Viaggio nel clima che cambia l’Italia

Luca Mercalli, meteorologo e divulgatore degli eventi legati al cambiamento climatico, introduce il “Climatic Gran Tour” fotografico dell’Italia curato da Alessandro Gandolfi, il quale ha fotografato per un anno paesaggi italiani modificati dal clima, spesso non in meglio.

Il primo problema è la desertificazione, che coinvolgerà fino ad un quinto del territorio italiano, specialmente al sud, secondo l’Enea, per conseguenze delle estati calde e secche.

Il secondo è quello dei tornado, che devastano i territori pianeggianti, seppur con meno intensità rispetto a ciò che avviene negli USA; ne sanno qualcosa gli abitanti della Valpadana colpiti a più riprese in varie zone nell’ultimo secolo.

Poi vi sono le erosioni costiere e l’aumento del livello del mare, causate dallo scioglimento dei ghiacciai e dalla dilatazione termica dell’acqua più calda; secondo studi del Cnr, il livello dell’Adriatico si è innalzato di 17 cm dal 1875 e forse entro fine secolo avrà aggiunto a questa cifra un metro in più, mettendo in serio pericolo Venezia. Non si dimentichino inoltre le terribili alluvioni che hanno colpito le nostre città e campagne e che sono destinate ad aumentare in quanto atmosfera e oceani più caldi velocizzeranno il ciclo dell’acqua (la situazione alluvioni è aggravata dalla cementificazione). Inoltre l’acqua salina per la crescita del livello marino, creerà un cuneo nell’entroterra e andrà a danneggiare coltivazioni ed acquedotti.

Il quarto problema, strettamente legato nelle cause al primo, è quello degli incendi, causati dalle temperature record, che distruggeranno ettari di vegetazione, colpendo duramente il meridione, dove si sono già verificati episodi drammatici (500 ettari bruciati in Puglia nel 2007). Il caldo porterà anche le zanzare vettrici di malattie tropicali in Italia, le quali causeranno epidemie a noi finora sconosciute e porterà allo scioglimento quasi completo dei ghiacciai nelle Alpi, la cui superficie si è già dimezzata in 150 anni.

Se non agiamo in fretta per prendere le contromisure, l’Italia diventerà un paese per noi irriconoscibile.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

 

Sci solo oltre quota 2500 sulle Alpi in futuro

Il turismo invernale sulle Alpi potrebbe subire in un futuro non troppo remoto una dura battuta d’arresto a causa del riscaldamento globale: la neve è infatti diminuita di molto, specialmente entro i 1200 m di altitudine, dove si concentra un quarto degli impianti sciistici. Entro la fine del secolo, se non saranno messe in atto le misure di contenimento del riscaldamento previste dall’accordo di Parigi, le Alpi potrebbero perdere fino al 70 % di neve, con un impatto devastante sul piano paesaggistico e turistico (danno che sarebbe ridotto del 30 % in caso contrario). La stagione sciistica sarebbe ritardata di circa un mese e gli sciatori dovrebbero recarsi fino ad oltre 2500 m per godersi la neve (ridotta tuttavia del 40 % anche lì, pensiamo a località come il Cervino o Chamonix). Il fenomeno è già pienamente in atto nelle Alpi svizzere con stagioni natalizie che da tre anni portano poche nevicate e un’aridità mai riscontrata in 150 anni.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Lo scioglimento della neve sulle Alpi

