Allarme oceani

Il WWF e la Zoological Society di Londra si uniscono per denunciare, attraverso il rapporto “Living Blue Planet”, una situazione insostenibile per i nostri oceani, che continua a peggiorare.

Il rapporto sconvolgente indica come dal 1970 al 2012 (soli 40 anni) la popolazione di mammiferi marini e di pesci sia calata del 49 % e quella di tonni, sgombri , sardine e palamite addirittura del 75 %. Le cause di tutto ciò sono la pesca incontrollata, l’inquinamento e le microplastiche, sterminatrici di fauna acquatica, insieme all’acidificazione delle acque (causata dall’anidride carbonica) che erode la popolazione di placton, l’organismo alla base dell’ecosistema marino.

Le conseguenze di questi crimini perpetrati contro gli oceani, fra non più di 10 anni, sarà l’estinzione di migliaia di specie marine, con ripercussioni gigantesche anche sull’essere umano, a partire dall’emigrazione di massa dalle aree costiere il cui mezzo principale di sussistenza è la pesca.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

L’acidificazione degli oceani

In questo breve articolo di Greenpeace, si sottolinea come il processo di acidificazione degli oceani, causata dall’emissione di CO₂ nell’atmosfera, abbia un impatto drammatico sugli ecosistemi marini.

L’acidificazione degli oceani, ovvero il passaggio dal pH naturale degli oceani, corrispondente a 8,2 in una scala da 0 a 14 (con massima acidità 0), ad un pH sempre più vicino alla soglia di neutralità, ovvero 7, mette in pericolo infatti la sopravvivenza di molti organismi marini il cui scheletro e guscio è composto da ioni carbonato, di cui essi verrebbero privati a causa dell’acidificazione.

Questo fenomeno investe con effetto domino barriere coralline, scrigno di biodiversità, e specie marine alla base delle reti alimentari, quali il fitoplancton, che da solo produce il 50 % dell’ossigeno che respiriamo, e potrebbe favorire la diffusione di alcune specie a scapito di altre.

L’ecosistema marino, già messo a dura prova da cambiamento climatico, inquinamento e pesca distruttiva, rischia di disintegrarsi a poco a poco con effetti devastanti anche sull’uomo.

Nonostante la consapevolezza della sostanziale irreversibilità del fenomeno, i danni peggiori possono essere minimizzati solo attraverso una decisa riduzione delle emissioni di CO₂.

A cura di M.B.