e ricarica notturna, sfruttando la disponibilità di elettricità a basso costo legata alla minore domanda. Per la durata del contratto i costi di installazione e manutenzione saranno a carico della Ecosystem Japan, mentre allo scadere l’onere passerà al cliente.

 

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

L’inquinamento atmosferico è dannoso anche a piccole dosi

Uno studio pubblicato sul Journal of American Medical Association ha appurato che non è necessaria una lunga esposizione a gas inquinanti per danneggiare la propria salute: le particelle fini emesse dalle automobili (PM 2,5) e l’ozono, possono essere nocivi e causare persino morti premature anche con brevi periodi di esposizione. Lo studio è stato condotto negli USA su un campione di 22 milioni di cittadini over 65 assicurati con Medicare, e copre un lasso di tempo di 13 anni. Attraverso calcoli matematici e incroci di dati tra mortalità e concentrazione di inquinanti (PM 2,5 e ozono) è emerso che ogni piccolo incremento giornaliero di inquinanti emessi è associato ad un incremento statisticamente significativo di rischio di mortalità sulla popolazione. Tale rischio di mortalità non solo aumenta a breve termine, ma si collega anche a livelli di inquinamento relativamente bassi rispetto ai parametri nazionali, che dunque andrebbero rivisti.

 

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.