L’Italia dei monumenti a rischio

n Italia molti dei nostri monumenti d’interesse storico-artistico (80.000 circa) sono esposti a rischio di frane e alluvioni e si agisce troppo tardi, a catastrofe già avvenuta. I numeri sono forniti dall’Ispra, che ha realizzato una mappa delle bellezze italiane in pericolo, nell’ambito di un programma di messa in sicurezza del territorio italiano, con 10 miliardi a disposizione e 1500 cantieri già partiti. 3000 monumenti a rischio idraulico sono localizzati nella sola Roma e 1300 a Firenze: più di 2000 monumenti romani rischiano di finire sommersi da qualche alluvione nell’arco temporale di 500 anni, mentre a Firenze la Basilica di Santa Croce, la Biblioteca Nazionale, il Battistero e la Basilica di Santa Maria del Fiore insieme a più di 1000 altri monumenti rischiano la stessa sorte entro 200 anni. Alle grandi città ovviamente si aggiungono i borghi e le zone già colpite dal dissesto geologico in Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo. Si può dire che la metà dei monumenti italiani siano a rischio idrogeologico, tuttavia la ricerca non comprende tutti quei monumenti che sono a rischio crolli a causa di degrado, incuria e abusivismo edilizio. La lista si allungherebbe di molto pensando agli edifici storici abitati, di cui il 40% sono in condizioni precarie. Molti proprietari di edifici di pregio non hanno le capacità progettuali e/o economiche per affrontare un restauro, dunque spesso, purtroppo, si interviene solo quando è troppo tardi.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Nove milioni di morti all’anno: l’inquinamento uccide 15 volte in più delle guerre

La Lancet Commission on Pollution & Health lancia l’allarme: sono più i morti per inquinamento che non quelli causati da Aids, tubercolosi e malaria messi insieme e più delle vittime dei conflitti armati (15 volte in più per la precisione). Nel 2015 un sesto dei morti del pianeta è deceduto per cause legate all’inquinamento; le perdite non sono solo in termini di vite umane ma anche in termini economici, infatti in paesi a reddito medio e basso le malattie legate all’inquinamento pesano sul Pil fino al 2%. Combustibili fossili e combustione della biomassa nei paesi poveri, costituiscono l’85% del particolato e una quota rilevante di altri inquinanti atmosferici. La buona notizia è data dal fatto che dove sono state effettivamente messe in pratica leggi sulla salvaguardia ambientale, si è registrato un declino dei decessi per patologie cardiovascolari e respiratorie.

Nel 2050 il cambiamento climatico e la sempre crescente urbanizzazione potrebbero provocare un aumento del 50% dell’inquinamento. Cosa fare? Bisogna applicare regole stringenti che limitino l’uso di sostanze chimiche dannose, interferenti endocrini e metalli pesanti. Purtroppo in questo campo vi è una strenua opposizione attuata dalle lobby del settore industriale, che difendono i loro profitti.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

In 27 anni perso il 75% degli insetti alati

Secondo i dati pubblicati da uno studio dell’Università olandese di Radboud sulla rivista Plos One, in meno di 30 anni sono spariti il 75% degli insetti alati tra cui farfalle, api e mosche. I dati sono stati raccolti in ben 63 aree protette della Germania e preoccupano molto gli scienziati, in quanto sono una spia ecologica che riguarda non solo l’Europa ma il mondo intero (dobbiamo ricordare che sono responsabili dell’impollinazione dell’80% delle piante selvatiche e sono fonte di cibo per il 60% degli uccelli). I ricercatori hanno piazzato delle trappole entomologiche e comparando e misurando la biomassa raccolta hanno constatato un declino del 76% con picchi dell’82% in piena estate, quando la loro presenza dovrebbe aumentare. Le concause probabilmente sono i pesticidi, il cambiamento climatico e la distruzione delle aree selvatiche. Inoltre è molto probabile che questa situazione rispecchi altre analoghe in Europa ed altre parti del mondo in cui le aree protette sono circondate da terreni intensamente sfruttati; non possiamo neanche lontanamente immaginare cosa accadrebbe se questa tendenza si confermasse nel tempo.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

A cura di M.B.

Stiamo perdendo il Lago Baikal a causa della siccità e dell’inquinamento

Il lago Baikal, nella remota Siberia, era noto per essere uno dei laghi più puri ed incontaminati del mondo; lago profondissimo, custodiva un quinto dell’acqua dolce a livello mondiale e ospitava una straordinaria biodiversità con oltre 3700 specie animali e vegetali attestate nell’intera area. Tuttavia oggi sta soffrendo molto: l’inquinamento è ai massimi livelli mai raggiunti a causa delle industrie operanti nella regione, i pesci sono sempre meno presenti e il turismo sta devastando con il suo carico di sporcizia e inciviltà un patrimonio meraviglioso. Le alghe invasive inoltre stanno ricoprendo i fondali, soffocando e uccidendo le spugne fondamentali per la biofiltrazione (si è ipotizzato che una concausa della morte delle spugne sia la presenza di metano nelle acque). Vladimir Putin stesso si era occupato della questione, facendo ripulire le coste del lago dagli inquinanti, cosa che purtroppo non è bastata in quanto essi sono presenti nello specchio d’acqua stesso, che è lungo 650 km, largo tra i 20 e gli 80 e profondo uno e mezzo. Il lago è protetto dal 1996 dall’Unesco e ad ottobre il governo ha vietato la pesca dell’omul, un salmone pregiato presente solo nel Baikal, che negli ultimi anni ha visto un declino impressionante nel numero di esemplari. Tutto ciò è indubbiamente causato da inquinamento e siccità, che ha causato forte stress negli animali e nell’intero equilibrio del lago. La popolazione locale basa il proprio sostentamento sulla pesca e le cose stanno andando di male in peggio. Le acque reflue sono un problema fuori controllo in Siberia in quanto vengono sversati detersivi con fosfati nelle acque del Baikal, che favoriscono la proliferazione delle alghe killer, sinonimo di sterminio per molte specie lacustri. Bisogna agire in fretta, prima che sia tardi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

Allarme smog misure d’emergenza al nord

Il caldo straordinario registrato in quest’ultimo mese sta portando al blocco del traffico nelle maggiori città del Nord Italia, e anche se le temperature si stanno lentamente abbassando, le piogge non sono previste fino a giovedì sulle Alpi e in ogni caso il livelli di Pm10 sono, nella maggior parte delle città della Pianura Padana, oltre la soglia consentita. Ci sono stati più giorni consecutivi di sforamento delle Pm10 con una concentrazione di più di 50 microgrammi per metro cubo: per questo motivo più di una regione ha già messo in atto o metterà in atto nelle prossime ore, delle misure emergenziali. Nei comuni di Piacenza, Reggio Emilia, Modena e Ferrara non potranno circolare veicoli diesel e il riscaldamento nelle case è stato abbassato fino ad un massimo di 19 gradi centigradi (con due gradi di tolleranza). Inoltre sono state vietate combustioni all’aperto di ogni genere e generatori di calore a biomassa. A Milano il comune ha invitato a tenere le caldaie spente, mentre a Torino non potranno circolare nemmeno i veicoli diesel Euro 5 da venerdì. In Veneto solo due città, Belluno e Verona, non hanno superato i 35 giorni consecutivi di superamento della soglia delle Pm10 e Padova detiene il record negativo: ben 58 giorni consecutivi di sforamento. L’anno scorso nessuna città aveva sforato il limite di 35 giorni.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.