Greenpeace sulla plastica: il riciclo non salverà i nostri mari

Il rapporto intitolato “Plastica: riciclare non basta. Produzione, immissione al consumo e riciclo di plastica in Italia” e redatto dalla Scuola Agraria del Parco di Monza per Greenpeace ha analizzato l’efficacia del sistema di riciclo degli imballaggi di plastica nel nostro paese e ha tratto la conclusione che per quanto ben funzionante non sarebbe comunque sufficiente ad arginare il problema dell’inquinamento nei nostri mari. Sempre secondo la ricerca, dal momento che la produzione di materiali plastici raddoppierà l’attuale volume entro il 2025, sarà necessario ridurre urgentemente e drasticamente l’immissione sul mercato di imballaggi in plastica. Il responsabile della campagna anti inquinamento di Greenpeace Italia, Giuseppe Ungherese, ha aggiunto che le grandi aziende produttrici di plastica, pur pienamente consapevoli dell’impossibilità di riciclarla tutta, continuano a produrre sempre più usa e getta. Il nostro paese in Europa è secondo solo alla Germania in tema di produzione di plastica, con un consumo pari a 6-7 miliardi di tonnellate l’anno (di cui il 40% sono imballaggi). Nonostante il riciclo sia aumentato al 43% nel 2017, l’utilizzo della plastica monouso continua ad aumentare. Inoltre la quantità di imballaggi in plastica non riciclati è rimasta invariata da anni, vanificando sforzi ed investimenti per rendere efficiente la differenziata; i dati Corepla del 2017 ci dicono che solo 4 imballaggi su 10 vengono riciclati, mentre 4 restanti vengono portati agli inceneritori e 2 vengono dispersi nell’ambiente. L’incremento previsto della pratica del riciclo purtroppo non riesce a bilanciare l’immesso nel consumo, nemmeno attraverso sistemi come la Responsabilità Estesa del Produttore o la possibile introduzione di depositi su cauzione. Greenpeace sostiene che la durevolezza e la riusabilità siano, per questo motivo, caratteristiche più importanti della riciclabilità del materiale e si rivolgono alle aziende come McDonalds e Starbucks, Coca-Cola e Nestlé (e tante altre) con una petizione sottoscritta da più di un milione di persone, per ridurre l’utilizzo di plastica monouso e imballaggi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Ex-scienziato NASA accusa i governi di inerzia nel contrastare il cambiamento climatico

James Hansen, scienziato della NASA, nel lontano 1988, in un discorso al Congresso Americano, per la prima volta affermò che l’innalzamento delle temperature era dovuto al “99%” all’attività umana, creando scalpore negli USA e nel mondo, rendendo globale la consapevolezza del “climate change”. Oggi che ha 77 anni, e ha vissuto gli sviluppi dei patti sul clima a partire da Rio nel 1992 per finire a Parigi nel 2015, è convinto che questi ultimi siano solo una bufala ripetuta periodicamente dai governi del mondo, senza che alle parole seguissero i fatti, specialmente da parte di paesi influenti come gli USA e la Germania, che non si sono impegnate sufficientemente. Nel frattempo si è passati da 20 miliardi di tonnellate di CO2 negli anni novanta ai 32 miliardi di tonnellate di oggi, e di questo passo, secondo Hansen, sarà impossibile mantenere l’aumento entro i due gradi, a meno di non tassare i combustibili fossili.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Onu suggerisce coalizione per ridurre decessi da fattori ambientali

Onu, Oms e Omm hanno formato una coalizione su salute, ambiente e cambiamenti climatici, partendo dal dato di sette milioni di persone morte prematuramente ogni anno nel mondo a causa di rischi ambientali collegati all’inquinamento dell’aria e dell’acqua, oltre che del cibo. La prevenzione è la chiave per ridurre queste morti, dovute a cancro, ictus e patologie respiratorie, tutte malattie collegate all’inquinamento atmosferico, che purtroppo, nonostante l’Accordo di Parigi, continua ad aumentare. L’anidride carbonica è il nemico numero uno da combattere, in quanto la sua immissione nell’atmosfera causa il riscaldamento degli oceani e i disastri naturali come i cicloni e gli uragani, permanendo per migliaia di anni nell’aria e nell’acqua. Altre fonti di inquinamento come macchine a diesel, stufe ed inceneritori sono sì pericolose ma la loro permanenza in atmosfera è più breve.

