Una pianta che brucia la pelle: avvistamenti negli USA (ma c’è anche in Italia)

Il panace di Mantegazza è una pianta molto invasiva e pericolosa, potenzialmente causa di ustioni e cecità; è stato registrato un aumento nella presenza di quest’ultima negli USA secondo gli esperti del Massey Herbarium della Virginia Tech University, facendo della Virginia il nono stato “colonizzato” dalla pericolosa pianta. Essa è originaria del Caucaso, ma si è espansa in tutta Europa per il suo uso come pianta ornamentale. Il panace fa parte delle piante ombrellifere e può raggiungere un’altezza di cinque metri; ha fiori bianchi e foglie di grandi dimensioni. La sua linfa contiene le furanocumarine, delle sostanze velenose che a contatto con la luce si attivano, e se si tocca la pianta si possono sviluppare infiammazioni bollose gravi sulla pelle e si rischia anche di rimanere ciechi temporaneamente o permanentemente se si toccano gli occhi. E’ presente anche in Italia, e benché non ci sia da preoccuparsi, è necessario fare attenzione nelle zone alpine e subalpine, in particolare Veneto, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta. Fa parte delle 49 specie invasive più pericolose in Europa, avendo causato 10.000 ospedalizzazioni nel nord Europa. Ovviamente qualora ci si dovesse imbattere in un esemplare di panace non bisogna toccarlo per nessun motivo, e fotografare se possibile la pianta e avvertire il comune che procederà all’eventuale eradicazione.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Legambiente su cambiamento climatico ed emergenza acqua

Legambiente ha tracciato una mappa del rischio climatico in Italia nel rapporto: “SOS acqua: nubifragi, siccità e ondate di calore. Le città alla sfida del clima”; il cambiamento climatico, ancora considerato un cattivo presagio a fine secolo scorso, è ormai diventato la quotidianità. Il 2016 e il 2017 sono stati gli anni più caldi dal 1880 e le piogge sono aumentate del 21% stagionalmente, mentre tra il 1964 e il 2017 le temperature medie globali si sono alzate di circa 0,18 gradi ogni decennio. Gli effetti di tutto ciò non si osservano solo nei ghiacciai e al Polo Nord, ma anche nelle nostre stesse città, sempre più flagellate da ondate di calore alternate a nubifragi. I fenomeni meteorologici estremi in Italia sono stati 340 in 8 anni, e hanno causato 157 vittime e 45.000 sfollati in 198 comuni. Ma esistono anche realtà virtuose, che adattandosi alle sfide del cambiamento climatico fanno sperare. Il rapporto di Legambiente, presentato a Roma in collaborazione con Unipol, è incentrato principalmente sulla risorsa acqua, che diventa un problema quando manca (causando siccità negli invasi, nei fiumi e nei laghi) e quando ne cade troppa (provoca nubifragi e inondazioni che danneggiano i raccolti in campagna e creano disagi in città). Ma si parla anche di sprechi e di inefficienza delle reti di distribuzione, della difficoltà di raggiungere alcune aree del paese creando difficoltà di accesso all’acqua corrente per una fascia di popolazione, e infine i rischi di autorizzare costruzioni in aree idrogeologiche instabili. Bisogna però dire che nonostante in Italia non esista un vero e proprio programma di contrasto al cambiamento climatico, alcuni comuni si sono attrezzati autonomamente per fare fronte a questa nuova sfida, cercando di diminuire sprechi e perdite (Bologna), riprogettando l’uso di corsi d’acqua, sistemi fognari e aree verdi (Milano) oltre ad impedire costruzioni abusive sulla costa che subiscono allagamenti (Nuoro). Il rapporto di Legambiente aggiunge anche Treviso, Isola Vicentina e la cittadina modenese di Bomporto come comuni virtuosi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

Agricoltore valdostano fa causa all’Europa per i danni dovuti al cambiamento climatico

Giorgio Elter, un agricoltore di Cogne, è determinato nel chiedere danni all’Europa attraverso un’azione legale “corale” sostenuta da Legambiente e che coinvolge una decina di famiglie di mezza Europa che si sono rivolte alla Corte di Giustizia contro il Parlamento e Consiglio europei, per denunciare l’inadeguatezza delle istituzioni nel fronteggiare l’inquinamento causato dai gas climalteranti. Tutto ciò ha causato enormi danni al tessuto agricolo del continente; Elter ne sa qualcosa. Vive producendo alimenti biologici locali oltre a gestire un bed & breakfast; ricorda di come a 1800 m, all’inizio della sua attività, la coltivazione di lamponi andasse a gonfie vele, mentre ora a causa dell’aumento delle temperature, i frutti faticano a maturare. L’altro aspetto della sua professione riguarda invece il turismo, che si basa in quella zona sulle arrampicate su ghiaccio. Le temperature però non rendono più sicura questa attività. Dunque tra calo di produzione del 20-30% e minore presenza turistica, Elter, come altre famiglie che si trovano in simili situazioni, ha deciso di fare causa. I rappresentanti di Legambiente sottolineano come anche l’Italia stia facendo troppo poco per la riduzione delle emissioni inquinanti e che dovrebbe rafforzare l’azione per gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi. Queste famiglie sono l’esempio lampante di come il cambiamento climatico sia un problema molto vicino ed attuale.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Allarme meduse sulle coste italiane

Dall’Istituto di Scienze Marine del Cnr di Foggia arriva l’allarme sulle meduse nelle acque nostrane: in 10 anni sono aumentati gli avvistamenti di meduse di ben 10 volte. Passano attraverso il Canale di Suez, queste specie tropicali, e ormai hanno fatto dei mari italiani la loro casa, grazie alle acque sempre più surriscaldate. Il problema sta nel fatto che a differenza delle specie tradizionalmente presenti nei nostri mari, che tutt’al più “pungono”, le specie tropicali sono pericolose e possono anche provocare la morte. La cosiddetta “Caravella portoghese” e la “Medusa nomade” sono due specie tropicali avvistate tra Sicilia, Calabria e Sardegna e sono entrambe velenosissime.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

A cura di M.B.

Servono 70 miliardi per diventare carbon free nel 2030

Per raggiungere il traguardo prefissato dalla Strategia energetica nazionale, ovvero di diventare un paese carbon-free e col 55% di utilizzo di energia rinnovabile entro il 2030, sono necessari all’Italia 70 miliardi di investimenti. Il dato è contenuto in un rapporto dell’Osservatorio italiano per le energie rinnovabili. La SEN si propone l’obiettivo di rispettare l’Accordo di Parigi, garantendo allo stesso tempo il fabbisogno energetico e contenendo i costi dell’elettricità per famiglie e imprese. La SEN però non tiene in conto, come sottolinea l’OIR, della possibilità di rinnovare impianti già esistenti per non consumare troppo suolo. Servono 5 gigawatt all’anno di installazioni eoliche e fotovoltaiche l’anno per raggiungere quel 55%: per ora un traguardo lontanissimo perché l’attuale tasso è poco più di un sesto di quello contenuto nel programma. Il “business as usual” non può andare bene per raggiungere gli obiettivi e questo è chiaro a tutti; servono azioni più incisive per aumentare le energie rinnovabili, ammodernando il parco esistente (riqualificando impianti desueti), senza aumentare le bollette. Il Sen stesso pare sottostimare di parecchio la cifra effettivamente necessaria per realizzare tutto questo (37 miliardi contro i 70 calcolati dall’OIR) al netto di infrastrutture e interventi di manutenzione.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.