La barriera corallina amazzonica e le trivellazioni

Greenpeace lancia l’allarme contro i progetti di ricerca di compagnie petrolifere che mirerebbero a mettere le mani sulla barriera corallina amazzonica in vista di potenziali trivellazioni.
La barriera corallina è un ecosistema scoperto recentemente tra la Guyana francese e lo stato brasiliano di Maranhão che potrebbe restituirci un quadro importante nell’ambito della biologia marina con potenziali scoperte di nuove specie e costituisce base importante per l’economia dell’area, fondata principalmente sulla pesca. Ancora una volta si lancia così un appello alla difesa della natura e dell’economia tradizionale locale per contrastare le cieche logiche di profitto delle multinazionali che non hanno rispetto per l’ambiente.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Lo sbiancamento della barriera corallina australiana

L’ammiratissima Grande Barriera Corallina, una delle meraviglie del nostro pianeta, sta perdendo i suoi vivaci colori, sta subendo un fenomeno di sbiancamento di massa dei coralli, il più grave in vent’anni di ripetute situazioni di criticità. Gli scienziati australiani lanciano l’allarme e puntano il dito contro il caldo record, a causa del quale lo sbiancamento si estende al 93 % della barriera corallina lunga 2300 chilometri. La squadra di 300 scienziati, tra cui il professor Terry Hughes dell’Arc Centre of Excellence for Coral Reef Studies, preposta al monitoraggio del fenomeno, si augura che arrivi il brutto tempo, un ciclone magari, che possa salvare la situazione. I coralli stanno subendo un deperimento che rischia di intaccare l’intero ecosistema dell’area protetta e minacciare la sopravvivenza di specie come il pesce pagliaccio. Fortunatamente l’area meridionale del reef si è temporaneamente messa al riparo dal rischio grazie ai cicloni passati recentemente nell’area sud del Pacifico, che hanno portato nuvole e pioggia. Il comitato Unesco ha già ammonito le autorità di Canberra sul rischio che l’area finisca nella lista dei siti minacciati ed esortato a ridurre drasticamente l’emissione dei gas serra, che provocano il riscaldamento globale che, insieme all’inquinamento delle acque, potrebbe distruggere per sempre un patrimonio naturalistico meraviglioso.

A cura di M.B.

DA SITO “CORALCOE”

Il livello del mare sempre più alto

La nuova impressionante ricerca di Bob Kopp, studioso del clima alla Rutgers University del New Jersey e del suo team, ha messo in luce la responsabilità delle attività industriali dell’uomo sull’innalzamento del livello dei mari. Studiando i dati dal 1900 al 2000, ha riscontrato che i mari si sono alzati di circa 14 cm, ovvero 1,4 mm all’anno, una velocità senza precedenti da 28 secoli. La Nasa rincara la dose, sostenendo che il ritmo attuale dell’innalzamento dei mari è di 3,4 mm all’anno, oltre il doppio del secolo passato. Non devono restare dubbi dunque che il fenomeno sia stato e sia provocato dal comportamento umano e si prevede inoltre che di questo passo i mari potrebbero alzarsi di oltre 1 m entro la fine del secolo.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

Le trivelle in Italia

Il triste elenco delle località interessate in Italia dalle trivelle aumenta sempre di più; infatti si contano ben novanta concessioni per le ricerche sulla terraferma solo da Abbadia Cerreto a Zappolino, mentre altre ricerche ed estrazioni vengono effettuate in tutto l’Adriatico e al largo della Calabria e della Sardegna, oltre che presso le isole Tremiti. La lista è potenzialmente infinita e non vi è una sola regione che non sia coinvolta; nei nostri mari e nelle nostre campagne c’è una corsa al petrolio che comprende, oltre alle già menzionate concessioni per la terraferma, 24 concessioni per i fondali marini, 143 per “coltivazioni” di idrocarburi già individuati a terra e 69 in mare. L’assalto delle lobby petrolifere viene compiuto a danno di gioielli riconosciuti a livello mondiale per la loro bellezza e biodiversità, e tutto ciò lascia solo spazio a tanta amarezza e sfiducia nei confronti del governo che ha sbloccato queste concessioni.

A cura di M.B.

DA “IL CORRIERE”

L’innalzamento delle acque dei mari e conseguenze in Italia

La cartina geografica dell’Italia potrebbe cambiare in modo radicale nel giro di un secolo se non si corre ai ripari presto: infatti, col cambiamento climatico in corso e l’innalzamento del livello dei mari, una parte importante dell’Italia costiera sparirà sotto le acque. Il fenomeno riguarderebbe ad esempio l’area costiera tra Trieste e Ravenna e verso l’interno fino a Treviso, che verrebbe sommersa per la bellezza di 5500 km² e il mare si spingerebbe fino a 60 km verso l’interno rispetto ad oggi. Si tratterebbe solo di un esempio tra i tanti purtroppo, in quanto il centro studi ENEA ha stimato che ben 33 aree costiere in tutta Italia potrebbero essere sommerse, da Venezia alla Versilia, dalla foce del Tevere fino a Volturno e la piana di Catania in Sicilia. L’innalzamento delle acque non sarà tuttavia l’unico sconvolgimento per la nostra penisola perché una parte importante la giocherà anche l’inaridimento del suolo e un clima tanto arido e secco da far diventare il Belpaese come il Nord Africa, esposto ad alluvioni invernali e periodi prolungati di siccità, calore e scarsità d’acqua, mentre Nord Europa e Balcani tenderanno a “mediterraneizzarsi”.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”