L’ultimo nord

Le Isole Svalbard in Norvegia sono interessate ultimamente da un impressionante aumento delle temperature, addirittura fino a dieci gradi, e mentre gli esseri umani ne traggono un effimero beneficio nelle condizioni di vita, un intero ecosistema sta entrando in crisi.

Kim Holmen, direttore del Norwegian Polar Institute di Longyearbyen, spiega come la stagione più calda si sia allungata, con la neve che scompare settimane prima del previsto e con ghiacciai che regrediscono di mezzo metro l’anno. Non si fa altro che registrare temperature record da ben 73 mesi e le conseguenze si sono puntualmente palesate: già una specie di merluzzo è scomparsa e la popolazione delle renne è decimata a causa dell’alternarsi di pioggia e freddo intenso che congela gli arbusti di cui si nutrono. Gli esseri umani non se la passano molto meglio; si sono verificate infatti slavine che hanno distrutto un quartiere di Longyearbyen e gli orsi polari che una volta si tenevano alla larga dai luoghi abitati, ora hanno trovato rifugio (a causa delle alte temperature) presso un ghiacciaio presente non lontano dalla cittadina. Balene, narvali e orsi bianchi sono solo alcune delle specie minacciate dall’effetto del cambiamento del clima che, nell’Artico, è amplificato con conseguenze devastanti.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Lo scioglimento della neve sulle Alpi

Il rapporto stilato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente uscito di recente segnala una situazione di criticità per quanto riguarda l’arco alpino, in particolare il versante italiano. La neve gradualmente sta sparendo dai paesaggi alpini, sostituita da inverni piovosi che creeranno una sorta di fanghiglia, che aumenterà il rischio slavine. Questo brusco cambiamento climatico, che nelle Alpi danneggerà turismo ed altre attività economiche, è il frutto di un’inesorabile aumento delle temperature, che se nell’emisfero settentrionale è di un grado, sulle Alpi è di ben due gradi (secondo i calcoli a partire da fine ‘800) e ciò è devastante per i ghiacciai, il cui volume si è dimezzato e rischia di essere ridotto fino al 90 % entro fine secolo. L’arco alpino in futuro sarà interessato da lunghe siccità, piogge torrenziali e ondate di calore, come avverrà anche nel resto della nostra penisola e delle aree di Francia e Spagna che si affacciano sul Mediterraneo. Le piogge diminuiranno sempre di più e la temperatura aumenterà di un grado e mezzo in inverno e due in estate: ciò vuol dire che le ondate di calore diventeranno la norma e saranno sempre più letali e molte specie vegetali come olivi, vitigni e grano duro emigreranno più a nord.

In Antartide invece gli scienziati lanciano l’allarme per la cosiddetta zona Larsen C, un’imponente massa di ghiaccio che sta per staccarsi dal continente creando il più grande iceberg della storia.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Contadino delle Ande trascina in tribunale Rwe

Saul Luciano Lliuya, un contadino peruviano, ha portato alla sbarra del tribunale di Essen il colosso energetico Rwe per il bene del suo piccolo villaggio situato sulle Ande, Huaraz, sovrastato da un grande ghiacciaio che a causa delle temperature in aumento si sta sciogliendo, andando a riempire un lago a monte del villaggio, che, secondo studi dell’università di Austin (Texas), ha superato di 40 volte la sua massima capienza d’acqua e dunque se dovesse tracimare Huaraz sarebbe semplicemente spazzato via insieme ai suoi abitanti. L’obiettivo di Lliuya è quello di ottenere un finanziamento di 17 mila euro dalla compagnia energetica per poter realizzare un sistema di pompaggio in grado di tenere sotto controllo il livello del bacino idrico, in quanto Rwe produce lo 0,4 % delle emissioni di CO nel pianeta, responsabili del riscaldamento globale, ed è il più grande consumatore di lignite (carbone la cui combustione produce più gas serra) in Europa. Non si sa quanto tempo ci vorrà per raggiungere la sentenza e nemmeno se sarà a favore di questo intraprendente contadino e della sua comunità, eppure un passo avanti è stato già fatto, in quanto il tribunale di Essen non ha scoraggiato l’azione legale di Lliuya, che in futuro potrebbe costituire un importante precedente contro i grandi inquinatori.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

I laghi del nord in pericolo

Il cambiamento climatico nel Circolo polare artico sta provocando lo scioglimento del permafrost e lo scongelamento che porta ad immense frane di acqua e detriti nella zona dei laghi del Canada. Ciò accade per il cedimento degli argini, come avvenuto a Fort McPherson nel 2015, dove un lago di più di due ettari ha riversato in due ore 30,000 metri cubi di ghiaccio e sedimenti sui due chilometri quadrati della valle circostante ricoperti di foresta e per il prossimo anno si aspetta un evento analogo che potrebbe portare allo svuotamento completo del bacino. Una montagna di fango potrebbe riversarsi fino alla foce del fiume Mackenzie, che sfocia nel Mar Glaciale Artico, sostiene Michael Pisaric, che conduce ricerche a tal proposito presso la Brock University dell’Ontario, e aggiunge che dal 1980 in Canada l’area soggetta a scongelamento del permafrost è più che raddoppiata. In attesa di futuri sviluppi, il governo ha già iniziato ad allertare la popolazione e i turisti, in quanto nel caso citato non ci sono state vittime per il semplice motivo che il lago si trovava in una zona disabitata ed isolata.

A cura di M.B.

DA “IL VENERDI'” DI REPUBBLICA

La bolla nel ghiaccio

L’analisi delle bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio dell’Antartide indicano che più aumenterà il riscaldamento globale, più il terreno e le piante rilasceranno anidride carbonica in atmosfera. Nature Geoscience ha pubblicato questa ricerca effettuata sui ghiacci del Low Dome, che conservano nella composizione dell’aria la “memoria” di decine e decine di migliaia di anni fa. Attraverso questa ricerca si comprende la portata e gli effetti dell’anidride carbonica di origine antropica, ed essa sostiene che per ogni grado di aumento della temperatura globale, la biosfera terrestre reagisce aumentando la concentrazione di CO in atmosfera di ben 20 parti per milione, quando è accertato che i livelli attuali hanno superato la soglia di 400 ppm. Sostanzialmente i ghiacci ci forniscono un feedback (attraverso le bolle d’aria) sul riscaldamento globale e ciò ci fa prevedere anche che abbiamo meno margine di quanto pensavamo per rispettare l’obiettivo dei due gradi rispetto ai livelli preindustriali e dunque il nostro budget di CO che possiamo emettere è minore perché la reazione della terra è sempre amplificata.

A cura di M.B.

DA SITO “RINNOVABILI”