I pitoni giganti in Indonesia

La presenza massiccia di piantagioni di palme da olio delle multinazionali probabilmente è la causa in Indonesia, a Sumatra, del proliferare negli ultimi tempi di pitoni giganti, lunghi fino a otto metri. Più di una persona ha fatto davvero dei brutti incontri con questi rettili nelle piantagioni, che sorgono dove una volta erano presenti delle foreste pluviali, loro habitat naturale. Sfrattati dalla deforestazione insieme alle loro prede, i piccoli roditori, ora si avvicendano tutti insieme nelle piantagioni, dove lavorano molte persone.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

La tempesta Xavier fa vittime in Germania

Le regioni di Brandeburgo, Meclemburgo-Pomerania e Amburgo sono state duramente colpite dall’uragano Xavier, che ha distrutto auto, sradicato alberi e fatto cadere gru e tralicci. Nonostante l’allerta e il consiglio di restare in casa diramato dalle autorità, ci sono state sei vittime a causa di alberi crollati. In otto regioni si sono registrati disagi ai mezzi pubblici, tra cui treni e metro, oltre a disagi negli aeroporti berlinesi a causa delle fortissime raffiche di vento a 140 km/h.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

A cura di M.B.

La nostra vita dipende dall’oceano ma lo stiamo uccidendo

Vladimir Ryabinin, segretario esecutivo della Commissione oceanografica intergovernativa dell’Unesco ha lanciato un forte monito sul fatto che in futuro le acque del pianeta si riscalderanno, s’innalzeranno e conterranno più residui plastici che pesci. Le conseguenze saranno catastrofiche: uragani violenti, aree costiere sommerse e persone costrette ad emigrare, riduzione di ossigeno nell’acqua e nell’atmosfera per l’assenza di fitoplancton e proliferazione di alghe tossiche. L’oceano in poche parole sarà mezzo morto: abbiamo lasciato la nostra culla primordiale, le acque, per poi tornare a distruggerle con inquinamento e azioni scellerate, che pagheremo care. Questo è il momento di agire e mettere sul tavolo tutte le conoscenze e competenze per la salvaguardia dell’ecosistema marino, da cui dipendono direttamente 3 miliardi di persone per la loro sussistenza.

Purtroppo i dati sono sconfortanti: il rapporto plastica:pesci è 1:1, le tonnellate di rifiuti sversati in mare ogni anno sono 8, il 40% degli oceani è danneggiato a causa di attività umane e sono 1,2 milioni per chilometro quadrato i frammenti di microplastiche nel Mediterraneo. Questi dati dovrebbero bastare a far salire questo tema nelle agende dei governi, che hanno consapevolezza del problema ma spesso si arenano quando si tratta di gestirlo in modo efficace e incisivo, mancano politiche comuni e solo l’1% delle risorse economiche vengono spese per la ricerca sugli oceani nel mondo; in realtà sarebbe un investimento lungimirante dato lo stato delle cose. Il mare sta combattendo per la sopravvivenza, ma noi dobbiamo aiutarlo per aiutare noi stessi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Esodo dei batteri a nord col surriscaldamento globale

I fitopatologi lanciano l’allarme per le nostre specie vegetali che in futuro saranno sempre più minacciate da funghi e batteri originari dei Tropici, che ora col riscaldamento globale “migrano” più a nord. Alcune colture, come quelle dello spinacio e del ravanello hanno già subito le conseguenze dell’attacco di questi organismi, che tendono a macchiare e far seccare le foglie della verdura.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Nei villaggi della Cina si riscopre il cibo sano

Il settimo Congresso Internazionale di Slow Food si tiene in questi giorni in Cina, a Chengdu, nella provincia del Sichuan, che nonostante la dirompente crescita economica non ha mai messo da parte i solidi saperi e le tradizioni culinarie. Il Sichuan non è stata una scelta casuale per gli organizzatori del Congresso: il clima eccellente, la varietà di prodotti e la ricca biodiversità sono il fiore all’occhiello di questa regione cinese. La Cina ora più che mai si interroga sulla grande sfida del futuro sul cibo: come potrà sfamare un quinto della popolazione mondiale con solo 7% di terre coltivabili? La risposta sta nel ritornare alle conoscenze delle comunità rurali e alla tradizione culinaria millenaria che i piccoli villaggi di contadini tramandano di padre in figlio. Finora Pechino ha preferito investire in allevamenti intensivi, uso di pesticidi e fertilizzanti, nocivi per la biodiversità e per l’uomo. La ricostruzione ecologica e sociale delle aree rurali è la strada alternativa indicata dai contadini appoggiati dagli attivisti di Slow Food, ma il governo cinese dovrà agire in modo incisivo: purtroppo ad oggi le falde acquifere cinesi sono in gran parte inquinate da metalli pesanti, la gente subisce espropri delle terre a causa della speculazione edilizia per la costruzione di edifici industriali e complessi abitativi e, non ultimo, il cambiamento climatico ha portato siccità e carestia. Così le zone rurali si sono letteralmente svuotate a favore delle megalopoli, che insieme contengono metà della popolazione cinese. Il progetto di Slow Food, il movimento di Carlo Petrini, è quello di rilanciare i villaggi rurali cinesi attraverso il cibo sano, pulito e le coltivazioni sostenibili: un bel progetto che tuttavia rischia di non attirare i giovani cinesi, per i quali la campagna è ancora sinonimo di privazioni e miseria.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.