Le microplastiche nel nostro corpo

Una ricerca condotta dall’Agenzia per l’Ambiente austriaca ha appurato la presenza di polimeri delle microplastiche nelle feci umane; dopo i gabbiani, i pesci e il sale marino, la conclusione scientifica inevitabile è arrivata, ovvero che anche noi siamo contaminati. Forse addirittura il 50% degli esseri umani porterebbe nel proprio corpo tracce di microplastiche. Le particelle rinvenute vanno dai 5 ai 500 micrometri e sono state trovate in un campione di 8 persone provenienti da Europa, Russia e Giappone, non vegetariane. Su 10 varietà di microplastiche ne sono state attestate 9 nei corpi dei partecipanti e le tipologie più comuni sono polipropilene e polietilene tereftalato. 20 particelle ogni 10 grammi di feci in media. Le microplastiche sono capaci di inserirsi nel flusso sanguigno e linfatico, raggiungendo l’apparato intestinale causando potenzialmente malattie. Ridurre l’utilizzo della plastica è necessario, e le grandi responsabili sono le multinazionali soprattutto del settore alimentare e cosmetico, le quali devono impegnarsi a non utilizzare più imballaggi non riciclabili. Aziende quali Coca Cola, Unilever, Mondelez, Pepsico, Kraft Heinz, Procter & Gamble, Mars, Nestlè, Danone e Colgate Palmolive, secondo un sondaggio di Greenpeace, non condividono oppure non conoscono la quantità di imballaggi prodotti e la fine del loro ciclo di vita. Sebbene abbiano tra le loro politiche la riciclabilità degli imballaggi, nessuno sforzo economico a monte è stato fatto per incrementare questo aspetto e nessuno studio su sistemi alternativi di consegna e distribuzione.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

Microplastica nel sale da cucina

Greenpeace allerta i consumatori: da un nuovo studio in collaborazione con l’Università di Incheon in Corea del Sud, pubblicato su Environmental Science and Technology, è emerso che il 90% del sale che finisce sulle nostre tavole è contaminato da microplastiche inferiori ai 5 mm; i dati peggiori per concentrazione riguardano l’Asia. Il materiale trovato è Polietilene, PET e Polipropilene, i più utilizzati per gli imballaggi usa e getta. La contaminazione ormai è un dato di fatto a cui è impossibile sfuggire, tra pesci che ingurgitano plastica, rubinetti e cosmetici recanti microplastiche. E’ necessario agire al più presto per bandire la plastica usa e getta prima che diventi un serio rischio per la salute umana; Greenpeace ha già lanciato una petizione per far sì che le multinazionali smettano di utilizzare plastiche monouso.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Medicane: il ciclone del Mediterraneo

La fusione tra la parola Mediterranean e Hurricane potrebbe trarre in inganno: Medicane non è un vero e proprio uragano, ma una specie di ciclone simil tropicale che si abbatterà con mareggiate e forti venti sulle coste dell’Italia meridionale. Nel Mediterraneo non potrebbe formarsi un uragano, in quanto servirebbe un mare a 26-27 gradi centigradi in profondità, mentre nel Mare Nostrum queste temperature esistono solo in superficie. Tuttavia le prime correnti fredde, scontrandosi con l’acqua calda potrebbero generare fenomeni simili agli uragani ma di minore intensità (i venti raggiungerebbero “solo” i 100/150 km/orari, pari ad un uragano di tipo 1 in una scala di 5).

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Groenlandia: iceberg di quasi 5 km si stacca

Un ghiacciaio grande come Lower Manhattan si è staccato dal ghiacciaio Helheim vicino alla costa orientale della Groenlandia e tutto ciò è stato registrato in time-lapse. Il fenomeno di distaccamento dei ghiacciai che in inglese è detto “ice calving”, è dovuto anche al riscaldamento globale. In tutto il processo di distaccamento è avvenuto in venti minuti, e certamente contribuirà all’innalzamento delle acque, altro effetto del cambiamento climatico.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

La microplastica nei molluschi

Uno studio di Greenpeace ha appurato che le microplastiche non si trovano solo nello stomaco dei pesci più grandi, ma anche nei molluschi: ebbene anche il più piccolo organismo marino ormai è infettato dalle velenose microplastiche, che costituiscono la “zuppa” in cui si muovono i pesci. Si tratta di polimeri da pochi millimetri di spessore, quelli che si trovano, per intenderci, in scrub per il corpo o dentifrici. Il polietilene è l’elemento più diffuso nello stomaco dei pesci quali acciughe, triglie, merluzzi e scorfani (ma anche cozze e gamberi) ed è utilizzato per il packaging industriale. La situazione più critica resta l’Isola del Giglio, ma si sono registrati miglioramenti dal momento della rimozione del relitto della Costa Concordia. Purtroppo il Tirreno (come il Mediterraneo) è invaso dalla plastica, ma non dobbiamo considerare solo la plastica che possiamo osservare ad occhio nudo: la plastica si riduce a pezzi infinitesimali, tanto da rendere il mare una “zuppa” di microplastiche quasi invisibili, che rischiano di diventare nanoplastiche. A quel punto se ingerite da i pesci e assimilate nei tessuti potrebbero trasferirsi all’uomo direttamente, e non vi sono studi che possano prevedere cosa accadrebbe a quel punto.

Per questo motivo non basta riciclare la plastica, bisognerebbe non utilizzare del tutto ciò che viene detto “usa e getta”; il sindaco delle Isole Tremiti ha già preso provvedimenti in questo senso, con un’ordinanza che vieta stoviglie monouso.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.