Pacifico: 38 milioni di pezzi di plastica

La paradisiaca Henderson Island, patrimonio dell’Unesco dal 1988 e situata a sud del Pacifico tra Fiji, Isola di Pasqua e Galapagos, sta per essere sommersa del tutto dai rifiuti di plastica; abbiamo permesso che la nostra immondizia coprisse per il 99,8 % questa meraviglia precedentemente incontaminata. Gli scienziati dell’Università della Tasmania e della Royal Society inglese, sbarcati sull’isola hanno constatato lo scempio causato da ben 18 tonnellate di plastica a contaminare l’isola, un disastro di anni di incuria. L’isola dell’arcipelago Pitcairn sembrava il luogo più improbabile dove trovare immondizia, tuttavia per una questione di correnti 3750 nuovi pezzi di plastica al giorno approdano sull’isola, un ritmo spaventoso e di gran lunga superiore ad altri luoghi del pianeta. Inoltre il 68 % dei rifiuti è radicato in profondità sull’isola e ogni metro quadrato presenta circa 20 pezzi in superficie e dai 50 ai 4500 a 10 cm di profondità. Gli animali di quest’isola convivono con i nostri rifiuti tossici, e dire che vi sono specie endemiche protette, sia per ciò che riguarda la flora che per la fauna. Dobbiamo tutti considerarci responsabili di questa vergogna ed intervenire al più presto per ripulire l’isola e fare in modo che i nostri rifiuti non vengano mai più buttati ad inquinare i mari.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

Acque contaminate: il Veneto indaga

Il Consiglio Regionale del Veneto ha raccolto il grido di allarme di cittadini e Greenpeace, istituendo una Commissione d’Inchiesta per le acque inquinate da PFAS in Veneto. L’allarme riguarda secondo Greenpeace circa 800.000 abitanti delle provincie di Verona, Vicenza, Padova e Rovigo. Le sostanze perfluoroalchiliche sono utilizzate in numerosi prodotti industriali ed hanno un’elevata persistenza nell’ambiente, motivo per il quale possono essere ingerite dall’uomo in forma di acqua proveniente dai rubinetti oppure in alimenti. Analisi condotte sulle acque potabili di scuole e fontane pubbliche in Veneto hanno dato risultati, nelle quattro provincie interessate (ma non solo), molto superiori al livello consentito di PFAS in Svezia e Stati Uniti ad esempio. In Veneto, secondo Greenpeace, non sono ancora state prese contromisure adeguate per affrontare la situazione e mettere in sicurezza ambiente e cittadini, in quanto la regione in quattro anni dalla scoperta della presenza elevata di PFAS, non ha ancora eradicato il problema intervenendo alla fonte della contaminazione, ovvero gli sversamenti delle industrie delle sostanze bioaccumulabili.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Le organizzazioni cattoliche in prima fila per disinvestimento su petrolio e carbone

Dai Gesuiti all’arcidiocesi di Pescara, ben 27 associazioni cattoliche italiane hanno deciso di promuovere la campagna globale per non utilizzare più i combustibili fossili e per accelerare la transizione a fonti sostenibili. La “Global Disinvestment Mobilisation” che conta più di 700 investitori istituzionali e una massa finanziaria di 5 miliardi di dollari, è l’iniziativa che le associazioni cattoliche hanno supportato sin dall’inizio. Certamente il motore di quest’impegno è stata la rivoluzionaria enciclica “Laudato si” di Papa Francesco, in cui si chiede alla chiesa e all’umanità intera di prendersi cura della “casa comune”, il nostro pianeta, sempre più inquinato dai combustibili fossili e interessato da un cambiamento climatico che già non lascia scampo ai più poveri. Le associazioni cattoliche si sono schierate per appoggiare la transizione energetica, che va accelerata quanto possibile, per scongiurare gli effetti di un riscaldamento globale fuori controllo (gli accordi di Parigi si stanno rivelando quanto mai insufficienti). Un ulteriore dato importante sull’impegno della chiesa cattolica sul tema, è che al G7 dell’Ambiente che si terrà a giugno a Bologna, sarà la stessa Conferenza episcopale italiana a promuovere un incontro.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

CO₂ arriva oltre 410 ppm

L’Osservatorio per il rilevamento di CO a Mauna Loa (Hawaii) ha registrato una concentrazione di anidride carbonica superiore a 410 ppm (parti per milione) il 18 aprile scorso. Oramai, dal settembre 2016, la concentrazione viaggia costantemente al di sopra di 400 ppm, senza alcun accenno alla diminuzione e ciò preoccupa la comunità scientifica e in particolare i climatologi, che avvertono il pericolo che in 50 anni possano essere fatti danni irreversibili e portati cambiamenti mai osservati nella storia dell’uomo. L’aumento medio della temperatura globale a causa dei gas serra ormai è di 3 gradi, a dispetto degli impegni presi nell’accordo di Parigi, che prevedevano un aumento massimo di 2 gradi; per questo motivo è importante tenere alta l’attenzione sui gas serra e non cedere al negazionismo climatico.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

500 miliardi di sacchetti per la spesa in mare

Il problema della presenza di plastiche nell’oceano è esemplificato dall’individuazione, a partire dagli anni ’90, di cinque vortici di forma continentale composti da plastica galleggiante che si trovano in ognuno degli oceani del nostro pianeta e fungono da “calamite” per tutta la plastica gettata in mare. Questi vortici tendono ad ingrandirsi, e già nel 1997 Charles Moore stimò la presenza totale di sette miliardi di tonnellate di plastica per ognuno di essi, una cifra semplicemente spaventosa. Le plastiche gettate in mare sono pericolose e spesso letali per la fauna marina: le tartarughe e i pesci ingeriscono sacchetti di plastica, i quali hanno un aspetto molto simile a quello delle meduse di cui si cibano e che costituiscono ben il 40 % dei rifiuti di plastica in mare, mentre nel caso dei tappi delle penne, dai colori sgargianti, vengono presi per gamberetti dagli albatri, i quali li ingeriscono rimanendo così soffocati. Nel Mar Mediterraneo sono presenti in media 27 rifiuti per chilometro quadrato, tra cui boe, contenitori e attrezzature per la pesca, tutti rifiuti contaminanti prevalentemente in plastica. La “zuppa” di plastica presente nei mari non danneggia solo gli animali, ma anche l’essere umano, in quanto gli oggetti lentamente si frantumano in pezzetti minuscoli (microplastiche), invisibili a occhio nudo tanto da essere indistinguibili dal plancton (abbiamo creato un plancton Ogm!), i quali rilasciano sostanze nocive (come polietilene e polipropilene) e finiscono dritti sulle nostre tavole attraverso il pescato.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.