La Grande Barriera Corallina è cambiata per sempre

La Grande Barriera Corallina australiana ha cambiato volto per sempre a causa dei cambiamenti climatici: quasi un terzo dei coralli sono morti nel 2016 (prima è stata colpita la parte settentrionale, in seguito quella centrale della barriera) per il fenomeno dello sbiancamento, dovuto a mesi di temperature anomale, sopra i 6 gradi centigradi. La situazione anomala si è poi ripetuta per mesi anche nel 2017. Le temperature sempre più alte stanno segnando il destino di questa barriera lunga 2300 km al largo di Queensland. Forse alcuni dei coralli più resistenti troveranno il modo di sopravvivere in queste condizioni, ma gli scienziati sono convinti che oramai la situazione sia irreversibile, in quanto gli episodi di calura estrema che portano alla sofferenza dei coralli non avvengono più a distanza di 25 anni ca., come avveniva dagli anni ’80, ma a distanza di pochi anni, talvolta anche in due anni consecutivi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Nuova Zelanda: basta giacimenti di petrolio e gas in mare

Il governo neozelandese di centrosinistra di Jacinda Arden ha fatto un passo verso la concretezza nel campo delle energie pulite, negando futuri permessi esplorativi per idrocarburi al largo delle sue coste. Il paese si è già fissato l’obiettivo di produrre solo energia da fonti rinnovabili entro il 2035 e di essere carbon neutral entro il 2050. La giovane premier sostiene che sia ora il momento per pianificare il futuro, in quanto queste misure saranno effettive solo fra 30/40 anni ( i 22 permessi di esplorazione già concessi non sono stati messi in discussione e i giacimenti di petrolio e gas potranno ancora essere sfruttati per 40 anni). Il business del petrolio non è certo un asset per la Nuova Zelanda (solo l’1,5% del PIL), ma la decisione ha colpito molto a livello simbolico, ricevendo il plauso di Greenpeace. La Nuova Zelanda si aggiunge così ai paesi che sempre di più avversano la ricerca di idrocarburi in mare, come Francia, Croazia e Canada (il problema è molto sentito per la zona dell’Artico). Solo l’Italia resta indietro, non avendo il referendum contro le trivellazioni del 2016 raggiunto il quorum e avendo il governo Gentiloni continuato a garantire concessioni per la ricerca di idrocarburi al largo delle nostre coste.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Greenpeace: dimezzare il consumo di carne e prodotti caseari per salvare il pianeta

Il rapporto Greenpeace “Meno è meglio” sottolinea l’importanza di concentrare le politiche agricole europee sulla transizione ad agricoltura ed allevamento ecologici. In particolare evidenzia come il consumo ridotto di carne e prodotti di origine animale possa aiutare nella lotta al cambiamento climatico. Il sostegno agli allevamenti intensivi di animali è un danno perché questi ultimi sono grandi produttori della dannosa CO2 (il 70% di gas serra in agricoltura/allevamento è dovuta agli allevamenti intensivi), e anziché favorirli, bisognerebbe fare un passo deciso verso l’agricoltura sostenibile. Tutto questo anche per favorire il maggiore benessere degli animali stessi, spesso chiusi in stanze o gabbie affollate in pessime condizioni. Inoltre gli allevamenti contribuiscono fortemente all’inquinamento di acqua (azoto e fosforo) e aria (ammoniaca e polveri sottili). I danni sulla salute certo non si faranno attendere, e ce lo dice un rapporto dell’Oms e delle maggiori organizzazioni per la salute e la sicurezza alimentare: la resistenza dei batteri presenti negli animali agli antibiotici è una minaccia concreta per la salute umana. Dunque non sono solo le organizzazioni ecologiste a premere nella direzione di un minore consumo di prodotti di origine animale, ma anche gli scienziati e medici delle organizzazioni internazionali.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

La plastica distrugge la barriera corallina

La plastica nei mari, secondo lo studio “Plastic waste associated with disease on coral reefs” pubblicato su “Science”, non solo è dannosa in generale per gli ecosistemi e le creature marine, ma anche per il delicato equilibrio delle barriere coralline. Gli scienziati hanno esaminato un’area molto estesa di barriera corallina nella regione Indo-pacifica, la metà circa di tutte le barriere coralline presenti al mondo, e hanno scoperto che l’89% dei coralli risultava malato se in presenza di plastica, solo il 4% di essi se quest’ultima non era presente. Su ben un terzo dell’area esaminata erano presenti rifiuti plastici. Inoltre un altro studio su “Trends in Ecology and Evolution”, ha documentato quanto le microplastiche siano dannose per la salute degli animali cosiddetti “filtratori”, grandi cetacei e squali elefante, i quali filtrano quotidianamente centinaia di migliaia di litri di acqua marina al giorno. Specie già minacciate da pesca e inquinamento potrebbero trovarsi ancora più in difficoltà per la sopravvivenza a causa della tossicità delle microplastiche, che impediscono loro l’assorbimento di sostanze nutritive presenti nell’acqua.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

 

Svezia: tassa ambientale sui voli aerei

In aprile è entrata in vigore la tassa eco-friendly sui voli in partenza dagli aeroporti scandinavi, voluta dal partito dei Verdi per ridurre l’impronta di carbonio a seguito dell’aumento dei viaggi aerei: il costo è tra i 6 e i 39 euro e per ora sono esenti solo i bambini fino a due anni e gli equipaggi. Il 53% dell’opinione pubblica svedese si schiera a favore di questa manovra, ma alcune compagnie aree locali non ci stanno; SAS, BRA e Norwegian hanno protestato in quanto i benefici sarebbero minimi, e proponendo invece di investire sullo sviluppo di un carburante pulito e tecnologie per ridurre la CO2, invece di ricorrere a rincari. La SAS, i cui voli interni sono considerati tra i più economici, ha anche minacciato di trasferire le sue basi per voli a lunga percorrenza su Oslo e Copenhagen. Ma il governo è irremovibile: la Svezia deve essere la prima nazione fossil-free al mondo. Se dunque gli svedesi pagano di più per avere un pianeta sano, anche i viaggiatori europei presto dovranno farlo; in particolare si tratterà di un aumento legato proporzionalmente alle distanze da percorrere, dunque 6 euro circa per voli sotto i 6000 km e oltre fino a 40 euro.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.