Le Filippine e i grandi inquinatori

Le autorità di Manila si sono affidate alla Commissione per i diritti umani delle Filippine per portare avanti una battaglia coraggiosa contro 47 delle più grandi multinazionali del mondo di petrolio, carbone, cemento e risorse minerarie, in quanto queste ultime, afferma il governo, hanno danneggiato gravemente i diritti fondamentali dei cittadini (diritti all’acqua, cibo, sanità, a un’abitazione adeguata e all’autodeterminazione) a causa delle emissioni di CO₂ . Le multinazionali a questo punto avranno 45 giorni di tempo per rispondere ai danni causati ai cittadini e una volta scaduto il termine scatterà il processo. Grandi nomi come Shell, BP, Chevron, BHP Billiton e Anglo American sono solo alcuni dei nomi delle multinazionali coinvolte nel contenzioso con uno degli stati più a rischio a causa del cambiamento climatico che sta portando tifoni sempre più frequenti e devastanti. L’obiettivo è ottenere l’eliminazione e la prevenzione delle violazioni dei diritti umani perché, come sottolinea Zelda Soriano di Greenpeace, ciò creerebbe un precedente morale e legale contro i grandi inquinatori.

A cura di M.B.

DA “RINNOVABILI”

Disastro ambientale in Canada

Il Canada negli ultimi tempi è stato vittima di disastri terribili per l’ambiente, i quali hanno colpito l’unica fonte di acqua potabile per decine di migliaia di cittadini, ovvero il fiume Saskatchewan, nel Canada occidentale. Dal 1990 ad oggi sono stati sversati 18,000 barili di petrolio nel fiume, facendo apparire irrisoria la cifra esorbitante di 1600 barili sversati la settimana scorsa. L’azienda responsabile di questo disastro immane è la Husky, che in 10 anni ha causato in totale la perdita di 8000 idrocarburi. Le fuoriuscite purtroppo sono comuni, in quanto vi sono centinaia di pipeline sul territorio, che negli anni hanno causato decine di migliaia di fuoriuscite. La ricercatrice Emily Eaton, dell’Università di Regina ed esperta di economia del petrolio, ha raccolto la disperazione degli agricoltori che combattono da molti anni per ottenere un piano di pulizia e tamponamento degli effetti delle fuoriuscite. Il governo, come sottolinea la studiosa, è corresponsabile di queste catastrofi in quanto ha favorito le compagnie petrolifere lasciando che esse calpestassero i diritti degli abitanti e avvelenando un ecosistema, con l’aiuto delle amministrazioni locali, le quali si affidano solo ad autocertificazioni delle aziende per ogni aspetto delle loro attività.

A cura di M.B.

DA SITO “RINNOVABILI”

La bolla nel ghiaccio

L’analisi delle bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio dell’Antartide indicano che più aumenterà il riscaldamento globale, più il terreno e le piante rilasceranno anidride carbonica in atmosfera. Nature Geoscience ha pubblicato questa ricerca effettuata sui ghiacci del Low Dome, che conservano nella composizione dell’aria la “memoria” di decine e decine di migliaia di anni fa. Attraverso questa ricerca si comprende la portata e gli effetti dell’anidride carbonica di origine antropica, ed essa sostiene che per ogni grado di aumento della temperatura globale, la biosfera terrestre reagisce aumentando la concentrazione di CO in atmosfera di ben 20 parti per milione, quando è accertato che i livelli attuali hanno superato la soglia di 400 ppm. Sostanzialmente i ghiacci ci forniscono un feedback (attraverso le bolle d’aria) sul riscaldamento globale e ciò ci fa prevedere anche che abbiamo meno margine di quanto pensavamo per rispettare l’obiettivo dei due gradi rispetto ai livelli preindustriali e dunque il nostro budget di CO che possiamo emettere è minore perché la reazione della terra è sempre amplificata.

A cura di M.B.

DA SITO “RINNOVABILI”

Acqua (non) potabile in Cina

In Cina le autorità si trovano davanti ad una vera e propria emergenza idrica: oltre 300 milioni di cinesi non hanno accesso all’acqua potabile, il 90 % delle falde acquifere in prossimità delle metropoli sono inquinate come anche il 70 % dei fiumi e dei laghi. Le statistiche affermano inoltre che due terzi delle falde e un terzo delle acque di superficie in Cina sono “inadatte al contatto con l’uomo”. Purtroppo nell’acqua sono presenti spesso alti livelli di arsenico che può causare a lungo andare problemi alla pelle e cancri in varie parti del corpo, tanto che molti villaggi sono tristemente noti come “villaggi del cancro”, a causa delle acque di falda portatrici di malattie. L’acqua inoltre risulta inquinata anche a centinaia di metri di profondità per colpa delle sostanze tossiche accumulate nel suolo e solo il 20 % delle acque considerate potabili soddisfa gli standard internazionali. Il governo ha stanziato 58 miliardi per il miglioramento della qualità dell’acqua e ha fissato alcuni obiettivi temporali: entro il 2020 il 93 % dell’acqua potabile dovrà essere pari o migliore del livello tre (su una scala 1 a 6 partendo dall’1 con l’acqua di qualità migliore), le industrie fortemente inquinanti dovranno chiudere entro il 2016 e nel 2020 il 70 % delle acque di superficie tornerà ad essere in buone condizioni.

Tuttavia il cambiamento climatico sta portando ad una progressiva desertificazione specialmente delle aree settentrionali, e il deserto del Gobi “ruba” alla Cina ogni anno l’equivalente del territorio della Valle d’Aosta, il che si traduce in milioni di persone che combattono e combatteranno quotidianamente con la carenza di acqua e l’erosione dei suoli, che crea una perdita milionaria al paese, tutto nonostante i piani delle autorità.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”