Himalaya: addio ghiacciai

econdo uno studio presentato sulla rivista Nature, il 65 % dell’acqua trattenuta nei ghiacciai himalayani potrebbe sparire entro il 2100 a causa dell’aumento delle temperature; anche se si dovessero mettere in atto immediatamente gli accordi di Parigi, un decimo dei ghiacciai è destinato a dileguarsi. Lo studio dell’Università di Utrecht ha analizzato con simulazioni al computer basate su dati satellitari e climatici un campione di 30.000 ghiacciai al fine di prevederne lo scioglimento nel corso del ventunesimo secolo (simulando prima una situazione in cui la temperatura resta contenuta entro i due gradi e poi uno scenario in cui la temperatura continua ad aumentare ai ritmi attuali). Nello scenario migliore (quello degli obiettivi di Parigi), un ghiacciaio su tre sarà perduto, mentre nello scenario peggiore, con sei gradi in più, si arriverebbe al 65 % di ghiacciai disciolti.

Tutto questo significherebbe il disastro per le popolazioni dei bacini del Gange e del Brahmaputra, che dipendono dall’acqua di scioglimento dei ghiacciai per le irrigazioni delle colture, per l’acqua potabile e le sorgenti idroelettriche. Le regioni aride sud-occidentali sarebbero quelle più colpite (per intenderci la zona della valle dell’Indo). Gli scienziati dunque rinnovano il loro appello a muoversi velocemente verso misure che almeno limitino i danni che comunque, in “minima” parte saranno inevitabili. Lo scioglimento dei ghiacciai non è solo una questione paesaggistica, è una questione di sussistenza.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Piantagioni illegali di cacao

L’organizzazione ambientalista “Mighty Earth” ha denunciato nel documento “Chocolate’s Dark Secret” la massiccia deforestazione di Ghana e Costa d’Avorio per far posto alle piantagioni di cacao per la produzione di cioccolato. Secondo il rapporto, una gran parte del cioccolato prodotto dalle grandi industrie di dolciumi come Mars e Nestlé, proviene da coltivazioni illegali di cacao, in luoghi che teoricamente dovrebbero essere protetti e preservati, come i parchi nazionali. Pare che in Costa d’Avorio sia rimasto solo 4 % di aree coperte da fitte foreste in tutto il territorio, e che in Ghana stia accadendo lo stesso scempio nell’indifferenza e/o connivenza delle autorità locali.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Russia superpotenza agricola del futuro

L’economia russa si basa tradizionalmente sul petrolio e sul gas ed è esportatrice di armi, ma per il resto sono pochi i prodotti finiti che esporta; la situazione tuttavia potrebbe cambiare in un prossimo futuro. Col prezzo del greggio in calo negli ultimi anni assieme alla moneta nazionale, il rublo, la Russia volge il suo sguardo a una nuova ricchezza, favorita dall’andamento delle temperature: i cereali. Sorpassati gli USA e l’Europa con un’esportazione quest’anno di 27,8 milioni di tonnellate di frumento, è stato un vero e proprio boom della Russia, dato dal riscaldamento globale che spinge il limite delle terre coltivabili sempre più a nord. E’ stato calcolato che 140 milioni di acri di terra rimasti incolti in Russia (e in misura minore in Ucraina e Kazakistan) dopo la caduta dell’URSS potrebbero essere nuovamente messi a coltura. La popolazione mondiale sta aumentando, e i paesi in via di sviluppo hanno bisogno costante di rifornimenti a causa delle carestie (si pensi a paesi come la Nigeria, il Bangladesh) e della siccità, che mette in ginocchio le colture. I prezzi del frumento russo sono diventati estremamente competitivi a causa della svalutazione del rublo, tanto da mettere in seria difficoltà statunitensi ed europei, che per giustificare un prezzo più alto devono puntare sempre di più su grano particolare e di qualità. I rivali della Russia (USA e Australia oltre all’Europa) inoltre stanno facendo i conti loro stessi con la siccità dei campi. Forse il ministro russo dell’Agricoltura Tkaciov non è andato lontano dalla realtà quando ha detto che un giorno il frumento sostituirà gli idrocarburi nell’economia del paese, e perciò il Cremlino sta anche puntando molto su ricerca scientifica e nuove tecnologie in campo agricolo.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

La “lobby green” e la politica tradizionale

La lobby green italiana, da tempo emarginata, ha dato un aut-aut alla politica e ai partiti tradizionali: se non si attueranno misure di riconversione verde nell’economia del paese, non otterranno il loro voto. La lobby green è costituita da piccole e medie imprese del Nord e del Sud che hanno fatto dello sviluppo sostenibile la propria missione e hanno introdotto criteri ecologici nelle strategie di gestione. Queste imprese vogliono dimostrare che oggi più che mai, col cambiamento climatico in pieno corso, investire nella difesa dell’ambiente è un’occasione di sviluppo economico e non solo un costo. Il 7 e l’8 novembre a Rimini il Consiglio nazionale delle imprese verdi metterà alla prova i candidati premier, in maniera trasversale e oltre gli schieramenti tradizionali, per capire chi è in grado di apprezzare e fare proprie le idee concrete di sviluppo sostenibile come le auto elettriche, le rinnovabili, la qualità dell’aria e l’utilizzo del suolo. Sarà premiato chi è veramente in grado di recepire il bisogno di un cambio di mentalità nella classe dirigente, l’unica rimasta stagnante quanto a idee sull’ambiente, mentre i cittadini e le imprese hanno ormai un grado abbastanza elevato di aspettative e maturità sul tema.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Estate troppo calda, ora mesi di clima estremo

Massimiliano Pasqui, meteorologo del Cnr, sottolinea come l’estate 2017 sia stata calda quasi quanto quella del 2003 e, aggiungendo una siccità che durava dall’inverno 2016, si riscontreranno eventi meteorologici particolarmente intensi nei prossimi mesi. L’aria fredda proveniente dall’Atlantico caratterizza il periodo autunnale, tuttavia in tempi di cambiamento climatico, sulla Penisola si scontra con il calore dei nostri mari eccessivamente riscaldati: questo porta a precipitazioni di carattere improvviso e violento, come la bomba d’acqua caduta su Livorno con 200 millimetri di pioggia, che normalmente cadrebbero in più di un mese. Dovremo aspettarci perturbazioni amplificate in forza e violenza a causa dello scontro tra l’aria fredda e la calura dei mari; il lunghissimo periodo senza piogge sta presentando il conto. La variabilità diventerà una costante, rendendo i nostri territori estremamente vulnerabili a maltempo improvviso.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

A cura di M.B.