La plastica che soffoca il Mediterraneo

Una ricerca congiunta dell’ISMAR e dell’Università Politecnica delle Marche ha riscontrato come anche nel Mediterraneo, nel territorio italiano, esistano delle isole di microplastiche la cui estensione è paragonabile a quella dei vortici di plastica del Pacifico. I dati sono stati incrociati con quelli di Greenpeace, che ha effettuato una campionatura delle nostre acque nell’ambito del progetto dello scorso anno “Meno plastica e più Mediterraneo”. Ciò che è venuto fuori dalla campionatura, che ha coinvolto sia luoghi a forte impatto antropico (porti e foci di fiumi) che aree protette, è che i primi non risultano di molto più inquinati dei secondi; ci si aspetterebbe che a Portici (Napoli), le acque siano più inquinate che alle Isole Tremiti, tuttavia il livello di concentrazione delle microplastiche è simile. Riempiendo, per fare un esempio pratico, due piscine olimpioniche con l’acqua di Portici e l’acqua delle Isole Tremiti, nella prima piscina nuoteremmo immersi in 8900 pezzi di plastica e nella seconda in mezzo a 5500 pezzi. E’ dal 1950 che la produzione di plastica aumenta ininterrottamente e ogni anno 8 dei 300 milioni di tonnellate di plastica prodotti finisce in mare. Le microplastiche provengono da prodotti cosmetici e di uso personale (spesso monouso/usa e getta), ma anche da frammenti di oggetti di misura maggiore e imballaggi. Sono stati individuati ben 14 polimeri nelle plastiche rinvenute nelle nostre acque ma il polietilene è di gran lunga quello più diffuso. A breve arriveranno anche i risultati delle ricerche dell’UNIVPM sull’impatto delle microplastiche sui pesci e organismi marini delle nostre coste.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Il Mar Morto è un deserto di sale

Il bacino d’acqua tra Israele, Cisgiordania e Giordania si sta prosciugando, perdendo acqua con un ritmo di un metro all’anno. Il fiume Giordano, che si getta nel Mar Morto, non può portare sollievo alla situazione in quanto esso è massicciamente sfruttato per l’irrigazione; il risultato è che nel satellite si possono osservare due bacini del Mar Morto, di cui quello a sud sempre meno profondo e pieno di aree di evaporazione da cui vengono estratti materiali utili per i cosmetici e i fertilizzanti. Negli ultimi 15-20 anni il cambiamento è stato drastico e visibile: gli hotel che una volta contemplavano la spiaggia, oggi sono in mezzo al deserto, in stato di abbandono per l’avanzamento della sabbia. Le previsioni degli scienziati indicano un ulteriore inaridimento, e il Mar Morto potrebbe diventare un instabile deserto salino per l’evaporazione dell’acqua in soli 50 anni. L’ultima volta che il Mar Morto si è prosciugato è stata 120.000 anni fa, durante l’interglaciale più caldo e lungo, quello di Riss-Wurm, mentre durante la glaciazione 25.000 anni fa era 260 metri più in alto di oggi. Il modo di risolvere il problema che va per la maggiore, proposto e riproposto sin dagli anni ’70, è quello di collegare il Mar Morto al Mediterraneo attraverso un tunnel, che porterebbe acqua al primo e anche alimentazione pulita per l’energia elettrica grazie al dislivello del terreno. Nel 2013 la Banca Mondiale era pronta ad appoggiare l’ultimo progetto in questo senso, ma ha ricevuto la forte critica degli ambientalisti, che giustamente hanno fatto notare il diverso grado di salinità nonché la questione della peculiarità dell’habitat del Mar Morto.

La soluzione più immediata invece sembra impraticabile in assenza di accordi: si dovrebbe fermare o regolamentare i prelievi dal Giordano e fermare le estrazioni di minerali nel Mar Morto.

