ISPRA: 259 pesticidi nelle acque italiane

I pesticidi sono presenti nel 67% delle acque superficiali e nel 33% di quelle sotterranee e presentano valori fuori norma rispettivamente nel 23, 9% e nell’8,3% dei casi. Questi sono i risultati delle analisi del rapporto 2018 sui pesticidi nelle acque italiane dell’ISPRA, che ha messo insieme i risultati dell’analisi di ben 35.353 campioni provenienti da diverse regioni, trovandovi 259 tipi di pesticidi, soprattutto erbicidi, che facilmente si diffondono con le piogge. I danni dell’agricoltura intensiva si fanno sentire col loro carico di sostanze chimiche bandite da anni che permangono nelle nostre falde acquifere, nell’acqua che beviamo. Il glifosate e il suo metabolita Ampa sono le sostanze che generano più sforamenti nelle quantità e vi sono erbicidi messi al bando che dopo decenni sono ancora presenti nelle acque sotterranee, dove i processi sono sempre più lenti che in superficie. In alcuni campioni sono state isolate ben 50 sostanze diverse. Nei fiumi e nelle falde le sostanze chimiche tendono anche a miscelarsi, con effetti devastanti e imprevedibili. La diffusione di pesticidi nelle acque risulta più grave al nord, specialmente nella pianura padana (in Veneto, Piemonte e Friuli Venezia Giulia ben il 90% dei campioni è inquinato), mentre al centro e al sud sembra che la situazione sia migliore: bisogna tuttavia evidenziare come alcune regioni del Mezzogiorno come Puglia e Calabria non abbiano pressoché fornito alcun dato. L’unico lato positivo dello studio dell’ISPRA è il dato di flessione nelle vendite di prodotti fitosanitari in agricoltura, del 36-37% tra il 2003 e il 2016. Fondamentale, come sottolinea il direttore dell’ISPRA, sarà in futuro un’omogeneità di analisi delle sostanze chimiche nel suolo e nelle acque a livello nazionale, per tutelare l’intera popolazione e scoraggiare l’utilizzo di pesticidi in agricoltura il più possibile, mentre la posizione degli ambientalisti, più radicale, chiede all’Europa di implementare i sussidi per le aziende che utilizzano metodi biodinamici e bloccarli completamente a chi fa uso di pesticidi.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

La plastica che soffoca il Mediterraneo

Una ricerca congiunta dell’ISMAR e dell’Università Politecnica delle Marche ha riscontrato come anche nel Mediterraneo, nel territorio italiano, esistano delle isole di microplastiche la cui estensione è paragonabile a quella dei vortici di plastica del Pacifico. I dati sono stati incrociati con quelli di Greenpeace, che ha effettuato una campionatura delle nostre acque nell’ambito del progetto dello scorso anno “Meno plastica e più Mediterraneo”. Ciò che è venuto fuori dalla campionatura, che ha coinvolto sia luoghi a forte impatto antropico (porti e foci di fiumi) che aree protette, è che i primi non risultano di molto più inquinati dei secondi; ci si aspetterebbe che a Portici (Napoli), le acque siano più inquinate che alle Isole Tremiti, tuttavia il livello di concentrazione delle microplastiche è simile. Riempiendo, per fare un esempio pratico, due piscine olimpioniche con l’acqua di Portici e l’acqua delle Isole Tremiti, nella prima piscina nuoteremmo immersi in 8900 pezzi di plastica e nella seconda in mezzo a 5500 pezzi. E’ dal 1950 che la produzione di plastica aumenta ininterrottamente e ogni anno 8 dei 300 milioni di tonnellate di plastica prodotti finisce in mare. Le microplastiche provengono da prodotti cosmetici e di uso personale (spesso monouso/usa e getta), ma anche da frammenti di oggetti di misura maggiore e imballaggi. Sono stati individuati ben 14 polimeri nelle plastiche rinvenute nelle nostre acque ma il polietilene è di gran lunga quello più diffuso. A breve arriveranno anche i risultati delle ricerche dell’UNIVPM sull’impatto delle microplastiche sui pesci e organismi marini delle nostre coste.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Ghiacci e problemi di confini in Europa

La svizzera Zermatt e l’italiana Cervinia si stanno litigando rifugi e piste da sci a causa del cambiamento climatico: una volta il Plateau Rosa divideva nettamente le due località, ma oggi questo imponente ghiacciaio si sta sciogliendo e sta diventando null’altro che roccia instabile. Dal 2009 la Svizzera, che non è in Europa, ha varato una legge sui “confini mobili”, proprio per fronteggiare queste nuove situazioni di insicurezza sui confini causate dal cambiamento climatico. Il caso, come spiega il senatore Albert Lanièce dalla Valle d’Aosta, rappresenta un unicum, e a maggio si riunirà una commissione speciale tra Svizzera e Italia per valutare come procedere. Finora, in altre situazioni, le cose si sono sistemate con rapporti di buon vicinato, ma ora bisognerà trovare una vera e propria regola, perché i casi saranno in futuro tutt’altro che sporadici, con i confini che talvolta tagliano in due uno stesso edificio.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Le microplastiche in Italia: guai anche alle Tremiti

I dati CNR-Ismar in collaborazione con Greenpeace hanno attestato una situazione preoccupante nei nostri mari a causa delle microplastiche che galleggiano abbondantemente in ben 19 siti sul mare da Genova ad Ancona. Il problema delle isole di plastica nel Pacifico, percepito fino ad oggi come distante, in realtà è ben più vicino di quanto pensiamo. Siamo messi male, perché nessun’area del Mediterraneo è esente dal problema, che sia protetta come le Tremiti o antropizzata come Portici. E lo studio si è limitato alle microplastiche in superficie, non si parla di quelle finite sui fondali.  La realtà è triste e sconcertante, le correnti trasportano ovunque la plastica che finisce poi per essere mangiata dalle specie animali marine. Imballaggi e resti di prodotti cosmetici e usa e getta sono gli oggetti più riscontrati, scaricati a tonnellate ogni anno nel nostro mare; preoccupa il fatto che il Mediterraneo sia un bacino chiuso e fortemente antropizzato, cosa che aggrava il problema, non essendoci maggior circolazione e ricambio di acqua, che impedirebbero un accumulo. La biodiversità nel Mare Nostrum rischia a breve un crollo del 50% se non si corre subito ai ripari con l’abbandono dell’utilizzo della plastica usa e getta.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

Mediterraneo: in un chilometro cubo centinaia di kg di plastica

Il titolo contiene un’affermazione forte, fatta da Marco Faimali, ricercatore Cnr, intervenendo a Lerici (La Spezia) a un convegno organizzato da Sea Shepherd sulla pericolosità delle micro e nanoplastiche nei mari e negli oceani. Ha inoltre aggiunto che la plastica non è un inquinante qualsiasi, perché in grado di assorbire altri inquinanti, fungere da vettore e dunque veicolare tossicità agli organismi che si cibano delle sue micro-particelle triturate. Gli effetti delle microplastiche specialmente sui più piccoli e fondamentali organismi marini come lo zooplancton sono ancora in corso di accertamento. Il nostro mare ha un valore inestimabile per la sua quantità di biodiversità, un valore, come provocatoriamente afferma Faimali, pari alla quarta economia d’Europa, se il Mediterraneo fosse uno stato. Non possiamo permettere che le plastiche lo avvelenino e che avvelenino il nostro futuro, quando in mare ci sarà più plastica che pesci.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B