L’investimento nelle rinnovabili potrebbe salvare molte vite nei prossimi anni, se il mondo coglierà l’opportunità di ridurre l’impronta del carbonio agendo di comune accordo. Inoltre oggi abbiamo tutti gli strumenti per mappare l’inquinamento atmosferico zona per zona, con la possibilità di prevedere tutto dai disastri naturali alle ondate di calore che possono essere letali per i soggetti più deboli. L’appuntamento è a Ginevra il prossimo 30 ottobre alla conferenza globale su inquinamento e salute.

DA Asvis: Alleanza per lo sviluppo sostenibile

A cura di M.B.

I cittadini fanno causa alla UE

Alcuni cittadini di vari paesi europei assieme ad organizzazioni ambientaliste come Legambiente si sono costituiti alla Corte di Giustizia Europea per far valere i diritti fondamentali di vita, salute e occupazione di fronte ad un target di diminuzione delle emissioni nocive entro il 2030 del tutto inadeguato a garantire questi diritti, secondo loro. La questione del cambiamento climatico si trova ad intaccare la sfera dei diritti umani, quando i governi sono inefficaci a contrastarlo. La UE deve proteggere i diritti delle proprie generazioni presenti e future, ha un’enorme responsabilità. Apicoltori ed agricoltori portoghesi come Armando ed Ildebrando hanno fatto causa all’UE poiché i disastri naturali hanno devastato i loro raccolti e le loro tenute di famiglia, e lo stravolgimento delle stagioni ha diminuito la produzione del miele causando una diminuzione del reddito, mentre l’agricoltore e imprenditore del settore turistico Giorgio Elter ha intrapreso la causa sostenuto da Legambiente. I ricorrenti sono appoggiati da avvocati, scienziati e ONG provenienti da tutta Europa. A fornire le prove scientifiche dei danni sarà Climate Analytics. Ci sono tante famiglie che soffrono per vari problemi (ondate di calore, difficoltà occupazionali causate dall’innalzamento delle temperature e delle acque) ma sono accomunate dal desiderio di lottare per i propri diritti e anche per coloro che non hanno voce. Chi vive a stretto contatto con la natura sa cosa sta accadendo a livello globale, ce l’ha sotto gli occhi ogni giorno e chi meglio di loro per esporre i problemi e reclamare i diritti per noi tutti?

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Obiettivo taglio CO2: la Germania si arrende

Nel rapporto annuale sul clima 2017, firmato dal gabinetto della Merkel, si legge che la Germania non sarà in grado di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2020 come previsto. In altre parole la programmata riduzione del 40% di emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990 si fermerà in realtà al 32%. Il deficit si tradurrà in 100 milioni di tonnellate di C02 emesse ogni anno in atmosfera. Secondo il ministro dell’Ambiente tedesco, la Germania intende colmare il deficit con l’introduzione di auto elettriche e le rinnovabili, ma l’affermazione resta generica. Certo i punti deboli sono stati individuati: una sovrastima della CO2 che verrebbe risparmiata, l’aumento demografico e la crescita economica, ma soprattutto la faticosa uscita dal carbone. In Germania, eolico e fotovoltaico hanno avuto un’importante fase di espansione, ma essendo ancora debole il settore idroelettrico, l’utilizzo della superinquinante lignite è ad un quarto del totale del mix energetico nazionale. Inoltre sia i socialdemocratici Spd che i cristianodemocratici Cdu-Csu non vogliono intaccare la situazione occupazionale delle miniere della Rurh.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.