Tutti i grandi laghi del mondo stanno d’altronde soffrendo per l’evaporazione: il lago di Aral, il lago di Urmia in Iran e il Poopò in Bolivia, solo per citarne alcuni.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

L’Artico si scalda più del resto del pianeta

L’effetto del riscaldamento globale si fa sentire più di ogni altro luogo sulla Terra nell’Artico, e più ghiaccio si scioglie e più accumula calore. Un circolo vizioso che colpisce anche il permafrost siberiano, che sciogliendosi dopo decine di migliaia di anni libera i gas che potrebbero fare da detonatore in una situazione climatica già compromessa. Sui fiordi presso le isole Svalbard i centri di ricerca registrano un aumento di temperatura delle acque pari a 4,3 gradi centigradi ogni dieci anni (dati CNR) e l’aumento della temperatura dell’aria di 3 gradi. L’ecosistema dei fiordi è minacciato dall’infiltrazione delle acque atlantiche e la diminuzione del ghiaccio marino: alghe, organismi e animali subiscono uno shock incalcolabile, specialmente in inverno. L’inquinamento delle zone antropizzate della terra crea un circolo vizioso tra ghiacci riflettenti che si sciolgono e radiazioni di calore che s’infiltrano nel blu scuro del mare, riscaldandolo sempre di più. Il permafrost è il “gigante dormiente” della situazione, costituito da biomassa delle antiche foreste e quindi riserva potentissima di gas serra come il metano e l’anidride carbonica, una vera e propria capsula del tempo pronta ad esplodere. Nessuno studio ha ancora quantificato i potenziali effetti di un totale scioglimento del permafrost a fine secolo.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Gli atolli che scompariranno entro il 2050

Dalle Isole Marshall alle Hawaii, dalle Maldive all’Oceano Pacifico: ci resta poco tempo per visitare circa un migliaio tra gli atolli più bassi, che entro il 2050 saranno completamente sommersi. Molti di essi sono ancora abitati e altri solo di recente sono rimasti vuoti perché gli abitanti si sono trasferiti. La ricerca pubblicata su science Advances ha coinvolto studiosi provenienti da diverse parti del mondo, oltre al US Geological Survey e il National Oceanic and Atmospheric Administration; l’impatto del cambiamento climatico, negato dall’amministrazione Trump, si farà sentire a breve per gli abitanti degli atolli. Il caso delle Isole Marshall è un esempio perfetto: ci vivono militari americani con le loro famiglie e altri civili. Se le acque dell’oceano continueranno a salire, è molto probabile che non solo sommergano le coste, ma vadano anche ad intaccare le falde acquifere, rendendo inutilizzabili le riserve di acqua potabile. La vita sui piccoli “paradisi” potrebbe raggiungere un punto di non ritorno già nel 2050 a causa dell’innalzamento del mare e le sue conseguenze. Gli scienziati però avvertono che gli scenari peggiori potrebbero realizzarsi entro il 2030, per cui è assolutamente necessario tenere monitorata la situazione perché a breve la vita degli abitanti degli atolli potrebbe venire stravolta per sempre. Dal 2000 c’è stato un innalzamento delle acque di 5-6 cm e con 40 cm probabilmente si presenterà il problema delle falde acquifere. Non c’è modo di evitare tutto ciò anche rispettando l’accordo di Parigi da oggi in poi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Le microplastiche in Italia: guai anche alle Tremiti

I dati CNR-Ismar in collaborazione con Greenpeace hanno attestato una situazione preoccupante nei nostri mari a causa delle microplastiche che galleggiano abbondantemente in ben 19 siti sul mare da Genova ad Ancona. Il problema delle isole di plastica nel Pacifico, percepito fino ad oggi come distante, in realtà è ben più vicino di quanto pensiamo. Siamo messi male, perché nessun’area del Mediterraneo è esente dal problema, che sia protetta come le Tremiti o antropizzata come Portici. E lo studio si è limitato alle microplastiche in superficie, non si parla di quelle finite sui fondali.  La realtà è triste e sconcertante, le correnti trasportano ovunque la plastica che finisce poi per essere mangiata dalle specie animali marine. Imballaggi e resti di prodotti cosmetici e usa e getta sono gli oggetti più riscontrati, scaricati a tonnellate ogni anno nel nostro mare; preoccupa il fatto che il Mediterraneo sia un bacino chiuso e fortemente antropizzato, cosa che aggrava il problema, non essendoci maggior circolazione e ricambio di acqua, che impedirebbero un accumulo. La biodiversità nel Mare Nostrum rischia a breve un crollo del 50% se non si corre subito ai ripari con l’abbandono dell’utilizzo della plastica usa e getta.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.