Siccità in Arizona

E’ emergenza siccità nello stato americano conosciuto anche per i suoi cavalli selvaggi che corrono da sempre liberi sui pendii delle Grey Mountains; gli splendidi quadrupedi soffrono per la mancanza di risorse idriche e si presentano deboli e disidratati. Non manca solo l’acqua però, manca anche il cibo per la scarsa presenza di vegetazione. Così Glenda e Paul, due abitanti della zona, hanno deciso di allestire un abbeveratoio di fortuna, una grande vasca perché i cavalli potessero bere, e presto, dopo la pubblicazione di una foto su Facebook, la notizia si è diffusa. Grazie a tutto ciò ora molti vicini si sono attrezzati allo stesso modo, e alla porta della coppia si sono presentati numerosi volontari per dare una mano. La stessa associazione no profit Wild Horse Ranch Rescue si è interessata al coordinamento dei volontari. I poveri cavalli sono ridotti a scheletri viventi per mancanza di acqua e cibo, ma grazie al sostegno di molti volontari, stanno ricominciando a recuperare la salute. Solo dopo aver bevuto ininterrottamente per settimane le povere bestie hanno iniziato a reagire agli stimoli e a mangiare.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Niente carne e latticini per ridurre l’impatto sull’ambiente

Uno studio condotto dall’Università di Oxford e pubblicato su Science, ha appurato che un ridotto apporto di alimenti derivati dagli animali potrebbe essere parte della soluzione dei problemi ambientali della Terra. Innanzitutto, se riducessimo il consumo di prodotti latteo caseari e di manzo, il 75% dei terreni agricoli si libererebbe, dando respiro al suolo soffocato dall’allevamento intensivo e si potrebbe ricominciare a coltivare specie vegetali o graminacee cadute in disuso. Nello studio sono state coinvolte poco meno di 40.000 aziende agricole di 119 paesi, impegnate nella produzione dei 40 principali alimenti che troviamo sulle nostre tavole. Considerando i dati dell’intera filiera, è stato appurato che dal produttore al consumatore l’impatto ambientale, in alcuni casi, è spropositato. Bisogna pensare che carne e latticini forniscono solo il 18% delle calorie e il 37% delle proteine, ma utilizzano ben l’83% dei terreni agricoli e producono il 60% dei gas serra. L’impatto ambientale della produzione di carne e formaggi è di gran lunga superiore a quello dei vegetali (emettono 12 volte più anidride carbonica e utilizzano 50 volte più terreno). I costi ambientali del nostro consumo di carne e derivati sono enormi e secondo gli studiosi adottando una dieta vegana le emissioni si ridurrebbero del 73%. Quel che è certo è che un cambiamento di abitudini alimentari sarebbe più che auspicabile per la salute della Terra.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Agricoltore valdostano fa causa all’Europa per i danni dovuti al cambiamento climatico

Giorgio Elter, un agricoltore di Cogne, è determinato nel chiedere danni all’Europa attraverso un’azione legale “corale” sostenuta da Legambiente e che coinvolge una decina di famiglie di mezza Europa che si sono rivolte alla Corte di Giustizia contro il Parlamento e Consiglio europei, per denunciare l’inadeguatezza delle istituzioni nel fronteggiare l’inquinamento causato dai gas climalteranti. Tutto ciò ha causato enormi danni al tessuto agricolo del continente; Elter ne sa qualcosa. Vive producendo alimenti biologici locali oltre a gestire un bed & breakfast; ricorda di come a 1800 m, all’inizio della sua attività, la coltivazione di lamponi andasse a gonfie vele, mentre ora a causa dell’aumento delle temperature, i frutti faticano a maturare. L’altro aspetto della sua professione riguarda invece il turismo, che si basa in quella zona sulle arrampicate su ghiaccio. Le temperature però non rendono più sicura questa attività. Dunque tra calo di produzione del 20-30% e minore presenza turistica, Elter, come altre famiglie che si trovano in simili situazioni, ha deciso di fare causa. I rappresentanti di Legambiente sottolineano come anche l’Italia stia facendo troppo poco per la riduzione delle emissioni inquinanti e che dovrebbe rafforzare l’azione per gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi. Queste famiglie sono l’esempio lampante di come il cambiamento climatico sia un problema molto vicino ed attuale.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

