La carestia in Sud Sudan e i profughi in Etiopia

Secondo fonti autorevoli dell’ONU, oggi 100.000 persone in Sud Sudan rischiano la morte a causa della tremenda carestia che ha investito il paese, in cui manca anche l’acqua (in quanto non piove da anni) e dove una guerra civile tribale imperversa da tempo. La popolazione, vedendo morire il proprio bestiame e a seguito i membri delle proprie famiglie (nelle parole di un giovane sudanese:”Nel mio paese non piove da due anni e tutte le capre sono morte. Dopo di loro hanno cominciato a morire i bambini, poi gli anziani. A quel punto con la mia famiglia abbiamo deciso di fuggire verso l’Etiopia”), è emigrata in massa verso la vicina Etiopia, i cui campi profughi accolgono 670.000 persone di cui la metà del Sud Sudan. Tutto il Corno d’Africa è interessato da questa emergenza, la più grave siccità da ben 40 anni, ma è nei campi profughi dell’Etiopia, privi delle più elementari forme di servizi, che la situazione è monitorata e osservata costantemente nella sua drammaticità da organizzazioni come l’Unhcr e dai medici delle ong. La malnutrizione di adulti e soprattutto bambini è una triste realtà quotidiana e sono in molti a non farcela; purtroppo mancano letti, cibo e medicine e secondo l’Unicef sono 10,2 milioni gli etiopi che avrebbero bisogno di cibo. La risposta che finora ha dato la comunità internazionale pare sia molto al di sotto delle necessità.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Gli sfollati delle Ande

La drammatica situazione della regione andina a causa del cambiamento climatico è rappresentata dalla popolazione di queste terre, abituata al lavoro agricolo e d’allevamento, costretta a lasciare le proprie case per cercare fortuna nelle città. Nayra, coltivatrice di quinoa e patate e allevatrice di lama, vede stravolgere il suo mondo quando la siccità e la carestia le portano via le speranze e la costringono, a mezz’età, a trasferirsi a La Paz e vendere snack e bibite con un rabberciato carretto. Sono storie di drammatica attualità in Bolivia, dove le periferie delle grandi città raccolgono un popolo di fantasmi che vivono in baracche, coloro che erano i contadini delle Ande. I pescatori sono un’altra categoria colpita duramente dal cambiamento climatico in Bolivia; per loro i laghi sono tutto, ma da quando la siccità prolungata ha provocato l’ecatombe di fauna presso gli specchi d’acqua che continuano a prosciugarsi, hanno dovuto migrare in massa, destinazione miniere di carbone o fabbriche di sale. Nei paesaggi andini, dall’aspetto lunare, sembra che la vita stessa sia un miracolo, infatti l’altipiano è una terra brulla, desertica, con cime vulcaniche. Un paesaggio molto diverso dall’ovest del paese, dove la natura lussureggiante è ancora scrigno di biodiversità. La pioggia ormai nella zona andina non si vede per lunghi periodi e la fauna e la flora periscono a ritmi sconcertanti, e nella Cordigliera Real che domina La Paz non si può più osservare il ghiacciaio Chacaltaya, poiché si è sciolto nel giro di un decennio. La siccità permanente ha inoltre ridotto il lago Poopò, secondo bacino idrico della Bolivia, in una striminzita pozza d’acqua, tutto a causa dell’inquinamento minerario e delle devastazioni di El Niño.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

I nuovi profughi del clima

Il cambiamento del clima sta diventando una delle cause di migrazione dei popoli da luoghi in cui siccità, alluvioni e carestie fanno e faranno sempre di più muovere le persone quasi quanto guerre e povertà: questo è l’allarme lanciato dall’ecologista Jeffrey Sachs dal meeting internazionale su “Giustizia ambientale e cambiamenti climatici” a Roma. L’ecologista dell’Earth Institute della Columbia University, impegnato sin dagli anni ’90 a contribuire alla consapevolezza sui cambiamenti climatici, stima che circa 250 milioni di persone emigreranno nei prossimi anni a causa di condizioni meteorologiche estreme. Gli impegni presi negli anni ’90, sottolinea Sachs, tra cui il protocollo di Kyoto, sono stati disattesi e rifiutati da paesi come gli Stati Uniti e la Cina, da soli responsabili di milioni di tonnellate di emissioni di CO in più rispetto alla soglia prevista. Senza una regolamentazione e un taglio netto di queste emissioni, esse cresceranno fino al 8 % in più entro il 2030 (stima L’Agenzia internazionale per l’Ambiente), con effetti drammatici specialmente per i paesi più svantaggiati, dai quali sempre più persone emigreranno.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

Profughi e sfollati del clima

Guerre e povertà non sono gli unici fattori a spingere i popoli ad emigrare: secondo uno studio dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, il numero di profughi per cause ambientali/climatiche sta crescendo a dismisura, e potrebbe raggiungere fino a 200 milioni entro il 2050.

Il cambiamento del clima colpisce e colpirà sempre più duramente i paesi sottosviluppati, in quanto esso renderà queste zone ancora più inospitali e povere a causa della desertificazione e dell’aumento del livello degli oceani. Le emigrazioni per motivi ambientali, a partire dagli anni ’90, sono già una realtà quantificabile in 27 milioni di persone sfollate, di cui l’80 % provenienti dai paesi più poveri.

Gli eventi meteorologici estremi e i disastri naturali sono più che triplicati negli ultimi 30 anni e non si tratta di eventi sporadici ma di un progressivo deteriorarsi delle condizioni ambientali che porterà ad una graduale e massiccia emigrazione.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Ecoprofughi

ecoprofughiEcoprofughi
Migrazioni forzate di ieri, di oggi, di domani

di Calzolaio Valerio

Edito da Nda Press

Presentazione

Tanti parlano delle migrazioni, di emigrazioni, di immigrazioni perché migrare è costitutivo della vita delle specie umane sulla Terra. In questo libro si offre un affresco di archeologia, preistoria e storia delle migrazioni, fin dalle prime della storia umana.

Migrazioni provocate dal clima ci sono sempre state e il fenomeno migratorio riguarda anche molte altre specie viventi; le migrazioni umane sono state sempre causate da un mix di libertà umana e costrizioni contestuali; le migrazioni più obbligate o forzate sono dipese da singoli imprevisti/eventi ambientali/climatici o da guerre/conflitti.

Il testo affronta la contemporanea realtà delle migrazioni forzate politiche (i rifugiati) e ambientali (senza status) e dei cambiamenti climatici globali. Studiosi e scienziati di varie discipline concordano nel considerare obbligati nuovi ampi flussi migratori per l’innalzamento del livello del mare, la crescita di frequenza e intensità di eventi meteorologici estremi, la diminuzione della disponibilità di risorse idriche. Nell’era della globalizzazione mutano mobilità e migrazioni, già vi sono e d’ora in poi vi saranno ancor più migrazioni forzate da cambiamenti climatici provocati dall’uomo, prevedibili nell’area geografica e nel periodo storico, soprattutto dall’Africa, soprattutto attraverso il Mediteranno, soprattutto nel prossimo ventennio. Calzolaio fa il punto sul negoziato climatico e propone varie opzioni per prevenire e assistere i profughi climatici.