Il rapporto stilato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente uscito di recente segnala una situazione di criticità per quanto riguarda l’arco alpino, in particolare il versante italiano. La neve gradualmente sta sparendo dai paesaggi alpini, sostituita da inverni piovosi che creeranno una sorta di fanghiglia, che aumenterà il rischio slavine. Questo brusco cambiamento climatico, che nelle Alpi danneggerà turismo ed altre attività economiche, è il frutto di un’inesorabile aumento delle temperature, che se nell’emisfero settentrionale è di un grado, sulle Alpi è di ben due gradi (secondo i calcoli a partire da fine ‘800) e ciò è devastante per i ghiacciai, il cui volume si è dimezzato e rischia di essere ridotto fino al 90 % entro fine secolo. L’arco alpino in futuro sarà interessato da lunghe siccità, piogge torrenziali e ondate di calore, come avverrà anche nel resto della nostra penisola e delle aree di Francia e Spagna che si affacciano sul Mediterraneo. Le piogge diminuiranno sempre di più e la temperatura aumenterà di un grado e mezzo in inverno e due in estate: ciò vuol dire che le ondate di calore diventeranno la norma e saranno sempre più letali e molte specie vegetali come olivi, vitigni e grano duro emigreranno più a nord.

In Antartide invece gli scienziati lanciano l’allarme per la cosiddetta zona Larsen C, un’imponente massa di ghiaccio che sta per staccarsi dal continente creando il più grande iceberg della storia.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

L’inquinamento in Pianura Padana

In Italia il record in morti a causa dell’inquinamento è detenuto dalla pianura padana, la quale tanto è densamente abitata quanto inquinata. I killer sotto accusa sono le micropolveri sottili, il biossido di azoto e ozono, a cui un rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente ha attribuito rispettivamente 59.500, 21.600 e 3300 morti precoci in Italia. Lo stesso studio calcola che in tutta Europa nel 2012 siano avvenute 491.000 morti precoci, di cui ben 84.400 in Italia. Le micropolveri sono le più letali, in quanto ben l’87% della popolazione europea è esposta ad esse in quantità di gran lunga superiori alla soglia limite; le città più colpite in Italia da questo fenomeno di sforamento sono Brescia, Monza, Milano e Torino (considerando il limite di 25 microgrammi per metro cubo d’aria), mentre le grandi città del centro sud entrano nella classifica se si considera il limite di 10 microgrammi. Oltre alle morti precoci purtroppo si riscontrano anche patologie di tipo cardiaco e respiratorio, sempre in aumento per coloro che vivono nelle metropoli.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Bankitalia sul cambiamento climatico

Bankitalia per la prima volta si esprime sul cambiamento climatico, sostenendo che le catastrofi naturali come terremoti e alluvioni, stiano danneggiando le banche poiché per famiglie e imprese vi è una copertura assicurativa troppo bassa. L’inondazione del Veneto nel 2010 e il conseguente dissesto del territorio, ha portato un dissesto dei bilanci bancari e dello spread, dunque anche la solidità del nostro sistema finanziario viene intaccata dal cambiamento climatico. I vertici di Bankitalia e persino il ministro Padoan, al “National dialogue on sustainable finance”, nelle insolite vesti di ecologisti, hanno affermato quanto sia importante la sfida al cambiamento climatico e il fatto che lo sviluppo sostenibile debba essere incentivato. L’ufficio studi di Bankitalia pare stia lavorando ad approfondire il rischio idrogeologico, dato che il 15% della popolazione e il 18% delle imprese sono esposte a possibili inondazioni e tra il 2009 e il 2011 si sono verificati una media di 82 eventi all’anno con danni stimati per 2,7 miliardi di euro, aumentati a 3,1 nel solo 2015. Fallimenti e crediti deteriorati sono la preoccupazione degli istituti bancari, e la riduzione del valore di garanzia dei prestiti. Si dovrebbe secondo Bankitalia ridurre il rischio lavorando sulla prevenzione e aumentando la copertura assicurativa sulle proprietà, che nelle zone sismiche del centro Italia arriva a malapena all’1 % del totale, ma tutto questo richiederebbe un intervento pubblico in quanto le assicurazioni private sono disincentivate a servire territori ad alta sismicità. Nonostante i problemi che già si sono manifestati, il peggio deve ancora arrivare, in quanto il cambiamento climatico si dipana su tempi lunghi e potrebbe causare gravi ripercussioni sul precario equilibrio di bilancio nel nostro paese.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”