Stiamo perdendo il Lago Baikal a causa della siccità e dell’inquinamento

Il lago Baikal, nella remota Siberia, era noto per essere uno dei laghi più puri ed incontaminati del mondo; lago profondissimo, custodiva un quinto dell’acqua dolce a livello mondiale e ospitava una straordinaria biodiversità con oltre 3700 specie animali e vegetali attestate nell’intera area. Tuttavia oggi sta soffrendo molto: l’inquinamento è ai massimi livelli mai raggiunti a causa delle industrie operanti nella regione, i pesci sono sempre meno presenti e il turismo sta devastando con il suo carico di sporcizia e inciviltà un patrimonio meraviglioso. Le alghe invasive inoltre stanno ricoprendo i fondali, soffocando e uccidendo le spugne fondamentali per la biofiltrazione (si è ipotizzato che una concausa della morte delle spugne sia la presenza di metano nelle acque). Vladimir Putin stesso si era occupato della questione, facendo ripulire le coste del lago dagli inquinanti, cosa che purtroppo non è bastata in quanto essi sono presenti nello specchio d’acqua stesso, che è lungo 650 km, largo tra i 20 e gli 80 e profondo uno e mezzo. Il lago è protetto dal 1996 dall’Unesco e ad ottobre il governo ha vietato la pesca dell’omul, un salmone pregiato presente solo nel Baikal, che negli ultimi anni ha visto un declino impressionante nel numero di esemplari. Tutto ciò è indubbiamente causato da inquinamento e siccità, che ha causato forte stress negli animali e nell’intero equilibrio del lago. La popolazione locale basa il proprio sostentamento sulla pesca e le cose stanno andando di male in peggio. Le acque reflue sono un problema fuori controllo in Siberia in quanto vengono sversati detersivi con fosfati nelle acque del Baikal, che favoriscono la proliferazione delle alghe killer, sinonimo di sterminio per molte specie lacustri. Bisogna agire in fretta, prima che sia tardi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

Il Po al tempo della siccità

Il fiume più lungo d’Italia in alcuni tratti ormai sembra solo un rigagnolo e i suoi affluenti sono totalmente prosciugati (ridotti a pietraie erbose) e la situazione nel Piemonte occidentale e meridionale è critica, con un deficit pluviometrico del 37 %. Sono stati 30 ormai i giorni passati senza pioggia, superati in tempi recenti solo nel 1997 (32 giorni) e nel 2011 (36 giorni). Senza arrivare alla siccità estrema registrata nel 1921 (54 giorni), il Piemonte, una regione tradizionalmente ricca d’acqua, si ritrova a fare i conti con la sete, esasperata dallo smog.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

A lezione sul Monte Bianco per osservare il cambiamento climatico

Nella cornice della Val Veny, ai piedi del Monte Bianco, si terrà un vero e proprio viaggio didattico rivolto a professori di medie e scuole superiori, svolto da esperti glaciologi e geologi, che spiegheranno, tra teoria e osservazioni pratiche privilegiate, lo scioglimento dei ghiacciai come fenomeno in espansione a causa del cambiamento climatico.

Purtroppo la situazione sull’arco alpino occidentale è davvero drammatica: un rifugio in Val Veny quest’estate è stato chiuso per mancanza di acqua e ormai fiumi glaciali e ghiacciai stanno lasciando il posto alla nuda roccia; è quasi superfluo aggiungere che le escursioni alpinistiche si sono fermate completamente per pericolo. Gli effetti climatici sulle Alpi sono devastanti e se il riscaldamento globale ha portato all’aumento di 0,8 gradi in un secolo, sull’arco alpino l’aumento è stato di ben 2 gradi (nell’Artico 3). Sappiamo ormai da qualche tempo che gli obiettivi fissati a Parigi sono pura utopia.

