Inchiesta per disastro colposo a Livorno

Il nubifragio che ha devastato Livorno ha reclamato sette vite umane: quelle di una coppia col loro bimbo e l’anziano nonno, oltre ad un altro anziano, una trentenne e un automobilista, morto in un incidente durante il diluvio. Il rio Ardenza ha portato via i corpi dell’anziano e della ragazza trentenne, li ha trascinati via e non sono ancora stati ritrovati. Il Rio Maggiore in piena ha invece ha allagato la casa della famiglia di via Rodocanacchi, senza lasciare alcun superstite. Nel frattempo l’allerta meteo non si ferma, seppur declassata ad allerta gialla; sono stati effettuati ben 521 interventi di soccorso nelle ultime 24 ore in tutta la regione e sono arrivati aiuti da ogni dove. Nel frattempo è stato dichiarato lo stato di emergenza in tutta la regione e saranno sbloccati 3 milioni per gli interventi immediati.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

La Pianura Padana come il Pakistan con 5 gradi in più

La produzione agricola, ormai da un secolo, è legata a una meccanicizzazione basata sul petrolio, tanto che la filiera agroalimentare è responsabile di un quinto delle emissioni di gas serra. Il nostro modo di mangiare è legato al cambiamento climatico ma non più come una volta (almeno nei paesi industrializzati) quando un mancato raccolto a causa di intemperie portava una carestia. Oggi pretendiamo, talvolta per puro capriccio, di mangiare frutta e verdura fuori stagione, con grande impiego di trasporti e conseguente inquinamento. La stessa carne rossa con la sua produzione di anidride carbonica e metano è altamente inquinante. Dovremmo tutti orientarci in un futuro prossimo a consumarne molto meno e a privilegiare la frutta e la verdura di stagione e a km zero se possibile, per riscoprire la varietà delle produzioni locali tagliando allo stesso tempo i costi dei trasporti. La produzione di frutta esotica che finisce sul banco dei supermercati spesso è frutto di enormi sprechi di ogni genere, partendo dall’imballaggio, quando basterebbe da parte nostra cercare di distinguere mode effimere e giochi commerciali internazionali da un reale beneficio nel nostro stile di vita. Non è necessario eliminare dalla nostra dieta cacao e banane (per dire) che non crescono in Italia perlopiù, ma magari cercare di non pretendere di avere le fragole al cenone di Natale. Si deve prestare più attenzione alle modalità di produzione del cibo che mangiamo: si devono scoraggiare le monocolture industriali a elevato utilizzo di fitofarmaci e privilegiare la carne e le uova di animali allevati in condizioni di benessere e buona igiene. Tutto questo fa parte di ciò che possiamo fare nel nostro piccolo; tutto il resto dipende da un adattamento dell’agricoltura al cambiamento climatico in atto. Purtroppo si prevede che di estati come quella del 2017, con carenze idriche e siccità, ce ne saranno in futuro molte, per quanto si possa correre ai ripari con nuove tecniche agricole di irrigazione e coltura. Inoltre aumenteranno i fenomeni di devastazione improvvisa come trombe d’aria e grandinate, in grado di mandare in fumo in pochi minuti un raccolto; se l’economia predatoria che si è vista negli ultimi decenni non accennerà a cambiare direzione, ci potrebbe essere un aumento di ben 5 gradi a fine secolo. In tal caso le temperature della Pianura Padana diventerebbero molto simili a quelle dell’odierno Pakistan.

DA “LA STAMPA”

A cura di M.B.

Diario da Miami che attende Irma

La gente a Miami, terrorizzata dalle notizie della devastazione che Irma ha portato nei Caraibi, si è fiondata nei supermercati e centri commerciali facendo incetta di tutti i generi alimentari e di promo soccorso, lasciando gli scaffali vuoti. Ma il problema è anche trovare rifugio: molti hotel sono al completo per giorni e altri hanno addirittura chiuso temporaneamente. La città è diventata silenziosa, spettrale, mentre gli automobilisti si affollano nelle autostrade per fuggire più lontano possibile, lasciando a secco le pompe di benzina. Elettricità ed acqua potabile sono i maggiori problemi per chi si trova nel mezzo di una zona colpita da uragani.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Le emissioni dei leader dei combustibili fossili

