La guerra dei rifiuti

Negli impianti di trattamento, selezione e riciclo dei rifiuti sono stati registrati oltre 80 roghi l’anno dal 2014, col 47,5% nel nord e nel 90% dei casi in impianti a tecnologia evoluta e solo nel 10% in discariche. I dati provengono dalla Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che ha appurato l’interdipendenza tra eventi incendiari e mancata corretta chiusura del ciclo dei rifiuti. Il nord ha un dato maggiore di roghi in quanto ha più impianti e dunque attrae più filiere di rifiuti differenziati da altre zone del paese. I roghi sono stati molti nel 2017, 72 per la precisione, e la risposta giudiziaria a questi eventi pare decisamente inadeguata, dato che il 20% dei roghi sono di natura dolosa. Gli altri sono dovuti a carenze di natura impiantistica e di sorveglianza; il sovraccarico genera difficoltà di gestione, che vengono risolte con gli incendi. Che la criminalità organizzata sia dietro questi episodi è possibile, ma proprio per questo vanno incrementate non solo le attività di vigilanza e di inchiesta giudiziaria ma anche le capacità di gestione del ciclo di rifiuti delle autorità preposte, con occhio all’ambiente e a quelle zone grigie di gestione dei rifiuti.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Wind Day a Taranto

Nel quartiere Tamburi, quello più vicino allo stabilimento dell’Ilva, le scuole rimangono chiuse quando ci sono i “wind day” ovvero le giornate in cui il vento spira da nord, spargendo le polveri sottili sulla città. Il sindaco di Taranto ha preso questa misura per tutelare i bambini, che come anziani e malati sono una delle categorie più esposte al rischio di inalare queste sostanze nocive nell’aria. La Asl raccomanda di tenere le finestre chiuse e limitare le attività all’aperto tra le 12 e le 18, la fascia oraria più pericolosa. Dall’ottobre 2017, inizio anno scolastico, sono stati ben dieci i wind day, e i genitori lamentano il fatto che i figli siano costretti a rinunciare ad andare a scuola.

Nel frattempo i lavori di copertura dei parchi minerali, dai quali si sollevano le polveri sottili, non sono nemmeno iniziati e comunque durerebbero due anni. Il consiglio comunale ha proposto di dotare la scuola di filtri per l’aria per evitare la chiusura ogni volta che il vento spira da nord.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Quanta plastica c’è nel mondo?

Un gruppo di ricercatori americani ha condotto uno studio sulla quantità di plastica prodotta dal 1950 in poi e dove sia finita; nel 1950 sono stati prodotte due milioni di tonnellate di plastica, mentre nel 2017 sono state prodotte ben 380 milioni di tonnellate, con tasso di aumento medio dell’8,4% ogni anno. Per ogni uomo sulla terra oggi vengono prodotti 50 kg di plastica e la tendenza è all’aumento. La somma di tutta la produzione mondiale fino al 2015 è di 8 miliardi e 300 milioni di tonnellate, di cui la metà prodotte negli ultimi 13 anni. E’ molto complicato calcolare quanta di questa plastica sia ancora in circolazione, in quanto la vita media dei prodotti a seconda della tipologia, è molto diversa. Fino al 2015 sono state buttate circa 5 miliardi e 800 milioni di tonnellate di plastica, il 70 % del totale prodotto fino a due anni fa. Il restante 30% sarebbe ancora contenuto negli oggetti che usiamo oggi. Solo il 9% della plastica viene riciclato a livello mondiale (con picchi virtuosi in Europa), e il 12 % finisce agli inceneritori; il resto a discariche o disperso nell’ambiente. Nel 2050, se le tendenze registrate continueranno a sussistere, ben 12 miliardi di tonnellate di plastica finiranno disperse nell’ambiente: più di tutta la plastica prodotta dagli anni ’50 ad oggi.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

L’Europa dichiara guerra a sacchetti di plastica e microplastiche

L’esecutivo UE ha preparato una guerra totale a sacchetti, imballaggi, stoviglie in plastica e microplastiche in detersivi e cosmetici: il prossimo 16 gennaio alla riunione dell’Europarlamento, saranno presentate delle misure “ad hoc” per contrastare questi inquinanti. I cittadini dell’Unione Europea, secondo un sondaggio (Eurobarometro), sono particolarmente sensibili alla tematica, tanto che le stime prevedono nel 2019 ad un calo dell’80% di utilizzo di sacchetti di plastica rispetto al 2010. Il primo obiettivo delle misure sarebbe quello di rendere riutilizzabile entro il 2030 la maggior parte degli imballaggi in plastica, poi ci sarebbe quello di dichiarare guerra ai prodotti monouso quali stoviglie in plastica. I materiali da utilizzare saranno quelli biodegradabili e per la salute del mare arriva un pacchetto di norme stringenti sulle microplastiche nei detersivi e cosmetici, oltre ad un controllo più serrato dei rifiuti prodotti da navi ed imbarcazioni da diporto.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Ozono: buco chiuso ai poli ma nel resto del pianeta la situazione peggiora

Nel 2016 era arrivata la buona notizia della riduzione del 20% dell’estensione del buco dell’ozono dal 2005, ma un’innovativa tecnica satellitare utilizzata da un team mondiale di scienziati ha ridimensionato l’ottimismo: infatti, mentre ai poli lo strato di ozono pare in crescita, a latitudini inferiori, ovvero le aree più popolate del pianeta (tra latitudine 60 Nord e 60 Sud), la situazione sembra molto diversa. Una serie storica di misurazioni dell’oscillazione dell’ozonosfera a partire dal 1985 ha constatato che i livelli di ozono sono diminuiti globalmente, ma peggiorati alle latitudini più popolate e colpite da raggi Uv (dunque la situazione è potenzialmente più pericolosa che il buco dell’ozono ai poli). Le cause di questo problema vanno ricercate nei cambiamenti climatici degli ultimi anni e nelle sostanze inquinanti dette VSLS (very short lived substances), che vengono prodotte in quantità crescente nelle attività umane e il cui impatto è probabilmente sottostimato (o non studiato) per quanto riguarda gli effetti sull’ozonosfera. Vanno ancora inoltre accertati i potenziali rischi per la salute umana e la sopravvivenza degli ecosistemi terrestri.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.