L’Antartide è veramente così solido?

L’Antartide è un sorvegliato speciale tra i continenti a causa della fusione dei suoi ghiacci, uno dei fattori dell’innalzamento del livello dei mari insieme alla dilatazione termica delle acque, tuttavia finora si pensava che la parte più vulnerabile di esso fosse la sua penisola occidentale mentre il resto del continente fosse molto solido. Un recente studio dell’Università della Tasmania, svolto da Stephen Rintoul e un team di colleghi e recentemente pubblicato su “Science Advances”, ha messo in luce delle nuove criticità prendendo ad esempio il ghiacciaio Totten, esaminato sistematicamente con l’ausilio di dati satellitari. Tutti i ghiacciai antartici, compreso il Totten, hanno una calotta a contatto con le acque dell’Oceano Antartico che funge da tappo al ghiaccio sul continente, che in caso di instabilità, impedisce loro di cadere in mare. Finora si era pensato che l’aria e soprattutto l’acqua riscaldata dall’aumento delle temperature non riuscissero a raggiungere questo strato profondo; lo studio invece sostiene che l’acqua (relativamente) calda si insinui formando cavità nella stessa calotta minando la stabilità dell’intero ghiacciaio che cadrebbe interamente in mare, con repentine e devastanti conseguenze sull’innalzamento delle acque. Questo studio, abbinato ad altri che analizzano simili fenomeni in Groenlandia, potrebbe farci rivalutare il livello di rischio costituito dall’innalzamento del livello del mare.

A cura di M.B.

DA “LE SCIENZE”

Oltre un terzo dell’acqua viene sprecato in Italia

In Italia un bene prezioso come l’acqua viene perso fino a un terzo nei meandri dei suoi acquisti e in particolare nel 2015 uno studio dell’Ispra che comprende l’analisi di 116 capoluoghi di provincia ha accertato che lo spreco medio dell’acqua immessa in rete è del 35,4 % mentre in alcuni luoghi raggiunge addirittura il 76 %.

Al centro-sud sono registrate le situazioni peggiori, come a Frosinone e Cosenza, mentre le perdite minori si registrano a Macerata, Mantova e Udine. Nella nostra capitale, per fare un esempio pratico, si perdono 196 litri d’acqua a persona al giorno, mentre a Milano poco più di 55 litri. I consumi invece vanno in direzione esattamente contraria, con Milano e dintorni con consumi fino a 230 litri al giorno per abitante e Vibo Valentia con 98. La diminuzione dei consumi passa per una maggiore consapevolezza dell’utilizzo dell’acqua, a un migliore funzionamento degli elettrodomestici e l’uso del riduttore di flusso nei rubinetti, mentre le situazioni di spreco portano ad un aumento del prelievo d’acqua alla fonte con conseguente impoverimento di quest’ultima e disservizi cronici che causano spesso anche problemi sanitari per l’infiltrazione di detriti e liquami nelle condutture non funzionanti. Un altro problema delle acque sia superficiali che sotterranee sono i pesticidi e le miscele di sostanze presenti nella composizione: su 54 centri abitati analizzati, 26 sono quelli in cui sono presenti sostanze in concentrazione superiore al livello consentito e si tratta spesso di città medio-grandi della Lombardia e della Toscana. Le sostanze incriminate ricorrenti sono l’insetticida imidacloprid e il glifosato.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Il lago Titicaca sta morendo

L’inquinamento ha raggiunto livelli così alti nel grande lago sudamericano che le specie animali autoctone si stanno estinguendo, tanto che vi è una visibile moria di rane, anfibi e pesci, le cui carcasse giacciono sulle coste. Una situazione desolante per gli abitanti dei villaggi che circondano il lago, le quali da millenni (si pensi alla fiorente civiltà degli Inca) sono legate indissolubilmente a questo meraviglioso bacino d’acqua dolce. Il dito è puntato contro il turismo, che con i suoi alberghi, ristoranti e mezzi di trasporto contamina in continuazione il lago, contro le miniere e gli scarichi inadeguati di sostanze nocive provenienti da insediamenti umani. Se si vuole preservare la bellezza e l’incanto di questi luoghi bisognerebbe promuovere perlomeno un turismo sostenibile e un piccolo esempio potrebbe essere quello di non comprare oggetti fatti in serie ma di privilegiare le fatture artigianali.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

Papa Francesco sulla guerra mondiale per l’acqua

Papa Francesco è recentemente intervenuto al convegno organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze sociali sul tema del diritto all’acqua, esprimendo il suo timore che la contesa per l’acqua potrebbe portare ad una terza guerra mondiale. Il pensiero del Papa è rivolto in particolare ai milioni di adulti e bambini che non hanno acqua potabile disponibile, coloro ai quali è negato questo diritto che dovrebbe essere universalmente riconosciuto mettendo da parte gli egoismi. Nel “Laudato si”, il pontefice aveva già parlato dell’acqua come principio di tutte le cose ed elemento fondamentale della vita, citando passi della Genesi e del Cantico delle Creature, per sottolineare quanto sia importante per il progredire della nostra società nel complesso. L’acqua dev’essere pura, non contaminata. Non solo dovremmo avere tutti il diritto di usufruirne, ma tutti dovremmo impegnarci a renderla pulita e potabile; gli stati devono fare in modo di attuare una politica responsabile riguardo ad entrambi questi aspetti. Secondo Papa Francesco il rispetto per gli altri esseri umani passa necessariamente attraverso il rispetto della natura e va promossa una “cultura della cura”, ovvero la condivisione responsabile di un bene (in questo caso l’acqua). La “cultura della cura” deve coinvolgere politici, scienziati, imprenditori e gente comune per rendere la nostra “casa” più abitabile, sicura ed equa, senza escludere nessuno.

I temi affrontati nel convegno sono stati molteplici: l’alterazione del ciclo dell’acqua nel pianeta, la contaminazione delle acque, il grave e devastante effetto della deforestazione sull’acqua, la conseguente scarsezza dell’acqua, la crescente difficoltà dei poveri ad avere accesso all’acqua e in particolare all’acqua potabile.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Sci solo oltre quota 2500 sulle Alpi in futuro

Il turismo invernale sulle Alpi potrebbe subire in un futuro non troppo remoto una dura battuta d’arresto a causa del riscaldamento globale: la neve è infatti diminuita di molto, specialmente entro i 1200 m di altitudine, dove si concentra un quarto degli impianti sciistici. Entro la fine del secolo, se non saranno messe in atto le misure di contenimento del riscaldamento previste dall’accordo di Parigi, le Alpi potrebbero perdere fino al 70 % di neve, con un impatto devastante sul piano paesaggistico e turistico (danno che sarebbe ridotto del 30 % in caso contrario). La stagione sciistica sarebbe ritardata di circa un mese e gli sciatori dovrebbero recarsi fino ad oltre 2500 m per godersi la neve (ridotta tuttavia del 40 % anche lì, pensiamo a località come il Cervino o Chamonix). Il fenomeno è già pienamente in atto nelle Alpi svizzere con stagioni natalizie che da tre anni portano poche nevicate e un’aridità mai riscontrata in 150 anni.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”