Riserve ittiche ai minimi

L’ONU continua a denunciare il depauperamento dei mari, saccheggiato da mezzo secolo di pesca selvaggia: la situazione rischia di trasformarsi presto in un disastro ambientale con il 90% delle riserve ittiche con un surplus di pescato. Oltre al danno per l’ecosistema ci sarebbero pesanti ripercussioni su coloro che lavorano nel settore della pesca, per il 97% nei paesi in via di sviluppo (in totale 60 milioni di persone). Per questo motivo nel 2015 nell’ambito dell’Agenda 2030, 193 nazioni si sono impegnate a sottoscrivere 17 “Sustainable Development Goals” tra cui “Life Underwater”, l’articolo numero 14, volto alla protezione della fauna e la flora marina. In quella sede è stato stabilito che l’unico metodo efficace per mettere un freno allo scempio dei mari è il taglio dei sussidi alla pesca entro il 2020. Le agevolazioni sul gasolio marino portano alla formazione di flotte sempre più grandi, colossi che sono responsabili dell’85% del pescato mondiale ma che danno lavoro solo al 10% dei pescatori, mentre solo le briciole vengono lasciate al restante 90%, i più poveri proprietari di modesti pescherecci, i meno responsabili dunque per il disastro ambientale causato nei mari. Il punto della situazione lo si è fatto lo scorso luglio in una due giorni a Ginevra, l’Oceans Forum, dove ONU e FAO agiscono da coordinatrici. La priorità è continuare sulla strada dei tagli ai sussidi, ma molti paesi sembrano essersi già messi sulla strada giusta, come Malta, Maldive, Ecuador e Perù, che stanno incrementando le buone pratiche per la pesca sostenibile e puntando su settori alternativi come acquacultura e produzione di alghe per consumo alimentare.

DA “La Stampa”

A cura di M.B.

Ondate di caldo in città e traffico

Il caldo torrido che finora aveva risparmiato l’Italia ora si farà sentire con l’anticiclone africano che porterà afa e più di 40 gradi in alcune zone interne di Sicilia e Sardegna. L’ondata sarà intensa e colpirà più città sia nel nord che nel sud della penisola per una settimana intera, con bollino rosso per città come Bolzano, Bologna e Torino. Una settimana rovente con 30 gradi a 1000 m, e lo zero termico a 4500. Il tempo quest’anno pare però che si modificherà più presto del solito: non più dopo ferragosto, ma dopo la prima settimana di agosto, quando una perturbazione atlantica porterà un po’ di refrigerio. L’esodo estivo avviene proprio in corrispondenza del grande caldo, con traffico da bollino nero in alcuni tratti autostradali.

DA “La Repubblica”

A cura di M.B.

Dissesto idrogeologico in Italia

Il rapporto dell’ISPRA “Dissesto idrogeologico in Italia”, ha messo in luce il fatto che nel 2018 sono a rischio in media ben il 91% dei nostri comuni ed oltre 3 milioni di famiglie abitano in zone ad alta vulnerabilità. Si espande inoltre rispetto a qualche anno fa la superficie soggetta ad allagamenti oppure a frane; 550.000 edifici sorgono in luoghi ad alto rischio frane mentre 1 milione di edifici sorgono in luoghi ad alto rischio di allagamento. 7 milioni di individui vivono in luoghi ad alta vulnerabilità: 1 milione di essi a causa di possibili frane e i restanti 6 milioni a causa di dissesti idraulici di media o alta intensità. I valori più elevati di popolazione a rischio si trovano in Veneto, Lazio, Campania, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia e Liguria. Le industrie e i servizi collocati in zone a rischio frana si riscontrano maggiormente in Campania, Toscana, Emilia Romagna e Lazio. Mentre per ciò che riguarda il rischio alluvioni si trovano in Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Liguria. Quasi 38.000 beni culturali si trovano in aree a rischio frana, mentre 40.000 sono in zone a medio/basso rischio allagamento. In alcune regioni la percentuale di comuni a rischio raggiunge il 100%: Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana, Molise, Basilicata, Marche, Calabria, Umbria e Liguria, mentre in Lazio, Abruzzo, Piemonte, Campania, Trentino e Sicilia il rischio è calcolato tra il 91 e il 100%.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

La verde Inghilterra diventa gialla

Gli agricoltori del Sussex ormai chiamano le loro terre la “Sussex savannah”: effettivamente i tradizionali e ben conosciuti prati verdi inglesi si sono inariditi quest’estate, con una calura e siccità che fanno registrare un record negativo dal 1961. Questa settimana in Gran Bretagna si toccheranno i 35 gradi e non si vede pioggia da ben due mesi (!), cosa che fa dell’estate 2018 la più arida dalla seconda metà del 1700. L’allarme diramato è arancione, ovvero quasi di emergenza nazionale: gli abitanti sono stati invitati a stare il più possibile in casa e nascondere gli oggetti in vetro dalla luce solare per evitare incendi. Le foto satellitari riportano la situazione di drammatica siccità delle campagne: dove a nord della Manica si era abituati a vedere una macchia verde, se ne estende una gialla. Gli agricoltori e gli allevatori sono disperati per la carenza delle risorse idriche, tanto che si è arrivati al punto di bandire l’uso delle pompe da giardino. Alcuni stagni dell’Inghilterra centrale sono rimasti all’asciutto, mentre parti di fiumi non sono più navigabili a causa della siccità. I meteorologi prevedono che la situazione continuerà, con temperature di dieci gradi sopra la media stagionale. Gli unici ad esultare sono gli archeologi: con la siccità siti preistorici e rovine romane stanno affiorando per assenza di vegetazione e sono nettamente più visibili dai satelliti.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

A cura di M.B.