In 27 anni perso il 75% degli insetti alati

Secondo i dati pubblicati da uno studio dell’Università olandese di Radboud sulla rivista Plos One, in meno di 30 anni sono spariti il 75% degli insetti alati tra cui farfalle, api e mosche. I dati sono stati raccolti in ben 63 aree protette della Germania e preoccupano molto gli scienziati, in quanto sono una spia ecologica che riguarda non solo l’Europa ma il mondo intero (dobbiamo ricordare che sono responsabili dell’impollinazione dell’80% delle piante selvatiche e sono fonte di cibo per il 60% degli uccelli). I ricercatori hanno piazzato delle trappole entomologiche e comparando e misurando la biomassa raccolta hanno constatato un declino del 76% con picchi dell’82% in piena estate, quando la loro presenza dovrebbe aumentare. Le concause probabilmente sono i pesticidi, il cambiamento climatico e la distruzione delle aree selvatiche. Inoltre è molto probabile che questa situazione rispecchi altre analoghe in Europa ed altre parti del mondo in cui le aree protette sono circondate da terreni intensamente sfruttati; non possiamo neanche lontanamente immaginare cosa accadrebbe se questa tendenza si confermasse nel tempo.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

A cura di M.B.

Stiamo perdendo il Lago Baikal a causa della siccità e dell’inquinamento

Il lago Baikal, nella remota Siberia, era noto per essere uno dei laghi più puri ed incontaminati del mondo; lago profondissimo, custodiva un quinto dell’acqua dolce a livello mondiale e ospitava una straordinaria biodiversità con oltre 3700 specie animali e vegetali attestate nell’intera area. Tuttavia oggi sta soffrendo molto: l’inquinamento è ai massimi livelli mai raggiunti a causa delle industrie operanti nella regione, i pesci sono sempre meno presenti e il turismo sta devastando con il suo carico di sporcizia e inciviltà un patrimonio meraviglioso. Le alghe invasive inoltre stanno ricoprendo i fondali, soffocando e uccidendo le spugne fondamentali per la biofiltrazione (si è ipotizzato che una concausa della morte delle spugne sia la presenza di metano nelle acque). Vladimir Putin stesso si era occupato della questione, facendo ripulire le coste del lago dagli inquinanti, cosa che purtroppo non è bastata in quanto essi sono presenti nello specchio d’acqua stesso, che è lungo 650 km, largo tra i 20 e gli 80 e profondo uno e mezzo. Il lago è protetto dal 1996 dall’Unesco e ad ottobre il governo ha vietato la pesca dell’omul, un salmone pregiato presente solo nel Baikal, che negli ultimi anni ha visto un declino impressionante nel numero di esemplari. Tutto ciò è indubbiamente causato da inquinamento e siccità, che ha causato forte stress negli animali e nell’intero equilibrio del lago. La popolazione locale basa il proprio sostentamento sulla pesca e le cose stanno andando di male in peggio. Le acque reflue sono un problema fuori controllo in Siberia in quanto vengono sversati detersivi con fosfati nelle acque del Baikal, che favoriscono la proliferazione delle alghe killer, sinonimo di sterminio per molte specie lacustri. Bisogna agire in fretta, prima che sia tardi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

La strage di pinguini in Antartide

In una colonia di 40.000 pinguini Adelia solo due pulcini sono sopravvissuti: mancanza di cibo e condizioni di salute precarie hanno decretato il bilancio tragico in Antartide. Il cambiamento climatico esige un tributo di vite sempre più alto in una zona dove i ghiacci si stanno sciogliendo inesorabilmente e le condizioni di vita dei pinguini, gli abitanti una volta più numerosi, ora sono estremamente precarie.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

I pitoni giganti in Indonesia

La presenza massiccia di piantagioni di palme da olio delle multinazionali probabilmente è la causa in Indonesia, a Sumatra, del proliferare negli ultimi tempi di pitoni giganti, lunghi fino a otto metri. Più di una persona ha fatto davvero dei brutti incontri con questi rettili nelle piantagioni, che sorgono dove una volta erano presenti delle foreste pluviali, loro habitat naturale. Sfrattati dalla deforestazione insieme alle loro prede, i piccoli roditori, ora si avvicendano tutti insieme nelle piantagioni, dove lavorano molte persone.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

La nostra vita dipende dall’oceano ma lo stiamo uccidendo

Vladimir Ryabinin, segretario esecutivo della Commissione oceanografica intergovernativa dell’Unesco ha lanciato un forte monito sul fatto che in futuro le acque del pianeta si riscalderanno, s’innalzeranno e conterranno più residui plastici che pesci. Le conseguenze saranno catastrofiche: uragani violenti, aree costiere sommerse e persone costrette ad emigrare, riduzione di ossigeno nell’acqua e nell’atmosfera per l’assenza di fitoplancton e proliferazione di alghe tossiche. L’oceano in poche parole sarà mezzo morto: abbiamo lasciato la nostra culla primordiale, le acque, per poi tornare a distruggerle con inquinamento e azioni scellerate, che pagheremo care. Questo è il momento di agire e mettere sul tavolo tutte le conoscenze e competenze per la salvaguardia dell’ecosistema marino, da cui dipendono direttamente 3 miliardi di persone per la loro sussistenza.

Purtroppo i dati sono sconfortanti: il rapporto plastica:pesci è 1:1, le tonnellate di rifiuti sversati in mare ogni anno sono 8, il 40% degli oceani è danneggiato a causa di attività umane e sono 1,2 milioni per chilometro quadrato i frammenti di microplastiche nel Mediterraneo. Questi dati dovrebbero bastare a far salire questo tema nelle agende dei governi, che hanno consapevolezza del problema ma spesso si arenano quando si tratta di gestirlo in modo efficace e incisivo, mancano politiche comuni e solo l’1% delle risorse economiche vengono spese per la ricerca sugli oceani nel mondo; in realtà sarebbe un investimento lungimirante dato lo stato delle cose. Il mare sta combattendo per la sopravvivenza, ma noi dobbiamo aiutarlo per aiutare noi stessi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.