Gli indigeni del lago Poopo in Bolivia costretti ad emigrare

Il lago Poopo in Bolivia, ormai da alcuni anni completamente all’asciutto, era il punto di riferimento della comunità degli Uru-Murato, i quali hanno visto il loro lago prosciugarsi a causa di inquinamento, siccità e a causa delle attività delle limitrofe miniere. Oggi gli indigeni fanno molta fatica a praticare le loro tradizionali attività agricole, hanno cercato di convertirsi alla coltivazione della quinoa, ma con scarso successo. Sta iniziando una vera e propria migrazione di massa verso le città, che oltre a provocare sofferenze in chi è coinvolto direttamente in questa catastrofe, causerà una perdita incommensurabile di conoscenze e tradizioni una volta che gli indigeni spariranno nelle grandi città globalizzate.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Trivellazioni nell’Artico: respinto il ricorso degli ecologisti in Norvegia

Le Ong ecologiste e Greenpeace, le quali si erano appellate alla giustizia norvegese contro le trivellazioni nel mare Artico, hanno subito una pesante sconfitta contro le compagnie petrolifere, che potranno continuare indisturbate le loro attività, appoggiate dal governo populista conservatore di Erna Solberg. La giustizia norvegese ha ritenuto le trivellazioni legittime e non in contrasto con l’accordo di Parigi; ora le ong ecologiste si troveranno a dover pagare 60 mila euro di spese legali, il prezzo per essersi messe contro le potenti compagnie petrolifere Statoil (norvegese), Chevron e ConocoPhillips (americane) e Lukoil (russa). La Norvegia si crede immune da critiche in quanto sostiene, attraverso la giustizia e i ministri del governo, di fare già abbastanza per la lotta all’inquinamento e alle emissioni (guardando il loro orticello avrebbero certo ragione, ma non è quello il senso dell’accordo di Parigi), in quanto il loro petrolio (di cui sono i primi produttori in Europa) in realtà verrebbe consumato e bruciato in altri paesi. A noi i soldi (nel 2016 hanno guadagnato 37 miliardi e 400 milioni), a voi la colpa del cambiamento climatico, questo è l’atteggiamento del paese più ricco d’Europa; la Norvegia non è poi così virtuosa come vorrebbe far credere e gli ecologisti hanno giustamente annunciato battaglia in appello.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

L’energia pulita cresce sempre di più negli USA nonostante Trump

Se da un lato il presidente Trump ed il suo staff hanno ritirato gli USA dagli accordi di Parigi ed isolato il paese, formalmente non più impegnato nella lotta al cambiamento climatico, dall’altro i singoli stati e persino le singole città americane stanno lavorando sempre più nella direzione della “green economy”. Mentre il presidente rispolvera la più antica accusa alle energie pulite, ovvero quella di essere troppo costose, le alternative energetiche “green” come ad esempio i pannelli fotovoltaici, stanno diventando rapidamente l’opzione più economica (il prezzo è sceso del 70% dal 2010 secondo l’International Energy Agency). Inoltre le agevolazioni fiscali sulle rinnovabili, risalenti all’era pre-Trump, sono sopravvissute. La tecnologia digitale rende sempre più efficiente, pulito ed avanzato il mercato dell’energia elettrica e delle batterie (ed anche in questo caso si registra una diminuzione dei prezzi). Nonostante i tentativi fatti da Trump per rilanciare l’industria del carbone, più della metà delle centrali negli USA sono chiuse dal 2010 e, secondo Carbon Tracker (think tank con base in Inghilterra), nel futuro non converrà più continuare a mantenere le rimanenti centrali a carbone, ma sarà meno costoso installare nuove centrali di gas naturale e rinnovabili. Stessa situazione in Europa, Cina e Australia, con crolli di utilizzo del carbone dal 40% al 2% nel settore dell’energia elettrica in UK. Il crollo verticale del carbone fossile sembra essere davvero inesorabile, mentre le energie rinnovabili hanno registrato un boom straordinario. Non si tratta di un trend temporaneo, ma di una vera e propria ascesa che sostituirà completamente negli anni a venire il carbone fossile, “catturando” tre quarti degli investimenti a livello globale.  Il cambiamento sta seguendo un ritmo molto più serrato del previsto grazie alle tecnologie digitali nel campo del solare ed eolico (ad esempio), ed entro il 2040 l’utilizzo di energie alternative raggiungerà un’ampia diffusione. I dati provenienti da più fonti autorevoli, sia governative che indipendenti, non fanno altro che ribadire come non sia possibile far tornare indietro le lancette del progresso, nemmeno se a volerlo è il presidente degli USA.

 

DA “INSIDECLIMATENEWS.ORG”

A cura di M.B.

L’inquinamento atmosferico è dannoso anche a piccole dosi

Uno studio pubblicato sul Journal of American Medical Association ha appurato che non è necessaria una lunga esposizione a gas inquinanti per danneggiare la propria salute: le particelle fini emesse dalle automobili (PM 2,5) e l’ozono, possono essere nocivi e causare persino morti premature anche con brevi periodi di esposizione. Lo studio è stato condotto negli USA su un campione di 22 milioni di cittadini over 65 assicurati con Medicare, e copre un lasso di tempo di 13 anni. Attraverso calcoli matematici e incroci di dati tra mortalità e concentrazione di inquinanti (PM 2,5 e ozono) è emerso che ogni piccolo incremento giornaliero di inquinanti emessi è associato ad un incremento statisticamente significativo di rischio di mortalità sulla popolazione. Tale rischio di mortalità non solo aumenta a breve termine, ma si collega anche a livelli di inquinamento relativamente bassi rispetto ai parametri nazionali, che dunque andrebbero rivisti.

 

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

La Cina pronta al mercato delle emissioni di carbonio

La Cina ha svelato il suo piano per contrastare l’inquinamento ed il cambiamento climatico: darà vita ad un mercato nazionale delle emissioni di carbonio, che supererà quello europeo per grandezza. In una prima fase l’esperimento interesserà 1700 impianti di produzione elettrica, che producono 3 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno: ad ogni impresa verrà assegnata una quota di emissioni e se la supererà dovrà decidere se comprare quote dalle aziende più virtuose, che avranno inquinato meno del previsto, oppure abbassare le emissioni fino al livello consentito. La sperimentazione si è svolta dal 2013 a Pechino e altre sei città pilota, ma ora il governo ha intenzione di estendere il mercato delle emissioni a tutto il paese.

DA “ANSA.IT”

A cura di M.B.