Tempesta di sale nel lago d’Aral

La regione di Dashoguz in Turkmenistan è stata colpita da una violenta tempesta di sale che ha danneggiato le coltivazioni e messo in pericolo la salute degli abitanti. Non si tratta infatti solo di sale del lago d’Aral, ma di pesticidi e fertilizzanti che per anni sono stati utilizzati nelle piantagioni di cotone tra Uzbekistan e Turkmenistan. Molte persone hanno accusato problemi respiratori e i voli sono stati cancellati dall’aeroporto di Urgench. Il lago d’Aral era uno dei quattro più grandi del Pianeta, ma da quando negli anni ’60 l’URSS decise di aumentare le piantagioni di cotone, il lago fu progressivamente depauperato di acqua, in quanto per irrigare i campi venne utilizzata l’acqua dei fiumi Syr-Darya e Amu-Darya, i maggiori apportatori di acqua per il lago. Il lago da allora si è ritirato di decine di chilometri e la regione è diventata progressivamente desertica. Il sale ivi è misto a pesticidi e fertilizzanti, e quando si alza il vento, c’è il rischio per gli abitanti locali di contrarre malattie respiratorie e tumori all’esofago. Anche il clima è cambiato in questa zona: inverni più rigidi ed estati più torride, con picchi di 50 gradi centigradi. Ciliegina sulla torta: una delle isole del lago, l’isola della Rinascita, è stata utilizzata in passato dalle truppe sovietiche per testare armi batteriologiche, conducendo esperimenti sull’antrace e sulla peste.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Agricoltore valdostano fa causa all’Europa per i danni dovuti al cambiamento climatico

Giorgio Elter, un agricoltore di Cogne, è determinato nel chiedere danni all’Europa attraverso un’azione legale “corale” sostenuta da Legambiente e che coinvolge una decina di famiglie di mezza Europa che si sono rivolte alla Corte di Giustizia contro il Parlamento e Consiglio europei, per denunciare l’inadeguatezza delle istituzioni nel fronteggiare l’inquinamento causato dai gas climalteranti. Tutto ciò ha causato enormi danni al tessuto agricolo del continente; Elter ne sa qualcosa. Vive producendo alimenti biologici locali oltre a gestire un bed & breakfast; ricorda di come a 1800 m, all’inizio della sua attività, la coltivazione di lamponi andasse a gonfie vele, mentre ora a causa dell’aumento delle temperature, i frutti faticano a maturare. L’altro aspetto della sua professione riguarda invece il turismo, che si basa in quella zona sulle arrampicate su ghiaccio. Le temperature però non rendono più sicura questa attività. Dunque tra calo di produzione del 20-30% e minore presenza turistica, Elter, come altre famiglie che si trovano in simili situazioni, ha deciso di fare causa. I rappresentanti di Legambiente sottolineano come anche l’Italia stia facendo troppo poco per la riduzione delle emissioni inquinanti e che dovrebbe rafforzare l’azione per gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi. Queste famiglie sono l’esempio lampante di come il cambiamento climatico sia un problema molto vicino ed attuale.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Allarme ONU: Nel 2050 il 66% della popolazione mondiale vivrà in città

Il rapporto annuale ONU sulla popolazione mondiale ha sottolineato un problema del prossimo futuro: un sovraffollamento delle grandi città entro il 2050, che rischierebbero così il collasso. La popolazione rurale entro quella data si sarà trasferita quasi completamente nelle grandi città secondo lo studio; sarà il massimo picco di crescita della popolazione. Le megalopoli sono destinate ad aumentare in numero e quasi tutte quelle dei paesi asiatici, con Cina e soprattutto India in testa, saranno talmente popolate da essere pressoché invivibili. Si estenderanno fino ad oltre un terzo in più della loro attuale dimensione. Solo alcune città dell’est Europa manterranno una costante parabola discendente della popolazione, iniziata mezzo secolo fa.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Giallo nell’atmosfera

I gas che distruggono l’ozono nell’atmosfera sono stati banditi dal Protocollo di Montreal del 1987 e dal 2010 non esiste fonte documentata sulla Terra di clorofluorocarburi. Eppure dal 2013 si registrano nuove, misteriose emissioni di questo gas, di cui non si conosce la provenienza. E’ la NOAA a documentare questa strana attività nell’atmosfera: dalla scoperta del buco nell’ozono nel 1985, si è puntato subito il dito contro i clorofluorocarburi, presto sostituiti da altre sostanze chimiche e messi al bando dai 200 paesi firmatari del Protocollo, uno degli esempi più virtuosi nella lotta alla distruzione dell’ambiente. Ora però sono state registrate 13mila tonnellate di triclorofluorometano nell’atmosfera e non si capisce chi o cosa possa averle riversate, riaprendo il problema del buco nell’ozono: un sospettato c’è già per i ricercatori americani, ovvero una misteriosa fabbrica collocata tra Cina e Mongolia. Ma sarà difficile arrivare alla verità per gli scienziati/detective, in quanto potrebbe anche trattarsi di una reazione chimica non voluta.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Servono 70 miliardi per diventare carbon free nel 2030

Per raggiungere il traguardo prefissato dalla Strategia energetica nazionale, ovvero di diventare un paese carbon-free e col 55% di utilizzo di energia rinnovabile entro il 2030, sono necessari all’Italia 70 miliardi di investimenti. Il dato è contenuto in un rapporto dell’Osservatorio italiano per le energie rinnovabili. La SEN si propone l’obiettivo di rispettare l’Accordo di Parigi, garantendo allo stesso tempo il fabbisogno energetico e contenendo i costi dell’elettricità per famiglie e imprese. La SEN però non tiene in conto, come sottolinea l’OIR, della possibilità di rinnovare impianti già esistenti per non consumare troppo suolo. Servono 5 gigawatt all’anno di installazioni eoliche e fotovoltaiche l’anno per raggiungere quel 55%: per ora un traguardo lontanissimo perché l’attuale tasso è poco più di un sesto di quello contenuto nel programma. Il “business as usual” non può andare bene per raggiungere gli obiettivi e questo è chiaro a tutti; servono azioni più incisive per aumentare le energie rinnovabili, ammodernando il parco esistente (riqualificando impianti desueti), senza aumentare le bollette. Il Sen stesso pare sottostimare di parecchio la cifra effettivamente necessaria per realizzare tutto questo (37 miliardi contro i 70 calcolati dall’OIR) al netto di infrastrutture e interventi di manutenzione.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.