ISPRA: 259 pesticidi nelle acque italiane

I pesticidi sono presenti nel 67% delle acque superficiali e nel 33% di quelle sotterranee e presentano valori fuori norma rispettivamente nel 23, 9% e nell’8,3% dei casi. Questi sono i risultati delle analisi del rapporto 2018 sui pesticidi nelle acque italiane dell’ISPRA, che ha messo insieme i risultati dell’analisi di ben 35.353 campioni provenienti da diverse regioni, trovandovi 259 tipi di pesticidi, soprattutto erbicidi, che facilmente si diffondono con le piogge. I danni dell’agricoltura intensiva si fanno sentire col loro carico di sostanze chimiche bandite da anni che permangono nelle nostre falde acquifere, nell’acqua che beviamo. Il glifosate e il suo metabolita Ampa sono le sostanze che generano più sforamenti nelle quantità e vi sono erbicidi messi al bando che dopo decenni sono ancora presenti nelle acque sotterranee, dove i processi sono sempre più lenti che in superficie. In alcuni campioni sono state isolate ben 50 sostanze diverse. Nei fiumi e nelle falde le sostanze chimiche tendono anche a miscelarsi, con effetti devastanti e imprevedibili. La diffusione di pesticidi nelle acque risulta più grave al nord, specialmente nella pianura padana (in Veneto, Piemonte e Friuli Venezia Giulia ben il 90% dei campioni è inquinato), mentre al centro e al sud sembra che la situazione sia migliore: bisogna tuttavia evidenziare come alcune regioni del Mezzogiorno come Puglia e Calabria non abbiano pressoché fornito alcun dato. L’unico lato positivo dello studio dell’ISPRA è il dato di flessione nelle vendite di prodotti fitosanitari in agricoltura, del 36-37% tra il 2003 e il 2016. Fondamentale, come sottolinea il direttore dell’ISPRA, sarà in futuro un’omogeneità di analisi delle sostanze chimiche nel suolo e nelle acque a livello nazionale, per tutelare l’intera popolazione e scoraggiare l’utilizzo di pesticidi in agricoltura il più possibile, mentre la posizione degli ambientalisti, più radicale, chiede all’Europa di implementare i sussidi per le aziende che utilizzano metodi biodinamici e bloccarli completamente a chi fa uso di pesticidi.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

40% delle specie di uccelli in declino

La popolazione di uccelli come la pulcinella di mare, la civetta delle nevi e la tortora sono ad alto rischio a causa dell’agricoltura intensiva, la deforestazione e i pesticidi, denuncia l’associazione BirdLife, che sottolinea come questi siano i problemi principali del declino che si può attestare in natura. Una specie su otto è minacciata di estinzione globale a causa del cambiamento climatico. Quasi superfluo sottolineare come siano stati stravolti habitat e cicli migratori per la maggior parte delle specie. Il fatto che il 40% delle specie di uccelli (tre quarti di quelli volanti) siano in pericolo è un campanello d’allarme non solo per coloro che sono interessati alla conservazione delle specie ma per tutti noi, perché gli uccelli sono sentinelle della salute dell’ambiente. Potrebbe rivelarsi un “armageddon” ecologico se non si corresse subito ai ripari, prendendo contromisure sui pesticidi neurotossici e la deforestazione, oltre che sulle le specie invasive. Le soluzioni ci sono, 25 specie sono state salvate dall’estinzione negli ultimi dieci anni ad esempio, bisogna solo metterle in atto con determinazione.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.