Il Po al tempo della siccità

Il fiume più lungo d’Italia in alcuni tratti ormai sembra solo un rigagnolo e i suoi affluenti sono totalmente prosciugati (ridotti a pietraie erbose) e la situazione nel Piemonte occidentale e meridionale è critica, con un deficit pluviometrico del 37 %. Sono stati 30 ormai i giorni passati senza pioggia, superati in tempi recenti solo nel 1997 (32 giorni) e nel 2011 (36 giorni). Senza arrivare alla siccità estrema registrata nel 1921 (54 giorni), il Piemonte, una regione tradizionalmente ricca d’acqua, si ritrova a fare i conti con la sete, esasperata dallo smog.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Piemonte ostaggio della siccità

Sono ben tredici i comuni del torinese che vengono riforniti di acqua con autobotte perché ad ottobre in tutto il Piemonte non si è vista una sola goccia d’acqua. Sono altri quaranta i comuni in preallarme nel torinese, mentre nell’area di Asti e Alessandria sono già 50 i comuni che scarseggiano in acqua e vengono riforniti con autobotti. Le temperature a quanto pare diminuiranno ma della pioggia neanche l’ombra fino al weekend, quando passerà brevemente per poi cedere nuovamente il posto all’alta pressione.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Aspettando l’auto elettrica il ministro dice no agli incentivi

l ministro dei trasporti Delrio ha affermato che non ci sarà alcun incentivo per l’acquisto di auto ecologiche, in quanto il mercato dell’auto sta andando bene in questo momento in Italia. Peccato che anni fa, quando il mercato dell’auto aveva subito una battuta d’arresto, non sia stato ugualmente approvato alcun incentivo per le auto elettriche. In compenso, a quanto afferma il ministro, i fondi verranno concentrati su mezzi pubblici e treni, oltre alle colonnine di ricarica per auto elettriche: se il futuro è di questa tipologia di auto, che almeno si possa utilizzarle! Tuttavia il ministro non ha specificato in alcun modo qual’è l’entità degli investimenti e dove verranno collocate le colonnine.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

A lezione sul Monte Bianco per osservare il cambiamento climatico

Nella cornice della Val Veny, ai piedi del Monte Bianco, si terrà un vero e proprio viaggio didattico rivolto a professori di medie e scuole superiori, svolto da esperti glaciologi e geologi, che spiegheranno, tra teoria e osservazioni pratiche privilegiate, lo scioglimento dei ghiacciai come fenomeno in espansione a causa del cambiamento climatico.

Purtroppo la situazione sull’arco alpino occidentale è davvero drammatica: un rifugio in Val Veny quest’estate è stato chiuso per mancanza di acqua e ormai fiumi glaciali e ghiacciai stanno lasciando il posto alla nuda roccia; è quasi superfluo aggiungere che le escursioni alpinistiche si sono fermate completamente per pericolo. Gli effetti climatici sulle Alpi sono devastanti e se il riscaldamento globale ha portato all’aumento di 0,8 gradi in un secolo, sull’arco alpino l’aumento è stato di ben 2 gradi (nell’Artico 3). Sappiamo ormai da qualche tempo che gli obiettivi fissati a Parigi sono pura utopia.

Il programma, approvato dal ministero e denominato “Ghiaccio fragile”, è curato dal dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Siena e sostenuto dal Museo nazionale della montagna di Torino oltre che dall’Iren di Reggio Emilia e la casa editrice Zanichelli.

Il coinvolgimento nel programma di docenti delle scuole agevola la divulgazione della riflessione sui cambiamenti climatici anche presso i giovanissimi, i quali potranno giovarsi di una maggiore consapevolezza che li metterà nelle condizioni di fare scelte migliori nei confronti dell’ambiente anche nella vita di tutti i giorni. L’interesse dimostrato per il progetto è già di per sé un grande successo: sono state talmente tante le adesioni che alcune persone non hanno potuto essere coinvolte, ma certamente, spiegano gli organizzatori, attraverso le nuove tecnologie ci sarà la possibilità per tutti di seguire passo a passo l’itinerario e i discorsi tenuti dagli esperti che saranno opportunamente registrati.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Italia settima per numero di vittime delle catastrofi naturali

Nel 2016 le persone colpite da disastri naturali nel mondo sono state 411 milioni, una cifra quattro volte superiore a quella dell’anno precedente, rende noto il Cred (Centre for the Epidemiology of Disaster). L’Italia si trova al settimo posto in questa triste classifica di nazioni colpite.

I disastri naturali possono prendere varie forme: le inondazioni e le tempeste hanno causato il 71 % di vittime , mentre i terremoti il 17%. La siccità a sua volta detiene un triste primato 94% dei paesi colpiti da catastrofi naturali è flagellato anche dalla mancanza d’acqua ed è una delle principali cause di aumento del flusso migratorio che raggiungerebbe secondo le stime, la cifra spaventosa di 250 milioni di persone nel 2050. Gli stati più poveri e fragili come Sudan e Haiti (ad esempio) fronteggiano molteplici problemi e sono in costante emergenza umanitaria.

Tutti i continenti sono coinvolti dal problema catastrofi naturali, ma India, Cina ed Ecuador sono sul podio a causa di siccità, calore e inondazioni. L’Italia è al settimo posto a causa dei devastanti terremoti che hanno colpito il centro del nostro paese negli ultimi anni.

L’impatto sull’economia non è da trascurare: nel 2016 i disastri naturali nel mondo hanno mandato in fumo 97 miliardi. Solo una massiccia opera di prevenzione e conseguente denuncia dell’abusivismo edilizio porterebbe a contenere significativamente i costi di queste catastrofi: per questo motivo l’ONU lancerà una campagna chiamata “Home safe home” per sensibilizzare a livello globale governi e privati a rendere più sicure le comunità in cui viviamo, per ridurre le vittime della furia del cambiamento climatico.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.