La rivista scientifica Climate Change fondata nel 1969 da scienziati del MIT ha compiuto una ricerca tracciando le emissioni dei produttori più importanti di combustibili fossili come Shell, Bp, Chevron e Total (solo per fare alcuni nomi) e il risultato è il seguente: le emissioni di novanta aziende leader nel settore dei combustibili fossili sono responsabili per il 50% dell’incremento della temperatura globale, del 57% dell’anidride carbonica nell’atmosfera e del 30% dell’innalzamento dei livelli del mare dal 1880 ad oggi. Nella lista figurano anche le italiane Eni ed Italcementi, con responsabilità calcolate rispettivamente allo 0,3% e allo 0,02%. I maggiori responsabili, quasi superfluo a dirsi, sono le aziende petrolifere americane, cinesi, russe e del Golfo Persico.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

La plastica nell’acqua che beviamo

Secondo una ricerca condotta da Orb Media, ente no profit di Washington, in tutto il mondo sgorgherebbe dai rubinetti acqua inquinata da fibre di plastica microscopiche: su 159 campioni di acqua potabile di città grandi e piccole sparpagliate in tutti i continenti, l’83 % di essi (compresa l’acqua che esce dal rubinetto del Congresso degli Stati Uniti e l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente americana) presentano fibre di plastica. Ciò che ne consegue è che tutto ciò che viene preparato con quella stessa acqua, ovvero pane, pasta, ecc., è inquinato dalla plastica. Sapevamo che negli oceani, nelle acque dolci e nell’aria sono presenti queste fibre di plastica, che attraverso la catena alimentare vengono da noi assimilate (pensiamo alle zuppe di plastica di cui si cibano i pesci), ma la notizia è che anche nell’acqua potabile dei nostri rubinetti sono presenti. Gli scienziati ancora non si spiegano esattamente come possano finire nell’acqua corrente queste sostanze contaminanti, ma l’ipotesi è che vi giungano attraverso fibre di tessuti sintetici di vestiti o di tappezzeria e che esse possano veicolare agenti chimici tossici pericolosi per la salute umana. Se le microplastiche hanno un effetto così negativo sulla fauna selvatica, come possiamo aspettarci che non ce l’abbia su di noi? La contaminazione inoltre non si fa fermare da barriere geografiche o reddito: chi pranza alla Trump Tower e chi beve da un rubinetto in Ecuador assume la stessa quantità di fibre plastiche. Persino chi usa i filtri per l’osmosi inversa non è immune dal problema.

In America la plastica non è neanche prevista dall’ Epa come sostanza inquinante nelle acque, mentre la legislazione europea parla genericamente di “sostanze contaminanti” senza specificarne la natura. Lo studio compiuto è per questo motivo decisamente rivoluzionario, in quanto per la prima volta si identifica la plastica come inquinante nelle nostre acque potabili: a New Delhi l’82 % delle acque è contaminato da plastica, in Uganda poco meno, mentre in varie città europee si viaggia attorno al 70 %. Indubbiamente questo studio pionieristico farà da apripista ad altre indagini e confronti più specifici tra regioni e per capire precisamente quale può essere l’impatto sulla salute umana, in quanto la plastica presente nelle condutture dell’acqua, nelle acque reflue o che viene trasportata nell’aria per poi ricadere negli specchi d’acqua potrebbe contenere perturbatori endocrini. Il problema non se l’era mai posto nessuno a quanto pare e persino le autorità competenti negli USA si limitano a ripetere che le acque potabili sono a norma, forse per non creare isterie collettive. Purtroppo il problema resta però,con tutte le sue incognite, e in attesa di ricerche più precise e soluzioni innovative dobbiamo cercare, nel nostro piccolo, di fare attenzione alle azioni quotidiane che compiamo, per non aggravare il problema: cercare di non fare grande utilizzo di sacchetti, bottigliette e cannucce in plastica e mettere dei filtri alle lavatrici in modo da ridurre la presenza di fibre di plastica degli indumenti sintetici nelle acque.

A cura di M.B.

DA “FOCUS.IT”