Il programma, approvato dal ministero e denominato “Ghiaccio fragile”, è curato dal dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Siena e sostenuto dal Museo nazionale della montagna di Torino oltre che dall’Iren di Reggio Emilia e la casa editrice Zanichelli.

Il coinvolgimento nel programma di docenti delle scuole agevola la divulgazione della riflessione sui cambiamenti climatici anche presso i giovanissimi, i quali potranno giovarsi di una maggiore consapevolezza che li metterà nelle condizioni di fare scelte migliori nei confronti dell’ambiente anche nella vita di tutti i giorni. L’interesse dimostrato per il progetto è già di per sé un grande successo: sono state talmente tante le adesioni che alcune persone non hanno potuto essere coinvolte, ma certamente, spiegano gli organizzatori, attraverso le nuove tecnologie ci sarà la possibilità per tutti di seguire passo a passo l’itinerario e i discorsi tenuti dagli esperti che saranno opportunamente registrati.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Cresce l’allarme acqua in Italia

La situazione delle risorse idriche in Italia è disastroso: i consumi aumentano, i cambiamenti climatici esasperano la cattiva gestione delle nostre risorse. L’Italia è decisamente indietro sul sesto obiettivo previsto dall’Agenda 2030; i dati dell’Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) sono chiari e molto negativi per il nostro paese. Ogni giorno l’Italia spreca risorse idriche che basterebbero per circa 10 milioni di persone (il 38% circa dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione) e ben 10 regioni sono in emergenza idrica (Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Marche, Lazio, Molise, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna). La cattiva gestione impedisce alla disponibilità d’acqua teorica di coincidere con quella pratica: deflussi irregolari e carenza di infrastrutture adeguate sono i maggiori problemi. Il 70% dell’acqua è utilizzato solo per l’agricoltura.

L’UE ha aperto a carico dell’Italia procedure di infrazione delle norme comunitarie sulla depurazione delle acque, mentre in senato è in via di approvazione un disegno di legge sulla gestione delle acque. Purtroppo la situazione è nel frattempo peggiorata in quanto gli italiani bevono acqua di rubinetto di qualità bassa a causa degli inquinanti, le acque costiere sono sempre più inquinate, i ghiacciai si stanno fondendo con conseguente dispersione di acqua e il settore pubblico è sempre meno presente nelle opere di sanitizzazione delle acque.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Himalaya: addio ghiacciai

econdo uno studio presentato sulla rivista Nature, il 65 % dell’acqua trattenuta nei ghiacciai himalayani potrebbe sparire entro il 2100 a causa dell’aumento delle temperature; anche se si dovessero mettere in atto immediatamente gli accordi di Parigi, un decimo dei ghiacciai è destinato a dileguarsi. Lo studio dell’Università di Utrecht ha analizzato con simulazioni al computer basate su dati satellitari e climatici un campione di 30.000 ghiacciai al fine di prevederne lo scioglimento nel corso del ventunesimo secolo (simulando prima una situazione in cui la temperatura resta contenuta entro i due gradi e poi uno scenario in cui la temperatura continua ad aumentare ai ritmi attuali). Nello scenario migliore (quello degli obiettivi di Parigi), un ghiacciaio su tre sarà perduto, mentre nello scenario peggiore, con sei gradi in più, si arriverebbe al 65 % di ghiacciai disciolti.

Tutto questo significherebbe il disastro per le popolazioni dei bacini del Gange e del Brahmaputra, che dipendono dall’acqua di scioglimento dei ghiacciai per le irrigazioni delle colture, per l’acqua potabile e le sorgenti idroelettriche. Le regioni aride sud-occidentali sarebbero quelle più colpite (per intenderci la zona della valle dell’Indo). Gli scienziati dunque rinnovano il loro appello a muoversi velocemente verso misure che almeno limitino i danni che comunque, in “minima” parte saranno inevitabili. Lo scioglimento dei ghiacciai non è solo una questione paesaggistica, è una questione di sussistenza.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.